«La musica deve essere una cosa da condividere insieme, e poi
ognuno racconterà la sua storia». Introduce così il suo nuovo lavoro Franco
D’Andrea, intervistato da Stefano Zenni al Parco della Musica di Roma durante
una “Lezione di Jazz” dedicata al pianista di Merano. Si tratta di un album che
vede protagonisti i musicisti che hanno lavorato con D’Andrea negli ultimi anni
- Andrea Ayassot ai sassofoni, Daniele D’Agaro al clarinetto, Mauro Ottolini al
trombone, Aldo Mella al contrabbasso e Zeno De Rossi alla batteria - comprese
alcune recenti conoscenze artistiche, come il DJ Luca Roccatagliati e il
chitarrista Enrico Terragnoli. “Intervals I”, primo dei due volumi previsti
riguardo questa produzione, è stato registrato dal vivo il 2 marzo 2017 ed è un
lavoro basato sugli intervalli (distanza tra due note, NdR), su quegli spazi di
manovra che D’Andrea propone al gruppo andando di volta in volta a sviluppare
idee diverse, tra passaggi scritti e finestre d’improvvisazione. Nella musica
dell’ottetto non ci sono sviluppi predefiniti, si tratta di un repertorio
coordinato da D’Andrea, che dà degli input, melodici o ritmici, e poi lascia
spazio agli altri interpreti di far “succedere” delle situazioni. Questo
produce una continua sensazione di sorpresa, che accompagna l’ascolto per le
otto composizioni proposte. L’estetica d’insieme abbraccia il vasto background
del leader, dalla tradizione jazzistica, passando per l’Africa, le movenze
monkiane, alla contemporaneità, senza tradire mai un concetto di aggregazione
sonora che ruota attorno a un tema, solitamente semplice, ma che poi si dirama
in mille direzioni. Terragnoli e Roccatagliati hanno assimilato in
fretta le idee della “famiglia musicale” di D’Andrea, e sono l’anello di
congiunzione tra l’aspetto acustico e l’anima elettrica ed elettronica che
contraddistingue l’ensemble. L’artwork del CD è curato da Carlos Tomas Lora
Acosta.
オブリーク・ストラテジーズ / косые стратегии / oblique strategies / schuine strategieën / استراتيجيات منحرف / skrå strategier / 斜策略 / las estrategias oblicuas / তির্যক কৌশল / schräg strategien / אַבליק סטראַטעגיעס / stratégies obliques / kēlā papa kōnane o / kosi strategije
martedì 30 gennaio 2018
lunedì 29 gennaio 2018
Django Bates Belovèd: “The Study Of Touch” [ECM, 2017]
“The Study Of Touch” è il terzo album del trio Belovèd
capitanato da Django Bates al pianoforte, anche in questa occasione affiancato
dai musicisti conosciuti durante il corso d’insegnamento alla Copenhagen
Rhythmic Music Academy nel 2005: il bassista Petter Eldh e il batterista Peter
Bruun. Il lavoro, registrato ai Rainbow Studio di Oslo con la supervisione di
Manfred Eicher, si sviluppa attraverso undici tracce, perlopiù originali
firmati dal leader, dalle quali emerge un suono di piano trio dalle diverse
sfaccettature: sinistro e timbricamente scolpito in Slippage Street; elegiaco
in passaggi misurati come Little
Petherick; frammentario e angoloso in We
Are Not Lost, We Are Simply Finding Our Way; avventuroso
nello “swing alternativo” dell’omaggio a Charlie Parker di Passport. Il trio è una realtà ben coesa, ed è lo stesso Bates,
attraverso una nota stampa, a spiegare la loro filosofia di suono: «Scrivo
musica nei dettagli, e ho in mente il suo che vorrei ottenere, I ragazzi
aggiungono a questo altri livelli di suono, portando la loro personalità nella
mia musica, che poi decolla davvero…».
venerdì 19 gennaio 2018
Stefano Travaglini: “Ellipse” [Notami Jazz, 2017]
Risultato di un’ora di improvvisazione “Ellipse” è
l’album in pianoforte solo di Stefano Travaglini, per l’occasione ripreso al
Rainbow Studio di Oslo dall’ingegnere Jan Erik Kongshaug. Si tratta di un
flusso sonoro, al quale non sono stati apportati lavori di editing, dalle diverse
sfaccettature, dove si incontrano temi e citazioni, tangenti e linee melodiche
che sono ora esili, poi austere, rigide, ma anche flessuose, morbide e cariche
di luce espressiva. Nel pianismo di Travaglini ci sono tracce di avanguardia,
c’è sia la tradizione colta europea sia il jazz “angolare” di Monk, e la
sensazione, nell’ascolto d’insieme, è quella di un viaggio nel quale ogni
fermata viene piacevolmente smentita dalla successiva.
Sergio Armaroli Quintet with Billy Lester: “To Play Standard(s) Amnesia” [Dodicilune, 2017]
In
questa nuova incisione per Dodicilune, il vibrafonista Sergio Armaroli
organizza un quintetto con il pianista Billy Lester e completato da Marcello
Testa al contrabbasso, Claudio Guido al sassofono e Nicola Stranieri alla
batteria. Come il titolo lascia intendere in scaletta troviamo una risma di
standard, da Body And Soul a Just Friend o Autumn Leaves, interpretati con piglio personale anche se mai
contraddittorio rispetto alle linee tematiche originali. Armaroli, artista
spesso alle prese con situazioni dal carattere sperimentale e avanguardistico,
ci racconta i motivi di questa immersione nella trazione del jazz mainstream: «Si
tratta quasi di un “esercizio spirituale”, se vogliamo, una necessità di
rigore, di dialogo, all’interno di una forma e di una tradizione che intendo,
personalmente, come deviazione rispetto al mio background più sperimentale. Una
dialettica, in fondo, in quello che chiamo e pratico come approccio
post-ideologico: cioè una libertà consapevole e critica che non guarda alle
convenienze, e rispetto alle mode preferisce la coerenza interiore. Se il jazz
è dialogo, lo è anche e soprattutto in rapporto al passato nel rispetto
dell’identità e della storia dei musicisti con cui collaboro. Questo è
importantissimo: si parla la lingua di chi si ha di fronte, con umiltà e con
interesse». Ne scaturisce un lavoro dal profondo scavo espressivo, dove si
avverte, netto, il feeling tra la band e un repertorio di intramontabile
fascino. A risaltare, spesso, è il pianismo di Lester: opaco nei passaggi di
maggiore introspezione; chiaro e guizzante quando è il caso di scolpire
melodie; intimo e misurato in certi dialoghi con il vibrafono di Armaroli.
martedì 16 gennaio 2018
Fratello Joseph Bassi with Domenico Sanna e Max Ionata: “Ciao… Amore” [Albore. 2017]
Registrate presso il Groovefarm Studio di Roma nell’ottobre
2015, le nove tracce di “Ciao… amore” sono, nelle parole di Giuseppe Bassi, «[…]
un richiamo allo spirito dell’amore, in un momento in cui sembra essere
abbandonato». Un sentimento che il bassista esprime in musica, insieme a Max
Ionata al tenore e Domenico Sanna al pianoforte, attraverso un’estetica
costruita con estremo equilibrio formale e con un modo di sottrazione che
rasenta l’essenzialità. I suoni del trio non si aggrovigliano, ma muovono in spazi
sempre nuovi dove scavano profondi solchi espressivi. Tempi moderati e temi
cantabili per un insieme che rimanda l’idea di un mosaico, fatto di tessere
millimetriche, tanto spontaneo quanto pensato nel dettaglio. Le
foto di copertina è di Giuseppe Bassi.
venerdì 12 gennaio 2018
Antonio Ragosta: “Dall’infinito al mondo” [Glider Media Group Ltd, 2017]
“Dall’infinito
al mondo” dà seguito alla discografia nelle vesti di leader di Antonio Ragosta,
dopo l’apprezzato “Il mare e l’incanto a Roma est” del 2013. Il chitarrista e
polistrumentista napoletano, di stanza nella capitale, ha nel frattempo
arricchito il proprio bagaglio artistico, che riversa nelle tracce di questo
nuovo lavoro, nel quale si incontrano diverse correnti stilistiche. Oltre al
jazz, qui inteso come feeling strumentale ed espressivo, si avverto echi
mediterranei, blues e riferimenti al rock. In scaletta, oltre agli originali,
troviamo anche Anime salve, di
Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati, e Femme
Fatale, di Lou Reed, brani che esaltano le doti melodiche di Ragosta,
capace sia di passaggi fatti di brevi accenni sia di situazioni timbricamente
più ruvide. La voce di Teresa Matrone, ospite in alcuni brani, amplia
l’orizzonte estetico di un album pensato e curato nel dettaglio.
sabato 6 gennaio 2018
Jano: “The Place Between Things” [Via Veneto Jazz, 2017]
“The Place Between Things” è per gli Jano, che in questo nuovo
album si presentano in formazione rinnovata a settetto, uno snodo cruciale del
proprio percorso artistico, sia per l’ampliamento dell’ensemble sia per la
proposta musicale che si è fatta maggiormente incentrata sugli aspetti melodici
e sulla cantabilità dei temi. È la voce di Alessia Martegani, e dell’ospite
Linda Valori nel brano Hurry Up, With
Pain, Henry, a catalizzare l’ascolto grazie al suo approccio mutevole,
capace di spaziare dal mainstream a situazioni dal piglio contemporaneo. In
scaletta troviamo originali scritti dal pianista Emiliano D’Auria, il quale
organizza strutture timbriche flessibili, con fiati, batteria, basso elettrico
ed effetti, che si materializzano in un territorio di mezzo tra atmosfere
acustiche e sonorità elettriche ed elettroniche.
venerdì 5 gennaio 2018
Dino Rubino: “Where Is The Happiness?” [Tǔk Music, 2017]
Con
“Where Is The Happiness?” Dino Rubino rinnova la collaborazione con la Tǔk
Music di Paolo Fresu, per la quale ha già pubblicato tre album. In questo nuovo
capitolo Rubino (pianoforte e flicorno) si avvale della presenza di Emanuele
Cisi (tenore) e dei già artisticamente frequentati Angelo Bonaccorso (corno),
Gaetano Cristofaro (clarinetto basso), Giuseppe Mirabella (chitarra), Paolino
Dalla Porta (contrabbasso) e Adam Nussbaum (batteria). Quello che si ascolta è
un lavoro concettuale, basato sulla ricerca della felicità che ognuno può rintracciare
in maniera personale, tradotto da una musica che ha nel suo nucleo estetico la
cantabilità delle melodie, che risultano spesso solari, liriche, anche se non
mancano alcuni passi introspettivi, come accade in Etna. All’interno
del booklet troviamo undici poesie scritte da Rubino, ognuna abbinata a un
brano, mentre l’artwork è curato dell’illustratrice polacca Joanna Gniady.
mercoledì 3 gennaio 2018
Tommaso – Marcotulli – Paternesi Trio: “Around Gershwin” [Parco della Musica Records, 2017]
Il repertorio di questo lavoro non è del tutto incentrato sulle
composizioni di George Gershwin, come il titolo potrebbe lasciare intendere, ma
si basa principalmente su pagine originali scritte da Giovanni Tommaso
(contrabbasso), per l’occasione in compagnia di Rita Marcoltulli (pianoforte) e
Alessandro Paternesi (batteria). A colpire è l’equilibrio di arrangiamento che
Tommaso ottiene tra i suoi spartiti e quelli del compositore americano, alcuni
dei quali molto celebri come l’iniziale But
Not For Me, per un insieme che respira in maniera univoca, producendo una
contemporaneità espressiva peculiare e di estremo valore artistico. Momenti
intimi e introspettivi, come in Wintertime,
danno soluzione a situazioni dal maggiore piglio ritmico, nelle quali Paternesi
si rivela sia come funzionale ingranaggio sia come elemento espressivo pronto nel
cogliere i cambiamenti di direzione suggeriti da Tommaso e Marcotulli.
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