Il fotografo marchigiano Andrea Rotili ci parla della sua passione per la fotografia jazz, da come è nata fino al recente conseguimento del prestigioso premio Jazz World Photo 2015
Come è nata la passione per la fotografia e perché proprio per la fotografia in ambito jazzistico?
La passione per la fotografia è nata trent’anni fa dall’interesse per le varie forme d’arte e per amore della natura. Ho sentito il bisogno di fermare dei momenti, di descriverli con un’immagine. All’inizio ho affiancato sempre dei professionisti per migliorare la tecnica e fare esperienza sul campo. Parallelamente ho iniziato ad ascoltare musica jazz, preferendo il jazz fusion, e quattro anni fa è scoccata una scintilla che mi ha dato la spinta per unire le due cose diventando un fotografo specializzato di musica jazz.
La vittoria del Jazz World Photo 2015 cosa rappresenta nel tuo percorso professionale?
Questo premio rappresenta uno dei maggiori riconoscimenti in ambito fotografico jazz. È la consapevolezza che l’apice è stato raggiunto, dopo anni di sacrifici, ed è sì un importante punto di arrivo, ma è soprattutto un punto di partenza per nuovi stimoli e obiettivi da raggiungere.
La foto con la quale hai vinto il premio ha una storia particolare?
La foto è stata scattata durante il soundcheck del gruppo Doctor 3 in occasione del festival Umbria Jazz del 2014, al Teatro Morlacchi di Perugia. Il teatro era vuoto, le luci soffuse, il contrabbassista Enzo Pietropaoli stava provando, c’era un atmosfera surreale, descritta in maniera eccellente dalle sue stesse parole: «Nell’immagine c’è una grande solitudine che mi circonda e mi avvolge con calore rassicurante, vedo un uomo nel centro dell’arena, armato solo delle proprie emozioni, forte e fragile allo stesso tempo, e c’è un grande senso di concentrazione, una grande applicazione in quello che sta cercando di fare». Ho percepito le sue emozioni, le ho sentite mie ed è nata questa foto.
Quali sono i segni distintivi di una tua foto rispetto a quelle dei tuoi colleghi?
Ogni collega, professionista o meno, ha un suo modo di scattare, e questo è il bello della fotografia. Riuscire a far riconoscere le tue foto fra tante, significa avere un marchio di fabbrica che ti contraddistingue. Per le mie foto, preferisco citare un’affermazione di un visitatore della mia mostra fotografica “JAZZ in Black & Color”, secondo il quale le mie foto “suonano”.
Quale attrezzatura utilizzi e per quali motivi ti sei orientato su queste scelte?
Da sempre utilizzato Canon, perché per un periodo ho fatto anche fotografia sportiva e per quel genere la ritengo superiore per il parco ottiche. Ora ho affiancato una Leica per dei progetti che sto sviluppando.
Quali sono i tuoi prossimi impegni?
A breve realizzerò un servizio sulla giornata del Jazz italiano per L’Aquila, alcuni festival jazz in Italia e servizi per alcuni musicisti. Inoltre, sto lavorando a un nuovo progetto ancora in fase embrionale, ma a riguardo vorrei incuriosire un po’ i lettori…
Hai un sogno da realizzare?
Il sogno è di pubblicare un libro fotografico, forse ispirato da grandi fotografi quali William Claxton e Herman Leonard. Mi piacerebbe creare qualcosa che rimanga nel tempo.