Ripresi dal vivo al Teatro San Leonardo di Bologna, l’11 ottobre 2016, Massimo De Mattia (flauto), Giorgio Pacorig (pianoforte), Giovanni Maier (contrabbasso) e Stefano Giust (batteria) danno forma a una sorta di lunga suite, divisa in cinque brani, dentro la quale mettono a reagire la loro voglia di sperimentazione e di capacità dallo spirito avanguardistico. Il quartetto avanza cambiando spesso algoritmo compositivo: da lente addizioni di suoni, che poi diventano melodie lineari, a improvvise destrutturazioni operate per sottrazione, improvvisa e repentina. Costruzione e distruzione, accelerazioni e inattesi stop, per un insieme sonoro vivo, multiforme e spettacolarmente estremo.
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venerdì 27 luglio 2018
giovedì 26 luglio 2018
Thollem McDonas - Gino Robair: “Trio Music Minus One (For Pauline Oliveros)” [Setola di Maiale, 2018]
“Trio Music Minus One (For Pauline Oliveros)” è il secondo capitolo discografico del duo composto da Gino Robair (batteria e percussioni varie) e Thollem McDonas (pianoforte, tastiere, effetti), dopo “Trio Music Minus One (For Dennis Palmer)”, edito nel 2014 da Setola di Maiale. In programma troviamo tre lunghi brani, nei quali i musicisti danno forma a un profondo scavo di improvvisazione, costruita attorno a scambi infiniti di idee e sensazioni, e a una continua interazione timbrica. Il duo produce visioni d’avanguardia facendo leva sulla forza della creatività e quelle che ne derivano sono forme distaccate da centri gravitazionali ritmici e melodici, e capaci di prendere tangenti spazio-temporali lontane da consuetudini e prevedibilità espressiva.
mercoledì 25 luglio 2018
Thollem McDonas – Michael Bisio: “Lone Pine Road Vol.1” [Setola di Maiale, 2018]
Dall’incontro tra Thollem McDonas (pianoforte) e Michael Bisio (contrabbasso) nascono quarantacinque minuti di musica senza confini definibili, che si interseca in uno spazio stilistico che tocca forme libere, passaggi cameristici, ripetizioni schematiche e schegge di suono fuori controllo. Quella che ascoltiamo è una fonte pressoché inesauribile di creatività, di scambi continui tra figura primaria e scenario, tra linee di suono evidenti e disorientamenti melodici e ritmici. Il duo mantiene salda l’estetica di imprevedibilità che segna un lavoro a tratti aspro, che sa di sperimentalismo e avanguardia, ma anche di vertiginosa poesia. Il titolo dell’album prende il nome dallo studio di Kingston (NY) dove, nel luglio 2017, è stato registrato.
martedì 10 luglio 2018
Wire Trio: Live at Casa del Jazz, Roma 8 luglio 2018 (Roma Jazz Festival)
Si chiude con un’ipnotica versione di Hey Joe il concerto del Wire Trio capitanato da Enzo Pietropaoli al basso elettrico, Enrico Zanisi al pianoforte e tastiere e Alessandro Paternesi alla batteria e live electronics. Si è trattato di una performance carica di “elettricità”, con densi groove e timbriche dal forte impatto emotivo, attraverso la quale il trio di Pietropaoli ha voluto rendere omaggio al Festival di Woodstock, non solo per quello che ha rappresentato musicalmente, ma soprattutto dal punto di vista sociale e culturale. I giovani del tempo recepirono quel festival come un profondo cambiamento, “una botta” come la definisce Pietropaoli al microfono di Ernesto Assente che ha introdotto la serata rivisitando con l'ausilio dei video gli aspetti salienti del leggendario film diretto da Michael Wadleigh.
sabato 7 luglio 2018
Double Cut: “Mappe” [Parco della Musica Records, 2018]
Tino Tracanna e Massimiliano Milesi ai sassofoni, tenore e soprano, Giulio Corini al contrabbasso e Filippo Sala alla batteria compongono il quartetto Double Cut. La loro duratura collaborazione li ha portati a incidere per la Parco della Musica il secondo episodio discografico dal titolo “Mappe”, un titolo che è preludio al viaggio che i quattro musicisti intraprendono nei diversi territori espressivi e formali. In scaletta troviamo otto brani originali e la rivisitazione di The Train And The River di Jimmy Giuffre, che tracciano un percorso zigzagante: si ascoltano temi cantabili costruiti attorno alla sinergia dei due fiati; momenti sospesi nel tempo, con una sorta di “galleggiamento” ritmico che lascia pochi indizi riguardo a eventuali sviluppi; passaggi che richiamano diverse derivazioni stilistiche, dallo swing alle danze afro, da morbide ballad ad accelerazioni dal carattere bop. L’album è dedicato alla memoria di Garrison Fewell.
Per l’occasione abbiamo raggiunto Tino Tracanna che ci ha parlato di questo nuovo lavoro.
Come è nato e sviluppato il progetto dell’attuale quartetto?
Il quartetto nasce dalla mia collaborazione con Milesi, mio ex studente conosciuto presso il dipartimento di jazz del Conservatorio di Milano dove insegno. Abbiamo suonato in duo per più di un anno e poi abbiamo deciso di coinvolgere una ritmica formata da Giulio Corini al contrabbasso e Filippo Sala alla batteria. Parte del materiale del duo è stato sviluppato nel quartetto e poi una volta delineatasi la peculiarità del gruppo abbiamo lavorato maggiormente sulle composizioni. Dato l’organico insolito con una front line di due sassofoni abbiamo lavorato parecchio sulle possibili varianti di interplay all’interno del gruppo e sull’arricchimento timbrico tramite strumenti come melodiche, flauti, oggetti sonori vari.
Qual è stato l’obiettivo estetico, formale ed espressivo che avete inseguito?
L’obiettivo formale puoi anche averlo in testa, ma poi prende la sua reale forma nella pratica musicale, nelle prove, nei concerti, nel confronto con tutti i componenti, questo è il bello del jazz che non rappresenta mai l’idea di un unico musicista. Attraverso prove e confronti successivi abbiamo trovato il sound che ci piaceva e, col secondo CD “Mappe”, abbiamo sviluppato maggiormente anche l’aspetto compositivo cui tenevamo particolarmente, trovando l’attuale equilibrio che personalmente mi convince molto.
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