sabato 24 dicembre 2016

Bria Skonberg: Il nuovo album “Bria”

Tra le figure emergenti del panorama jazzistico internazionale di questi ultimi anni troviamo la canadese Bria Skonberg, cantante, compositrice e trombettista che ha da poco inciso il suo nuovo album “Bria” (Sony Music Masterworks, 2016), il primo per una major label

Classe 1983, cofondatrice del New York Hot Jazz Festival, cantante, trombettista e compositrice, Bria Skonberg è una delle figure emergenti del jazz internazionale, sia per la crescente presenza in festival internazionali, sia per il buon riscontro ottenuto dal suo nuovo album “Bria”, inciso per la Sony Music. L’abbiamo raggiunta per capire da vicino il suo momento artistico: «Questo nuovo album è davvero speciale, perché sento per la prima volta che la voce e la tromba raggiungono un grande equilibrio. Ho lavorato con il produttore Matt Pierson per trovare un suono costante, e lui mi ha aiutato a scegliere i brani più adatti a mostrare al meglio le mie qualità». La cifra stilistica della Skonberg, che cita Anita O’Day tra le sue voci di riferimento, è orientata al jazz dei grandi maestri come Duke Ellington o Sidney Bechet, e in questo nuovo lavoro si avvale di una band dove figurano Stefon Harris al vibrafono, Aaron Diehl al pianoforte, Evan Arntzen al clarinetto e tenore, Reginald Veal al contrabbasso e Ali Jackson alla batteria. Questo album è per la Skonberg un importante punto di svolta di un percorso che l’ha vista iniziare a suonare nella sua città natale Chilliwack, British Columbia, in Canada, fino ad arrivare a New York City nel 2010, dove si è confrontata con la fervente scena jazzistica della Grande Mela. Per lei è un momento entusiasmante, come ci ha descritto: «“Bria” ha già superato i miei sogni, sia perché mi ha aperto le porte di una grande etichetta sia perché sta riscuotendo molto successo, come dimostrano le classifiche di vendita. Sono entusiasta e sto già lavorando per una prossima uscita».

giovedì 22 dicembre 2016

Emilia Zamuner: Vincitrice del Premio Massimo Urbani 2016

La cantante Emilia Zamuner, classe 1993, ha vinto il Premio Massimo Urbani 2016, riservato ai migliori solisti jazz a livello internazionale, si sta mettendo in luce attraverso numerose performance dal vivo e sta preparando una nuova uscita discografica per la Philology Records

«Sono fortunata perché il lavoro che sto cercando di fare, quello della cantante, è tutta la mia vita e la mia più grande gioia. Spero di essere sempre felice con la musica e di prendermi tutte le cose belle che mi regalerà, ma soprattutto spero di fare felice anche chi mi ascolta». Si presenta così la cantante Emilia Zamuner, classe 1993, vincitrice del recente “Premio Massimo Urbani – Concorso internazionale per solisti jazz” e prossima alla pubblicazione di un album per la Philology Records, con Piero Frassi al pianoforte, Massimo Moriconi al contrabbasso e Massimo Manzi alla batteria, nel quale si confronterà con un repertorio di standard jazz. Per la giovane cantante napoletana, che cita Ella Fitzgerald come sua maggiore fonte d’ispirazione, si tratta del terzo album dopo il precedente “Vibez” (Autoproduzione, 2016), inciso in quartetto, e il debutto di “Ella And Louis” (Sound Live Records, 2015) in duo con Carlo Lomanto. Oltre allo studio del canto jazz nel suo bagaglio artistico troviamo anche quello del canto lirico, e questi fattori si riscontrano nel suo modo di porsi sia nella forma, timbricamente impeccabile, sia dal punto di vista della profonda capacità espressiva. Caratteristiche che, per esempio, emergono nette nell’interpretazione del brano di Hoagy Carmicheal The Nearness Of You, con il quale si è aggiudicata il Premio Massimo Urbani 2016, e che stanno portando la Zamuner all’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori.

giovedì 15 dicembre 2016

Lanfranco Malaguti: “Why Not?” [Splasc(H) Records, 2016]

Il chitarrista Lanfranco Malaguti è in compagnia di Romano Todesco alla fisarmonica, Nicola Fazzini all’alto e Luca Colussi alla batteria nel suo “Why Not?”, l’album nel quel rilegge alcuni standard, come All The Things You Are e Stella By Starlight, con piglio personale. Il lavoro si distingue per la trame timbrica dei brani e per la duttilità del leader, il quale alterna lo strumento elettrico a quello acustico, utilizzando anche particolari soluzioni di effetti. Quello che ne deriva è un quadro sonoro singolare, dove i brani trovano una nuova estetica, spesso lontana dalle linee melodiche originali. L’unico inedito in programma è Blues To Monica, firmato da Malaguti e che ben si amalgama al contesto d’insieme.

Felice Reggio Trio: “Chet’s Sound” [Splasc(H) Records, 2016]

Si completa con Massimo Currò alla chitarra e Manuele Dechaud al contrabbasso il trio capitanato dal trombettista Felice Reggio, che in questo lavoro rende omaggio a Chet Baker suonando alcuni tra i brani più amati e frequentati dal trombettista. Il trio propone un sound essenziale, a volte ridotto alla sola linea melodica, ottenuto grazie a un attento interplay tra gli interpreti, che con fare moderato, al limite del confidenziale, approcciano celebri temi, come Estate e My Funny Valentine. L’album non è mosso da intenzioni filologiche, e riflette un’evidente sensibilità espressiva, in particolar modo nei dialoghi melodici che si instaurano tra Reggio e Currò.

Mark Murphy: “Live In Italy, 2001” [Splasc(H), 2016]

Quello pubblicato dalla Splasc(H) è un concerto che Mark Murphy ha tenuto nel 2001 insieme a Marco Tamburini alla tromba, Mario Piacntini al pianoforte, Piero Levratto al contrabbasso e Marco Tonin alla batteria. In scaletta troviamo una manciata di standard, come All Blues posta in apertura o Summertime, e l’originale Miles scritto da Murphy. Il cantante, che si produce al pianoforte in Do Nothin’ Till You Hear From Me, dà prova di duttilità stilistica e formale: è confidenziale nelle ballad; risulta fantasioso e intraprendente nelle parti di improvvisazione, nelle quali ricorre spesso allo scat; si pone in primo piano non tralasciando però i dialoghi con il resto della band. In scaletta trova posto una trascinante Milestones, segnata da un ispirato solo di Tamburini.

Umberto Tricca: “Moksha Pulse” [Workin’ Label, 2016]

I sassofonisti Achille Succi e Giacomo Petrucci, il vibrafonista Nazareno Caputo, il contrabbassista Gabriele Rampi Ungar e il batterista Bernardo Guerra sono al fianco di Umberto Tricca nel suo album d’esordio “Moksha Pulse”. Per il chitarrista si tratta di un importante snodo del suo percorso artistico, nel quale mette insieme le influenze e le ispirazioni che lo hanno accompagnato finora: la musica indiana, con le sue particolari modalità ritmiche; il contrappunto tipico delle musiche del centroamerica; uno sguardo vigile sull’improvvisazione contemporanea. Linguaggi diversi che vanno a comporre un idioma comune tra i musicisti coinvolti, per un lavoro d’insieme che denuncia una spiccata personalità estetica, costruita attorno alle idee di Tricca, e che beneficia in maniera decisiva della duttilità, sia formale sia espressiva, degli altri interpreti.

martedì 13 dicembre 2016

Claudio Lodati Dac’Corda: “Boiler” [Splasc(H) Records, 2016]

Dieci tracce firmate da Claudio Lodati compongono la scaletta del suo “Boiler”, l’album che il chitarrista realizza insieme ai Dac’Corda, quartetto completato da Nicola Cattaneo alla chitarra, Giorgio Muresu al contrabasso e Toni Boselli alla batteria. Nel loro orizzonte timbrico trovano spazio anche alcune sonorità sintetiche, prodotte con tastiere ed effetti, e nell’insieme l’album si colloca in un non luogo stilistico a metà tra jazz rock, avanguardia e passaggi melodicamente cantabili. Non mancano i momenti dal piglio moderato, come quelli di Just Go There, nei quali emerge la sensibilità espressiva degli interpreti.

I Giganti della Montagna: “Io sono tre” [Improvvisatore Involontario, 2016]

Per I Giganti della Montagna, il trio composto da Ferdinando D’Urso, Lorenzo Paesani e Federico Sconosciuto, si tratta della terza prova sulla lunga distanza, e “Io sono tre” – titolo che rimanda all’incipit di Beneath the Underdog, l’autobiografia di Charles Mingus - rimarca le caratteristiche principali di questa formazione: particolare cubatura timbrica costruita con sax, violoncello e pianoforte; capacità di spaziare tra temi rigorosi e deragliamenti improvvisativi; profondo scavo espressivo che tiene conto di una certa tradizione eurocolta, rivista però in chiave contemporanea. Linee melodiche leggibili si dànno alternanza con momenti slegati dal tema, per un insieme che riflette un’estetica personale e lontana da soluzioni prevedibili.

Roberto Spadoni New Project Jazz Orchestra: “Travel Music” [AlfaMusic, 2016]

Sei brani scritti e arrangiati dal chitarrista Roberto Spadoni compongono la scaletta del suo “Travel Music”, l’album che vede la partecipazione di Giovanni Falzone alla tromba, Roberto Cipelli al pianoforte e Mauro Beggio alla batteria, e dell’intera New Project Jazz Orchestra. L’idea concettuale di Spadoni è quella della “musica da viaggio”, riguardo le composizioni nate durante i continui spostamenti a cui è sottoposta la vita del musicista, con note appuntate su un biglietto del treno, un menù di un ristorante o sul registratore vocale dello smartphone. Ne derivano temi melodicamente cantabili, dall’ampio orizzonte timbrico, nei quali trovano spazio suggestioni di diversa natura, dai passaggi riflessivi a quelli dalla forte impronta ritmica, dai “respiri d’insieme” dell’orchestra alle ficcanti uscite soliste. L’itinerario di questo lavoro ci conduce verso molte destinazioni, e attraversa anche lunghi momenti compositi, come nei venti minuti de La vita, in fondo, è un rincorrere emozioni da ricordare, una sorta di mini suite dove Spadoni dà prova di scrittura dalle profonde peculiarità espressive.

mercoledì 7 dicembre 2016

Manlio Maresca & Manual For Errors: “Hardcore Chamber Music” [Auand, 2016]

Nel suo “Hardcore Chamber Music” il chitarrista Manlio Maresca propone una scaletta di undici brani originali, suonati insieme ai Manual For Errors, composti da Daniele Tittarelli all’alto, Francesco Lento alla tromba, Roberto Tarenzi al pianoforte, Matteo Bordone al contrabbasso ed Enrico Morello alla batteria. Si tratta di musicisti che trovano nella duttilità espressiva e formale il loro comune denominatore, attraverso il quale sviluppano un linguaggio di jazz contemporaneo, pronto nel prendere direzioni mai prevedibili. Il lavoro gira attorno all’idea concettuale dell’esaltazione dell’errore, inteso come leva creativa verso scenari inattesi e inconsueti. Brani dalle melodie cantabili si danno alternanza con passaggi dal maggiore piglio introspettivo, situazioni caotiche e frenetiche lasciano spazio a momenti sornioni e riflessivi. La traccia conclusiva, Esercizi di memoria (Summer Version) vede la partecipazione di Domenico Sanna al Fender Rhodes.

Wolfgang Muthspiel: “Rising Grace” [ECM, 2016]

Oltre al leader Wolfgang Muthspiel in “Rising Grace” troviamo una formazione all star composta da Ambrose Akinmusire alla tromba, Brad Mehldau al pianoforte, Larry Grenadier al contrabbasso e Brian Blade alla batteria. Il programma prevede solo musica originale firmata dal chitarrista austriaco, che si divide tra strumento elettrico e acustico, fatta eccezione per Wolfgang’s Waltz di Brad Mehldau, compresa una sentita dedica a Kenny Wheeler dal titolo Den Wheeler, Den Kenny. L’album propone temi melodicamente cantabili, con quello della title track, passaggi dalle atmosfere sospese e sognanti, e un continuo interplay strumentale tra gli interpreti, ognuno dei quali porta contributi decisivi a un suono d’insieme morbido e costruito con estrema parsimonia timbrica.

Francesco Orio Trio: “Causality Chance Need” [NAU Records, 2016]

Come descritto nelle note di copertina le tracce di “Casuality Chance Need” seguono un principio comune di improvvisazione basata sull’elaborazione di brevi frammenti originali, per un lavoro d’insieme che il pianista Francesco Orio firma in trio con Fabio Crespiatico al basso elettrico e Davide Bussoleni alla batteria. La loro è una visione della materia sonora che travalica con destrezza gli argini di genere e stile, andando a indagare spazi e luoghi remoti, dove si incontrano melodie cantabili (alcune esposte in solo da Orio), ma anche figurazioni astratte o introspettive. In due brani troviamo la voce recitante dell’ospite Umberto Petrin, che conferisce al lavoro ulteriori spunti d’interesse espressivo e di variazione formale. L’artwork è firmato da Gianmarco Balestri.

sabato 3 dicembre 2016

Dejan Terzić: “Prometheus” [CAM Jazz, 2016]

Nel suo “Prometheus” il batterista Dejan Terzić è a capo di un quartetto completato da Chris Speed al sassofono, Bojan Zulfikarpašić al pianoforte e Matt Penman al contrabbasso. In scaletta troviamo dieci tracce, tutte firmate dal leader, che riflettono forme ed espressioni di contemporaneità jazzistica, per sommi capi legata alla tradizione, ma perennemente piegata verso una ricerca di timbri, di significati e di melodie del tutto originali. Terzić propone sia situazioni leggibili, con esposizioni tematiche concrete, come in Red, sia passaggi più introspettivi, riuscendo a creare un equilibrio estetico di valore e dalle forti connotazioni personali. Nella sua musica entrano echi folklorici balcanici, spinte ritmiche prossime al rock, intesa tra gli interpreti di matrice jazzistica. Nelle note di copertina il giornalista scozzese Brian Morton definisce l’impronta del batterista come: «Un’audace sfida alla divinità della musica».

Trygve Seim “Rumi Songs” [ECM, 2016]

Nel suo “Rumi Songs” il sassofonista norvegese Trygve Seim organizza una cubatura timbrica che include la partecipazione di Frode Haltli alla fisarmonica, Svante Henryson al violoncello e la voce di Tora Augestad. La scaletta prevede l’interpretazione di testi, tradotti in inglese, del poeta Jalaluddin Rumi con musica originale scritta da Seim. I primi piani espressivi sono a favore della voce moderata della Augestad, la quale si muove in un’ambientazione misurata, cameristica, costruita attorno a un costante controllo dei volumi e delle forme, per un insieme che riflette sensazioni di eleganza e contemplazione. Per Trygve Seim si tratta della realizzazione di un progetto costruito attorno all’arte Jalaluddin Rumi, pensato nel dettaglio e messo a fuoco grazie alla produzione artistica di Manfred Eicher.

venerdì 2 dicembre 2016

Frank Martino: “Revert” [Auand, 2016]

“Revert” è nella discografia di Frank Martino il suo primo album nelle vesti di leader. Per l’occasione il chitarrista e produttore organizza un quartetto completato da Claudio Vignali al pianoforte, Stefano Dallaporta al contrabbasso e basso elettrico e Diego Pozzan alla batteria. Una delle principali componenti timbriche ed espressive del lavoro è individuabile nell’uso degli effetti elettronici, che entrano in diverse misure negli otto brani proposti. Le tracce riflettono intenzioni d’improvvisazione, ma anche di strutture ben definite, per un insieme in equilibrio tra fantasia e rigore, precise scansioni e passaggi deraglianti. Oltre ai brani originali troviamo il rifacimento di Nude dei Radiohead, della quale è tenuta in piedi una costola melodica che emerge dopo un’introduzione di suoni slegati e rarefatti. Paolo Fresu, nelle note di copertina, definisce l’album: «[…] Un reverse da poter ascoltare anche al contrario infrangendo il tradizionale modo di sentire».

mercoledì 23 novembre 2016

Enrico Intra – Paolino Dalla Porta – Mattia Cigalini: “Three Generations” [AlfaMusic, 2016]

Tre musicisti di diverse generazioni, tre “alberi”, come quelli proposti in copertina, di diversa grandezza, ma accomunati da intenti di profondità espressiva, si incontrano in questo lavoro prodotto dall’etichetta AlfaMusic. Enrico Intra, pianoforte, Paolino Dalla Porta, contrabbasso, e Mattia Cigalini sassofono, sono ripresi dal vivo al Piccolo Teatro Strehler di Milano il 30 novembre 2015, e propongono una serie di diciassette brani, denominati “Cellula” e seguiti da una lettera dell’alfabeto, dove è predominate la componente improvvisativa. Ne derivano passaggi melodicamente cantabili che si alternano a pagine astratte, brani giocati su microscopici interventi che poi lasciano il passo a piene sonorità d’insieme, per un lotto che trasuda creatività, interplay, situazioni d’intesa reciproca.

Claudio Filippini: “Overflying” [CAM Jazz, 2016]

“Overflying” è l’album in pianoforte solo di Claudio Filippini, il quale realizza un percorso formale che mette insieme pagine originali e repertori classici, come quelli di Maurice Ravel o Ludwig van Beethoven. Ne deriva un insieme dal profondo scavo espressivo, nel quale troviamo melodie cantabili, improvvisazione, passaggi meditativi e una costante sensazione di equilibrio tra misura ed estro, tra situazioni di calibrata sottrazione e passaggi ricchi di contenuti. Il “volo” di Filippini travalica generi e stili, e conduce l’ascoltatore verso ampi orizzonti sonori, con un approccio strumentale segnato, come Brian Morton lo definisce nelle note di copertina, da: «una vigile energia improvvisativa».

Swedish Mobilia: “It’s Not Jazz, It’s Worse” [Auand, 2016]

Il trio Swedish Mobilia è composto da Andrea Bolzoni (chitarra ed elettronica), Dario Miranda (basso elettrico ed elettronica) e Daniele Frati (batteria e percussioni), e il loro “Swedish Mobilia” riflette un approccio alla materia sonora di carattere improvvisativo. Il trio avanza costruendo immagini sonore in divenire, spesso servendosi di piccoli inserti e frasi tra loro slegate, per un linguaggio contemporaneo che riflette nevrosi, confusione e creatività spinta verso estreme conseguenze. Nel suo insieme il lavoro si distacca da incasellamenti di genere, e risulta essere come un contenitore di idee volutamente in contrasto, strutturate con sonorità acide, astratte e visionarie.

mercoledì 16 novembre 2016

Samuele Strufaldi Ismael Circus: “Adenosine Triphosphate” [Auand, 2016]

Troviamo il pianista Samuele Strufaldi a capo del quintetto Ismael Circus, con il quale realizza “Adenosine Triphosphate” edito dalla Auand Records di Marco Valente. Un lavoro che Strufaldi, attraverso una nota stampa, ci ha così presentato: «L’adenosina trifosfato è un importante composto ad alta energia che sta alla base di svariate reazioni metaboliche ed energetiche nelle cellule. Il nome dell’intero disco è dunque energia, un tipo particolare di forza di sintesi molecolare, che è anche al centro della costituzione dell’RNA, fondamentale per dare energia alle molecole». Intenzioni e significati tradotti in musica attraverso un approccio espressivo diversificato, dagli andamenti nervosi dell’iniziale Schizofrenia alla melodia cantabile di For Ahmed, dai momenti introspettivi di Rebounds fino alla rivisitazione, fantasiosa e scattante, di My Favorite Things. Strufaldi mostra una scrittura espansa, che include anche parti soliste per i fiati, il soprano di Claudio Giovagnoli e il tenore di Yuri Romboli, sorrette dalle trame ritmiche di Marco Calì alla batteria e Alessandro Cianferoni al basso elettrico.

Raffaele Genovese Trio: “Musaico” [AlfaMusic, 2016]

Il pianista Raffaele Genovese realizza un lavoro di soli brani originali, tranne la rilettura di Gentle Piece di Kenny Wheeler, nei quali riversa temi melodicamente cantabili, l'equilibrio timbrico tra il trio, completato da Emanuele Primavera alla batteria e Carmelo Venuto al contrabbasso, e la voce strumentale di Ben van Gelder all’alto, e una capacità di scrittura che sa coniugare mainstream e attualità espressiva. “Musaico” è un racconto in musica delle esperienze di vita del leader, tra ricordi ed emozioni, tradotte in musica da un modo d’insieme sempre garbato, ottenuto grazie all’esatta occupazione degli spazi sonori da parte degli interpreti che anche nei soli mantengono una sorta di elegiaca attenzione ai timbri, ai riflessi sonori e alle sfumature.

Piero Bittolo Bon’s Bread & Fox: “Big Hell On Air” [Aunad, 2016]

In questo lavoro edito dalla Auand Records e coprodotto dalla El Gallo Rojo troviamo, al fianco del sassofonista Piero Bittolo Bon, il trombonista Filippo Vignato, Glauco Benedetti alla tuba, Alfonso Santimone al pianoforte e Andrea Grillini alla batteria. Fatta eccezione della conclusiva Paper Toilet di Henry Threadgill, il programma si compone di soli originali firmati dal leader, il quale propone un ambiente musicale dalla particolare struttura timbrica, dove le masse sonore vanno formandosi in divenire, spesso con l’aspetto di idee isolate che poi prendono corpo. L’insieme muove verso territori inediti e personali, attraverso temi che risultano cantabili quanto spigolosi, in perenne stato di equilibrio creativo tra situazioni essenziali e passaggi dal respiro più ampio e complesso.

giovedì 10 novembre 2016

Andrea Lombardini with Michel Godard, Emanuele Maniscalco: “Diminuendo” [CAM Jazz, 2016]

L’aspetto che balza subito all’orecchio ascoltando “Diminuendo” è la particolare conformazione timbrica del trio, con Michel Godard, serpentone e tuba, ed Emanuele Maniscalco, pianoforte e batteria, al fianco di Andrea Lomabradini, qui al debutto come leader, che suona basso elettrico e colascione lute. Suoni moderni e antichi si intrecciano in una scaletta di dieci brani che prendono diverse direzioni stilistiche, tra suoni ancestrali, melodie cantabili, passaggi introspettivi, momenti solitari e una serie di rimandi a territori espressivi inesplorati. L’album è segnato da una sensazione di velata malinconia, dovuta alla continua sottrazione di eventi sonori che ben riflette le intenzioni anticipate nel titolo.

Claudio Leone Trio: “Changes” [Emme Record Label, 2016]

Si apre con l’up tempo che dà il titolo all’album questo lavoro firmato dal chitarrista romano Claudio Leone, per l’occasione in trio con Stefano Battaglia al contrabbasso e Francesco Merenda alla batteria. Quella presentata è una scaletta dai molti risvolti espressivi, che si rintracciano in brani che sanno coniugare jazz mainstream, influenze blues, connotazioni prossime al rock e un sempre presente piglio d’improvvisazione. Leone guida il lavoro con esposizioni tematiche perlopiù votate alla cantabilità melodica, come nel lungo solo di Gracefully Falling, ma non mancano i momenti a vantaggio degli altri interpreti, come nell’introduzione di The Winter In Boston svolta in solo da Stefano Battaglia. La conclusiva Hope, giocata su ritmi tenui, mostra l’aspetto caratteriale più introspettivo e misurato del trio.

lunedì 7 novembre 2016

Luigi Masciari: “The G-Session” [Tosky, 2016]

Il trio capitanato dal chitarrista Luigi Masciari si completa con Aaron Parks al Fender Rhodes e Roberto Giaquinto alla batteria, e il loro “The G-Session”, prodotto e pubblicato dalla Tosky Records, prende il nome dallo studio newyorkese dove è stato registrato nel dicembre 2015. La scaletta presenta solo brani originali firmati dal leader, e nelle traccia Echoes troviamo la voce sussurrata dell’ospite Oona Rea. Si tratta di un passaggio dai toni morbidi, dove alla cantabilità melodica, che caratterizza l’intero lavoro, si unisce un equilibrio timbrico ottenuto dal trio con attenzione e misura. Nel complesso il lavoro rimanda a un jazz contemporaneo, fedele alle dinamiche della tradizione mainstream, ma pronto nell’allagare lo sguardo espressivo verso lidi dal profondo scavo espressivo.

Sam Mortellaro: “Robotic Delusions” [Auand, 2016]

Dieci tracce originali firmate dal pianista Sam Mortellaro compongono la scaletta del suo “Robotic Delusions”, l’album realizzato in trio, con Angelo Minacapilli al contrabbasso e Francesco Alessi alla batteria, per la Piano Series dell’etichetta Auand Records. Il lavoro si distingue per la cantabilità delle melodie, spesso in contrasto tra situazioni di velata amarezza e aperture più solari, per l’etrema flessibilità ritmica del trio, e per lo scorrere di un flusso sonoro che parte dal mainstream fino a lambire lidi di contemporaneità espressiva. Il trio realizza un’estetica propria e riconoscibile, e l’album trova nel concetto di “tempo” la sua principale vocazione, che attraverso una nota stampa Mortellaro descrive così: «Credo che il tempo, inteso come musica in atto, sia un flusso che scorre continuamente in divenire, mai iniziato né finito e che continui sempre a scorrere anche quando stiamo in silenzio. Bisognerebbe riuscire a cavalcarne l’onda senza inciamparvi, in questo modo riusciremmo a percepire ogni suo frammento. Ci renderemmo conto che il tempo è in realtà̀ indefinito e che bisogna fluire semplicemente al suo interno, con disinvoltura».

Francesco Negro: “Stridda di luci – Giancarlo Simonacci Piano Works” [Silence Records, 2016]

In questo lavoro in pianoforte solo Francesco Negro ripercorre le opere del compositore romano Giancarlo Simonacci, suo maestro e grande conoscitore di autori contemporanei come John Cage. Negro realizza un percorso espressivo fatto di molti silenzi, note staccate, frammenti, e gioca di continuo con le risonanze dello strumento in relazione all’ambiente circostante. Ne deriva una forma musicale in equilibrio tra misura e circospezione, passaggi intimi e momenti di visionarietà d’astrazione avanguardistica. Il booklet, curato nel dettaglio e realizzato da Luigi Partipilo, contiene una guida all’ascolto utile per orientarsi in un personale mondo sonoro, fatto di infiniti punti d’interpretazione.

Franco Piccinno: “Migrations” [Auand, 2016]

Ci sono Aldo Vigorito al contrabbasso e Giuseppe La Pusata alla batteria al fianco del pianista Franco Piccinno nel suo “Migrations”, l’album nel quale presenta una scaletta con cinque originali e alcune rivisitazioni. La cifra stilistica del trio è votata al jazz mainstream, al centro del quale troviamo la cantabilità delle melodie, la continua interazione strumentale, la voglia di condurre l’ascoltatore sia in ambientazioni concitate, vedi Late Night Joke, sia in passaggi di elegante misura, come accade in Delice. La traccia che dà il titolo all’album è un momento in pianoforte solo che Piccinno, attraverso una nota di presentazione, descrive così: ««Pur dando il titolo al disco, questo brano non racchiude l'essenza stilistica del progetto, bensì rappresenta l'esatto contrario, a testimonianza del desiderio di percorrere un sentiero distinto, un desiderio di evasione, nondimeno espresso in maniera del tutto discreta, a tratti intimista».

lunedì 31 ottobre 2016

Michela Lombardi & Piero Frassi Trio feat. Emanuele Cisi: “Solitary Moon” [Philology, 2016]

“Inside the music of Johnny Mandel” recita il sottotitolo di questo lavoro che Michela Lombardi firma con il trio del pianista Piero Frassi, completato da Gabriele Evangelista al contrabbasso e Andrea Melani alla batteria, e con Emanuele Cisi, sassofono ospite in sei dei dodici brani proposti. Il repertorio tratta brani del compositore americano Johnny Mandel, e vede la voce della Lombardi come principale fonte espressiva, anche se le altre voci strumentali si rendono necessarie per l’alternanza di dialogo che caratterizza l’intero lavoro. La Lombardi mostra una dinamica timbrica di pregio, capace sia di carezzare i temi, sia di sottolineare accenti o far risaltare le sfumature degli arrangiamenti realizzati da Piero Frassi.

domenica 30 ottobre 2016

Eraldo Bernocchi - Prakash Sontakke: “Invisible Strings” [Rare Noise Records, 2016]

Il polistrumentista e produttore Eraldo Bernocchi incontra il chitarrista indiano Prakash Sontakke per dare forma alle nove tracce del loro “Invisible Strings”, edito da Rare Noise Records. Quella che ascoltiamo è una musica che oscilla tra chiare matrici ambient e melodie tipicamente orientali, costruite da Sontakke con estrema libertà, anche con lap steel e chitarra baritona, sulle intelaiature ritmiche pensate da Bernocchi. Elettronica e corde, beats e temi cantabili, momenti fluttuanti e situazioni dal profondo scavo espressivo per un insieme che riflette un’estetica propria e originale.

martedì 18 ottobre 2016

Paolo Fresu Quintet feat. Daniele di Bonaventura: "Jazzy Christmas" [Tŭk Music, 2015]

Troviamo il bandoneonista Daniele di Bonaventura insieme allo storico quintetto di Paolo Fresu, con Ettore Fioravanti, Attilio Zanchi, Tino Tracanna e Roberto Cipelli, in questa uscita targata Tŭk Music che fa riferimento a una registrazione dal vivo del 2012, presso il Nuovo Teatro Comunale di Sassari. Come il titolo lascia intendere si tratta di un repertorio dallo “spirito natalizio”, dove trovano posto brani famosi, come White Christmas di Irving Berling, ma anche tradizionali norvegesi di cui non si conosce l’autore. È in tema anche l’illustrazione di copertina, firmata da Toni Demuro.

Enrico Pieranunzi feat. Simona Severini: "My Songbook" [Jando Music / Via Veneto Jazz, 2016]

“My Songbook” è un album basato esclusivamente su canzoni firmate da Enrico Pieranunzi, con testi di autori vari, alcune delle quali incise in passato in versioni strumentali, vedi Soft Journey registrata nel 1980 con Chet Baker. Al fianco del pianista troviamo la voce di Simona Severini, interprete capace sia di rendere temi giocati in punta di timbro, come Fairy Flowers, sia di mostrare un carattere più deciso in passaggi come Night Bird.

martedì 11 ottobre 2016

Antonio Apuzzo Strike!: “Songs Of Yesterday, Today And Tomorrow” [Dodicilune, 2016]

È il sassofonista Antonio Apuzzo il leader del quintetto Strike!, completato da Sandro Lalla al contrabbasso, Luca Bloise alle percussioni, Michele Villetti alla batteria e dalla cantante Costanza Alegiani. È quest’ultima a rappresentare spesso i primi piani espressivi di un lavoro che sfugge a qualsiasi incasellamento stilistico, in quanto negli undici brani proposti confluiscono diverse correnti, dai brani di Ornette Coleman a quelli dei Gentle Giant, dagli episodi tratti dal repertorio di Charles Mingus alle tracce originali scritte da Apuzzo, alcune delle quali prevedono testi di poeti come Jolanda Insana. Ne deriva un album dal carattere variabile, nel quale Apuzzo mescola le sue passioni dando forma a una creatura dai personali tratti estetici.

Letizia Onorati: “Black Shop” [Dodicilune, 2016]

È la voce di Letizia Onorati, classe 1992, il tratto distintivo del suo “Black Shop”, realizzato con Paolo Di Sabatino al pianoforte e Giovanna Famulari al violoncello. In scaletta troviamo le rivisitazioni di grani classici, come Sofly, As In A Morning Sunrise e It Don’t Mean A Thing, interpretati dalla Onorati con piglio navigato, perfetto controllo dinamico e personalità. Il trio mette insieme un’ambientazione misurata, ottenuta con un attento lavoro sui timbri e sui volumi del singolo elemento, e si esprime attraverso un’equilibrata alternanza di umori, da passaggi intimi e pensosi ad altri virati di blues o realizzati con tempi più sostenuti. In chiusura troviamo la title track, l’unico originale in programma, che Paolo Di Sabatino scrisse nel 2009 per Mario Biondi.

venerdì 7 ottobre 2016

Antonio Vivenzio: “Canyon” [Auand, 2016]

C’è Tino Tracanna ospite in due brani nell’album “Canyon” che il pianista Antonio Vivenzio firma, per la prima volta da leader, in trio con Claudio Ottaviano al contrabbasso e Filippo Sala alla batteria. Quelli del sassofonista sono interventi tesi ad ampliare l’orizzonte timbrico e formale di un lavoro che prevede il pianismo di Vivenzio al centro degli sviluppi espressivi. In scaletta oltre ai brani autografi del leader troviamo anche alcune rivisitazioni, come In A Sentimental Mood di Duke Ellington. Il soprano di Tracanna segna il tema della title track, un brano dove si riscontrano alcuni degli elementi più caratteristici dell’intero lavoro, come la cantabilità dei temi, il repentino cambiamento d’umore melodico, gli angoli di improvvisazione e uno sviluppo formale mai prevedibile. In tal senso è il leader ha illustraci attraverso una nota di presentazione le intenzioni dell’album: «L’idea principale che ho cercato di seguire con il trio è quella di non proporre idee complicate, ma di avere un materiale essenziale, che ci consentisse di essere sempre a nostro agio nell’improvvisazione. Credo che la caratteristica principale del disco sia la fluidità della musica e la spontaneità: non ci sono forzature e gli arrangiamenti sono in generale poco invasivi, per non correre il rischio di restare ingabbiati durante le improvvisazioni». Vivenzio si distingue per la sua eleganza timbrica e per la capacità di avventurarsi in forme impervie, come nel suo brano Hic Up.

mercoledì 5 ottobre 2016

Rosario Giuliani – Luciano Biondini – Enzo Pietropaoli – Michele Rabbia: “Cinema Italia” [Via Veneto Jazz, 2016]

Nella scaletta di “Cinema Italia” si incontrano brani ripresi dai repertori di Nino Rota ed Ennio Morricone, con l’aggiunta di alcuni originali, interpretati da Rosario Giuliani (alto e soprano), Luciano Biondini (fisarmonica), Enzo Pietropaoli (contrabbasso) e Michele Rabbia (batteria, percussioni, elettronica). Il loro è un omaggio alle colonne sonore del grande cinema italiano, da “La dolce vita” a “Nuovo Cinema Paradiso”, basato sulla cantabilità melodica dei temi presi in considerazione. Il lavoro è caratterizzato dalla continua alternanza dei primi piani espressivi, che in particolar modo coinvolgono i fiati di Rosario Giuliani e la fisarmonica di Luciano Biondini. Quest’ultimo elemento conferisce la particolare ambientazione timbrica a un insieme nel quale non mancano alcune parti di libera improvvisazione, sempre coerenti all’estetica proposta.

domenica 25 settembre 2016

Big Blue: “Shooting Star” [CAM Jazz, 2016]

È il settembre 2015 quando Kalevi Louhivuori (tromba), Antii Kujanpää (pianoforte), Jori Huhtala (contrabbasso), Joonas Leppänen (batteria) si danno appuntamento nello studio Petrax di Hollola, in Finlandia, per dare forma alle nove tracce del loro nuovo lavoro inciso per la CAM Jazz del produttore Ermanno Basso. “Shooting Star” contiene una musica che si contraddistingue per la cantabilità dei temi, come quello dell’iniziale Mountain Man, per le strutture ritmiche flessibili, capaci di variare dai passaggi di semplice accompagnamento ad altri più angolari e introversi, per la cura del suono e delle ambientazioni timbriche. I Big Blue non tralasciano particolari e sfumature, e trovano in Louhivuori il punto di riferimento espressivo, sia nei momenti dal maggiore impulso metronomico sia nei brani lirici e suonati in relax.

Kalevi Louhivuori Quintet: “Almost American Standards” [CAM Jazz, 2016]

Si completa con Ville Vannemaa (sax), Mikael Myrskog (pianoforte), Eero Seppä (contrabbasso) e Jaska Lukkarinen (batteria) il quintetto capitanato dal trombettista Kalevi Louhivuori, che per l’occasione presenta un repertorio di brani originali costruiti prendendo spunto da celebri standard, come nel caso di Take 4 ispirata da Take Five di Paul Desmond. Otto tracce dalle quali emerge un jazz mainstream compatto, con Louhivuori, in certi passaggi torrenziale, principale cardine espressivo del suono d’insieme nel quale gli altri interpreti trovano misurati spazi solisti. Il quintetto finlandese non tradisce in nessuno dei cinquanta minuti del CD l’estetica di un album il cui titolo, per certi versi ironico, ne denuncia l’intenzione stilistica.

venerdì 23 settembre 2016

Joona Toivanen: “Lone Room” [CAM Jazz, 2016]

Registrato da Stefano Amerio negli studi Artesuono di Cavalicco, Udine, nel settembre 2015, “Lone Room” è l’album in solo che il pianista finlandese Joona Toivanen firma per la CAM Jazz del produttore Ermanno Basso. Otto tracce originali compongono la scaletta da dove emerge una rara sensibilità espressiva, unita all’amore di Toivanen per le melodie cantabili e per i temi capaci di “respirare” su ampiezze timbriche mai chiuse su sé stesse. Il pianista descrive pagine dall’ambientazione chiaroscurale, con note scandite e rivolte al mondo classico, ma allo stesso tempo disegna lunghi flussi sonori spontanei, lirici, su precarie quanto intriganti figurazioni ritmiche, e prossimi a un’attualità formale di livello assoluto. La foto di copertina è firmata da Andrea Boccalini.

giovedì 22 settembre 2016

Alessandro Presti Quintet: “Halaesa” [CAM Jazz, 2016]

Il giovane trombettista Alessandro Presti, forte delle esperienze acquisite in questi anni lavorando con musicisti del calibro di Roberto Gatto ed Eddie Gomez, giunge con “Halaesa” alla pubblicazione del suo primo album, edito dalla CAM Jazz del produttore Ermanno Basso. Per l’occasione lo troviamo a capo di un quintetto, completato da Daniele Tittarelli all’alto, Alessandro Lanzoni al pianoforte, Gabriele Evangelista al contrabbasso e Francesco Ciniglio alla batteria, dedito alle tipiche sonorità hard bop, formalmente incentrato sulle esposizioni tematiche seguite dai cicli di assolo. Presti mette in evidenza sia modalità irruente, costruite su lunghe sequenze di note, sia un controllo dinamico maturo, soprattutto nei passaggi a tempo più lento. Il leader si distingue per la liricità del fraseggio e firma tutte le tracce in scaletta, mentre la conclusiva Impro lo vede protagonista in una parentesi d’improvvisazione con Alessandro Lanzoni.

martedì 20 settembre 2016

Fabio Delvò feat. Lorenzo De Angeli: “Bella mia” [DF Records]

«È un omaggio a colei che mi educò all’amore e alla sincerità». Con questa sentita dedica alla madre, venuta a mancare lo scorso anno, Fabio Delvò ci introduce all’album “Bella mia”, un lavoro dai profondi significati espressivi e dalle forme singolari. Si tratta di una registrazione tenuta principalmente per sassofono solo, fatta eccezione per alcuni elementi di ambientazione, come cori e voci, funzionali al fattore concettuale dell’album, e per la presenza del basso semiacustico di Lorenzo De Angeli, punto di riferimento ritmico e parziale alternativa al suono di Delvò. Dopo una toccante Overture interpretata dalla piccola Jessica Julia Delvò, nipote della signora Elena, troviamo poco più di mezz’ora di musica caratterizzata da temi lineari, essenziali, costruiti con parsimonia, e con aspetti devozionali, come in Danzo solo per te, brano dove il suono di sassofono si tramuta in un canto corale. Tutti i partecipanti al disco sono sentimentalmente legati alla figura della madre di Fabio Delvò, e anche il progetto grafico del CD, dai colori scelti alle foto del booklet, è a lei ispirato.

lunedì 19 settembre 2016

Dario Germani: “Fog Monk” [GRM, 2015]

Pubblicato in triplo vinile, “Fog Monk” è il lavoro che vede il contrabbassista Dario Germani misurarsi, confrontarsi e aderire, con un ampio spaccato del repertorio di Theolonius Monk, da celebri standard a brani meno frequentati come Oska T. Quello presentato è un insieme di brevi momenti, a volte di durata inferiore al minuto, essenziali e perfettamente centrati verso un’estetica dove il superfluo non ha ragione di esistere. Il musicista è solo, e l’acustica dell’Accademia Americana di Roma, dove l’album è stato registrato nel 2015, esalta armonici, fruscii, percussioni e lievi sfioramenti che fanno sembrare il contrabbasso come una fonte di piccoli, ma determinanti, micro suoni. La musica di Monk ne esce distillata, inquadrata in un perenne primo piano e senza fraintendimenti, e l’insieme si dipana fino a riempire l’orizzonte d’ascolto. Il terzo disco porta in serbo la sorpresa dell’intervento vocale, in alcuni passaggi, di Valeria Restaino, che si fa protagonista discreta, con eleganza e misura dinamica, tra le corde di Germani, a sua volta agile nel prodursi come riferimento ritmico.

domenica 18 settembre 2016

Franco D’Andrea Piano Trio: “Trio Music Vol. II” [Parco della Musica Records, 2016]

Continuano le pubblicazioni degli album in trio di Franco D’Andrea per la Parco della Musica Records, con questo secondo volume, che dà seguito al primo inciso con DJ Rocca e Andrea Ayassot, dove troviamo al fianco del pianista Aldo Mella al contrabbasso e Zeno De Rossi alla batteria. Si tratta di musicisti abituati a suonare con D’Andrea in altri contesti, e che anche nella classica formazione del piano trio riescono a instaurare un rapporto simbiotico, sia espressivo sia formale, che li porta a suonare una musica multiforme e dal difficile collocamento stilistico. Questo perché nei meccanismi celebrali di D’Andrea scorrono diverse correnti, all’occorrenza contrastanti, che abbracciano cento anni di jazz, nell’accezione più larga possibile del termine. C’è Monk, esplicito nel brano d’apertura del primo CD T.M., implicito in tante situazioni angolari, aspre, irregolari; c’è il jazz delle origini, nei tratti melodici dei temi, nella cantabilità di certi passaggi; ci sono le ballad; c’è l’avanguardia, intesa come territorio libero, privo di riferimenti prevedibili. Le nostre orecchio sono attraversate da due CD pieni di idee, colmi di spunti d’interesse, che ribadiscono la statura di un personaggio che dopo settantacinque primavere è lì a indagare significati e curiosare soluzioni inedite.

giovedì 15 settembre 2016

Achille Succi – Francesco Saiu – Giacomo Papetti: “Three Branches” [El Gallo Rojo, 2016]

Nel loro “Three Branches” Achille Succi, Francesco Saiu e Giacomo Papetti danno luogo a un’ambientazione timbrica singolare, costruita con, rispettivamente, clarinetto basso, chitarra elettrica e contrabbasso. In scaletta incontriamo brani originali basati su continui dialoghi strumentali, che in certe situazioni seguono soluzioni melodiche logiche e lineari, come nella traccia d’apertura Brown o in Phrygia, mentre in altre indagano situazioni angolari e contrastanti, vedi Fresh Flesh. Non c’è un leader prescritto, ma tre anime musicali che si scambiano reciproche esperienze, idee e punti di vista fino a ramificare un proprio repertorio, proprio come anticipato dal titolo dell’album, “tre rami”, e dall’immagine di copertina.

martedì 13 settembre 2016

Enten Eller: “Tiresia” [Autoproduzione, 2016]

Trent’anni di attività, quindici album pubblicati, affetto e stima da parte del pubblico più attento, fanno di Enten Eller (Alberto Mandarini: tromba, flicorno, effetti; Maurizio Brunod: chitarre, live sampling; Giovanni Maier: contrabbasso; Massimo Barbiero: batteria, percussioni) una delle realtà più solide del panorama jazzistico nazionale, rimasta sempre a debita distanza dal mainstream e spinta dall’intento di, come riportato in una nota stampa, «dare possibilità che esista “un’altra” strada o altre strade…». Il loro, dunque, non è progetto con finalità univoche, ma è, soprattutto, un “luogo musicale” dove poter dare forma a significati diversi, o eventuali. Non fa eccezione il nuovo “Tiresia”, lavoro autoprodotto, per precisa scelta di Barbiero e soci, nel quale il gruppo ospita il violinista Emanuele Parrini in una delle tre lunghe tracce che compongono la scaletta. Quella che si ascolta è una musica costruita attraverso un discorso tra gli interpreti in divenire, allo stesso momento logico quanto imprevedibile. Gli Enten Eller improvvisano il proprio concetto stilistico in un’unica seduta di ripresa, mantenendo a vista un’estetica fatta di attimi di riflessione, piccoli dettagli, ma anche di movimenti d’insieme corali e stratificati.

lunedì 12 settembre 2016

Sun Trio: “Reborn” (CAM Jazz, 2016)

“Reborn” dà seguito alla discografia dei Sun Trio dopo l’apprezzato “In The Dreamworld” (CAM Jazz, 2014), e mette ulteriormente in evidenza le capacità e le peculiari qualità del trio finlandese, composto da Kalevi Louhivuori alla tromba, Antii Lötjönen al basso e Olavi Louhivuori alla batteria. Il loro è un percorso creativo basato su melodie sospese, costruite attorno a poche, ma essenziali, note, che descrivono scenari immaginari capaci di far viaggiare la mente in posti lontani e futuribili. In bilico tra ambientazioni acustiche ed elettroniche, il trio muove con misura verso momenti di assoluta visionarietà; dà soluzione a temi cantabili; resta consapevolmente lontano da immediati riferimenti di stile e forma. A condurre l’esplorazione è spesso la tromba di Louhivuori, il quale non si sottrare a situazioni dal carattere sperimentale, che a volte sembrano idee, lasciate in sospeso, per nuove eventualità di sviluppo creativo.

giovedì 1 settembre 2016

Jesper Bodilsen: “Acouspace Plus” [Family Music Production, 2016]

Lapo Gargani firma la copertina del nuovo lavoro di Jesper Bodilsen, contrabbassista danese che per l’occasione organizza un peculiare gruppo di lavoro con due sassofonisti, Claus Waidtløw e Joakim Milder, e Spejderrobot all’elettronica. Quest’ultima componente è posta in retroguardia, come fosse uno sfondo o un terreno comune sul quale costruire dialoghi, spesso anche a tre, che lentamente portano alle definizione di melodie capaci di trovare cantabilità, mai scontata né prevedibile, per modi e forme. Le atmosfere sono misurate e in bilico tra concretezza e trasparenza, tra note suonate in sequenze definite e idee accennate e lasciate fluttuare intenzionalmente in situazioni spazio-temporali senza punti predefiniti. Chiude il programma una particolarmente ispirata versione di Blue Monk.

mercoledì 31 agosto 2016

Giovanni Sanguineti Nextrio: “Gnothi Seauton” (Albóre Records, 2016)

Registrato presso lo studio Zerodieci di Genova, il 18 aprile 2016, “Gnothi Seauton” è il lavoro che il bassista Giovanni Sanguineti realizza in trio, con Mario Zora al pianoforte e Nicola Stranieri alla batteria, per la Albóre Records del produttore nipponico Satoshi Toyoda. Il titolo fa rifermento all’esortazione “conosci te stesso”, la massima religiosa greco antica iscritta nel tempio di Apollo a Delfi, ed è il nucleo concettuale attorno al quale Sanguineti ha costruito la scaletta di brani originali dell’album, fatta eccezione per l’adattamento della pucciniana Bohemien. Apre il programma una melodiosa ballad dal titolo Dawn, alla quale segue Drop Your Blinders, brano con un andamento ritmico più marcato e nel quale emerge il pianismo robusto quanto lirico di Zora, autentico faro del trio, capace di condurre le esposizioni tematiche o, all’occorrenza, di esplicare compiti ritmici con estrema flessibilità formale. Nell’insieme il lavoro si distingue per la coesione tra gli interpreti e per l’equilibrio espressivo, tra toni misurati e passaggi muscolari.

lunedì 29 agosto 2016

Luca Aquino & Jordanian National Orchestra: “Petra” [Talal Abu-Ghazaleh International Records, 2016]

Realizzato con il patrocinato dell’UNESCO, “Petra” è l’album che testimonia la performance dal vivo che Luca Aquino e la Jordanian National Orchestra hanno tenuto nel sito archeologico di Piccola Petra, in Giordania, nel 2015, di fronte a un ristretto numero di invitati, tra i quali la principessa Dana Firas. Si è trattato di un concerto speciale, in un luogo dai significati e dalle suggestioni particolari, come lo stesso Aquino ha sottolineato in un’intervista per La Repubblica: «Registrare un album in Giordania, tra i colori del deserto e i riverberi del sito archeologico, è stata un’esperienza mistica […] Lavorare con artisti di culture e nazionalità apparentemente lontane, ma unite dall’urgenza espressiva della musica, ha prodotto un sound che soffia luce dai minareti, sorvola la mia bella città natale (Benevento, NdR) e punta dritto a New Orleans». Una commistione tradotta in musica da un ensemble timbricamente peculiare, con tromba, percussioni, fiati, archi e fisarmonica, e che Aquino conduce attraverso melodie cantabili, ottenute attraverso un attento lavoro di scrittura e arrangiamento, svolto insieme a Sergio Casale. L’amplificazione strumentale è stata ridotta al minimo, in modo tale da ottenere un suono raccolto, naturale, quasi fosse in simbiosi con le qualità acustiche del sito.

martedì 9 agosto 2016

Donatello D’Attoma: “Shemà” (AlfaMusic, 2016)

“Shemà” contiene dieci brani che vedono protagonista Donatello D’Attoma, in alcuni insieme alla voce di Daniela Spalletta e in pianoforte solo nel resto del programma. Quella messa in mostra da D’Attoma è una vasta gamma di soluzioni espressive: inanella melodie cantabili; nelle esposizioni tematiche sa essere sia chiaro e leggibile quanto introverso e spigoloso; il suo pianismo, nell’insieme, evidenzia un ampio e sfaccettato background che abbraccia il modo classico quanto quello incline al blues e alla cultura afroamericana. Oltre ai temi originali sono rilette alcune composizioni di Charles Mingus, per il quale il pianista nutre profonda ammirazione, come si evince dalla note autografe nel booklet e dall’immagine di copertina, mentre la traccia conclusiva Via Turner, 27 è trattata elettronicamente da Stefano Quarta.

Ciro Riccardi: “Racconti in vinile” (AlfaMusic, 2016)

«I dischi in vinile, per tanti decenni, sono stati narratori di mondi: portavano nelle nostre case idee che nascevano dall’altra parte dell’Oceano, e rendevano meravigliose le musiche che nascevano a un passo da casa nostra […]. Come succede nei dischi in vinile, anche a me attraverso la musica piace raccontare delle storie, ognuna con una sua ambientazione, con i suoi personaggi e con le sue suggestioni, quasi a voler mettere nei miei lavori un poco di tutti quei dischi che ho consumato da adolescente, ed in cui continuo a rifugiarmi ogni volta che posso». Il trombettista Ciro Riccardi ci introduce così nel mondo del suo album “Racconti in vinile”, realizzato con diversi musicisti tra i quali segnaliamo Daniele Sepe e Peppe Servillo. In scaletta troviamo nove brani, ognuno con una propria ragione stilistica e formale, nei quali Riccardi dà fondo a una visione musicale ampia, probabilmente derivata dall’ascolto attento e ripetuto di tanti microsolchi. Il suo modo di condurre le melodie si rivela sempre in equilibrio con il resto degli arrangiamenti, sia nei passaggi confidenziali sia in quelli dal piglio ritmico marcato.