martedì 30 gennaio 2018

Franco D’Andrea Octet: “Intervals I” [Parco della Musica Records, 2018]


«La musica deve essere una cosa da condividere insieme, e poi ognuno racconterà la sua storia». Introduce così il suo nuovo lavoro Franco D’Andrea, intervistato da Stefano Zenni al Parco della Musica di Roma durante una “Lezione di Jazz” dedicata al pianista di Merano. Si tratta di un album che vede protagonisti i musicisti che hanno lavorato con D’Andrea negli ultimi anni - Andrea Ayassot ai sassofoni, Daniele D’Agaro al clarinetto, Mauro Ottolini al trombone, Aldo Mella al contrabbasso e Zeno De Rossi alla batteria - comprese alcune recenti conoscenze artistiche, come il DJ Luca Roccatagliati e il chitarrista Enrico Terragnoli. “Intervals I”, primo dei due volumi previsti riguardo questa produzione, è stato registrato dal vivo il 2 marzo 2017 ed è un lavoro basato sugli intervalli (distanza tra due note, NdR), su quegli spazi di manovra che D’Andrea propone al gruppo andando di volta in volta a sviluppare idee diverse, tra passaggi scritti e finestre d’improvvisazione. Nella musica dell’ottetto non ci sono sviluppi predefiniti, si tratta di un repertorio coordinato da D’Andrea, che dà degli input, melodici o ritmici, e poi lascia spazio agli altri interpreti di far “succedere” delle situazioni. Questo produce una continua sensazione di sorpresa, che accompagna l’ascolto per le otto composizioni proposte. L’estetica d’insieme abbraccia il vasto background del leader, dalla tradizione jazzistica, passando per l’Africa, le movenze monkiane, alla contemporaneità, senza tradire mai un concetto di aggregazione sonora che ruota attorno a un tema, solitamente semplice, ma che poi si dirama in mille direzioni. Terragnoli e Roccatagliati hanno assimilato in fretta le idee della “famiglia musicale” di D’Andrea, e sono l’anello di congiunzione tra l’aspetto acustico e l’anima elettrica ed elettronica che contraddistingue l’ensemble. L’artwork del CD è curato da Carlos Tomas Lora Acosta.

lunedì 29 gennaio 2018

Django Bates Belovèd: “The Study Of Touch” [ECM, 2017]

“The Study Of Touch” è il terzo album del trio Belovèd capitanato da Django Bates al pianoforte, anche in questa occasione affiancato dai musicisti conosciuti durante il corso d’insegnamento alla Copenhagen Rhythmic Music Academy nel 2005: il bassista Petter Eldh e il batterista Peter Bruun. Il lavoro, registrato ai Rainbow Studio di Oslo con la supervisione di Manfred Eicher, si sviluppa attraverso undici tracce, perlopiù originali firmati dal leader, dalle quali emerge un suono di piano trio dalle diverse sfaccettature: sinistro e timbricamente scolpito in Slippage Street; elegiaco in passaggi misurati come Little Petherick; frammentario e angoloso in We Are Not Lost, We Are Simply Finding Our Way; avventuroso nello “swing alternativo” dell’omaggio a Charlie Parker di Passport. Il trio è una realtà ben coesa, ed è lo stesso Bates, attraverso una nota stampa, a spiegare la loro filosofia di suono: «Scrivo musica nei dettagli, e ho in mente il suo che vorrei ottenere, I ragazzi aggiungono a questo altri livelli di suono, portando la loro personalità nella mia musica, che poi decolla davvero…».
                                     

venerdì 19 gennaio 2018

Stefano Travaglini: “Ellipse” [Notami Jazz, 2017]


Risultato di un’ora di improvvisazione “Ellipse” è l’album in pianoforte solo di Stefano Travaglini, per l’occasione ripreso al Rainbow Studio di Oslo dall’ingegnere Jan Erik Kongshaug. Si tratta di un flusso sonoro, al quale non sono stati apportati lavori di editing, dalle diverse sfaccettature, dove si incontrano temi e citazioni, tangenti e linee melodiche che sono ora esili, poi austere, rigide, ma anche flessuose, morbide e cariche di luce espressiva. Nel pianismo di Travaglini ci sono tracce di avanguardia, c’è sia la tradizione colta europea sia il jazz “angolare” di Monk, e la sensazione, nell’ascolto d’insieme, è quella di un viaggio nel quale ogni fermata viene piacevolmente smentita dalla successiva.

                                           

Sergio Armaroli Quintet with Billy Lester: “To Play Standard(s) Amnesia” [Dodicilune, 2017]


In questa nuova incisione per Dodicilune, il vibrafonista Sergio Armaroli organizza un quintetto con il pianista Billy Lester e completato da Marcello Testa al contrabbasso, Claudio Guido al sassofono e Nicola Stranieri alla batteria. Come il titolo lascia intendere in scaletta troviamo una risma di standard, da Body And Soul a Just Friend o Autumn Leaves, interpretati con piglio personale anche se mai contraddittorio rispetto alle linee tematiche originali. Armaroli, artista spesso alle prese con situazioni dal carattere sperimentale e avanguardistico, ci racconta i motivi di questa immersione nella trazione del jazz mainstream: «Si tratta quasi di un “esercizio spirituale”, se vogliamo, una necessità di rigore, di dialogo, all’interno di una forma e di una tradizione che intendo, personalmente, come deviazione rispetto al mio background più sperimentale. Una dialettica, in fondo, in quello che chiamo e pratico come approccio post-ideologico: cioè una libertà consapevole e critica che non guarda alle convenienze, e rispetto alle mode preferisce la coerenza interiore. Se il jazz è dialogo, lo è anche e soprattutto in rapporto al passato nel rispetto dell’identità e della storia dei musicisti con cui collaboro. Questo è importantissimo: si parla la lingua di chi si ha di fronte, con umiltà e con interesse». Ne scaturisce un lavoro dal profondo scavo espressivo, dove si avverte, netto, il feeling tra la band e un repertorio di intramontabile fascino. A risaltare, spesso, è il pianismo di Lester: opaco nei passaggi di maggiore introspezione; chiaro e guizzante quando è il caso di scolpire melodie; intimo e misurato in certi dialoghi con il vibrafono di Armaroli.
                                       

martedì 16 gennaio 2018

Fratello Joseph Bassi with Domenico Sanna e Max Ionata: “Ciao… Amore” [Albore. 2017]


Registrate presso il Groovefarm Studio di Roma nell’ottobre 2015, le nove tracce di “Ciao… amore” sono, nelle parole di Giuseppe Bassi, «[…] un richiamo allo spirito dell’amore, in un momento in cui sembra essere abbandonato». Un sentimento che il bassista esprime in musica, insieme a Max Ionata al tenore e Domenico Sanna al pianoforte, attraverso un’estetica costruita con estremo equilibrio formale e con un modo di sottrazione che rasenta l’essenzialità. I suoni del trio non si aggrovigliano, ma muovono in spazi sempre nuovi dove scavano profondi solchi espressivi. Tempi moderati e temi cantabili per un insieme che rimanda l’idea di un mosaico, fatto di tessere millimetriche, tanto spontaneo quanto pensato nel dettaglio. Le foto di copertina è di Giuseppe Bassi.

venerdì 12 gennaio 2018

Antonio Ragosta: “Dall’infinito al mondo” [Glider Media Group Ltd, 2017]



“Dall’infinito al mondo” dà seguito alla discografia nelle vesti di leader di Antonio Ragosta, dopo l’apprezzato “Il mare e l’incanto a Roma est” del 2013. Il chitarrista e polistrumentista napoletano, di stanza nella capitale, ha nel frattempo arricchito il proprio bagaglio artistico, che riversa nelle tracce di questo nuovo lavoro, nel quale si incontrano diverse correnti stilistiche. Oltre al jazz, qui inteso come feeling strumentale ed espressivo, si avverto echi mediterranei, blues e riferimenti al rock. In scaletta, oltre agli originali, troviamo anche Anime salve, di Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati, e Femme Fatale, di Lou Reed, brani che esaltano le doti melodiche di Ragosta, capace sia di passaggi fatti di brevi accenni sia di situazioni timbricamente più ruvide. La voce di Teresa Matrone, ospite in alcuni brani, amplia l’orizzonte estetico di un album pensato e curato nel dettaglio.

                                         

sabato 6 gennaio 2018

Jano: “The Place Between Things” [Via Veneto Jazz, 2017]



“The Place Between Things” è per gli Jano, che in questo nuovo album si presentano in formazione rinnovata a settetto, uno snodo cruciale del proprio percorso artistico, sia per l’ampliamento dell’ensemble sia per la proposta musicale che si è fatta maggiormente incentrata sugli aspetti melodici e sulla cantabilità dei temi. È la voce di Alessia Martegani, e dell’ospite Linda Valori nel brano Hurry Up, With Pain, Henry, a catalizzare l’ascolto grazie al suo approccio mutevole, capace di spaziare dal mainstream a situazioni dal piglio contemporaneo. In scaletta troviamo originali scritti dal pianista Emiliano D’Auria, il quale organizza strutture timbriche flessibili, con fiati, batteria, basso elettrico ed effetti, che si materializzano in un territorio di mezzo tra atmosfere acustiche e sonorità elettriche ed elettroniche.


venerdì 5 gennaio 2018

Dino Rubino: “Where Is The Happiness?” [Tǔk Music, 2017]


Con “Where Is The Happiness?” Dino Rubino rinnova la collaborazione con la Tǔk Music di Paolo Fresu, per la quale ha già pubblicato tre album. In questo nuovo capitolo Rubino (pianoforte e flicorno) si avvale della presenza di Emanuele Cisi (tenore) e dei già artisticamente frequentati Angelo Bonaccorso (corno), Gaetano Cristofaro (clarinetto basso), Giuseppe Mirabella (chitarra), Paolino Dalla Porta (contrabbasso) e Adam Nussbaum (batteria). Quello che si ascolta è un lavoro concettuale, basato sulla ricerca della felicità che ognuno può rintracciare in maniera personale, tradotto da una musica che ha nel suo nucleo estetico la cantabilità delle melodie, che risultano spesso solari, liriche, anche se non mancano alcuni passi introspettivi, come accade in Etna. All’interno del booklet troviamo undici poesie scritte da Rubino, ognuna abbinata a un brano, mentre l’artwork è curato dell’illustratrice polacca Joanna Gniady.

                                           

mercoledì 3 gennaio 2018

Tommaso – Marcotulli – Paternesi Trio: “Around Gershwin” [Parco della Musica Records, 2017]

Il repertorio di questo lavoro non è del tutto incentrato sulle composizioni di George Gershwin, come il titolo potrebbe lasciare intendere, ma si basa principalmente su pagine originali scritte da Giovanni Tommaso (contrabbasso), per l’occasione in compagnia di Rita Marcoltulli (pianoforte) e Alessandro Paternesi (batteria). A colpire è l’equilibrio di arrangiamento che Tommaso ottiene tra i suoi spartiti e quelli del compositore americano, alcuni dei quali molto celebri come l’iniziale But Not For Me, per un insieme che respira in maniera univoca, producendo una contemporaneità espressiva peculiare e di estremo valore artistico. Momenti intimi e introspettivi, come in Wintertime, danno soluzione a situazioni dal maggiore piglio ritmico, nelle quali Paternesi si rivela sia come funzionale ingranaggio sia come elemento espressivo pronto nel cogliere i cambiamenti di direzione suggeriti da Tommaso e Marcotulli.