venerdì 17 maggio 2013

Sorrow: “Dreamstone” (Monotreme, 2013)

Dopo una serie di interessanti EP, prodotti negli ultimi due anni, per Sorrow è arrivato l’atteso momento del debutto sulla distanza che conta. “Dreamstone” esce per Monotreme, e contiene undici brani dove l’artista inglese mette a reagire nel suo pentolone diverse matrici stilistiche, dalla bossa all’ambient, dal dubstep all’house più leggera e sognante. Un’ibridazione ottenuta grazie al lento accatastamento di piani sonori, che vanno a formare figure in divenire dove entrano voci sussurrate – come quella dell’ospite CoMa -, beats e accostamenti timbrici sempre coerenti alla visione d’insieme del progetto. Ne viene fuori un lungo flusso sonoro, che coinvolge e circonda l’ascoltatore in maniera discreta ma inevitabile, in una sorta di abbandono temporale, che conosce, a volte, situazioni ballabili. Disponibile anche in vinile da 180g.

https://www.facebook.com/sorrowgarage

Suonocaustica: “Aprile” (Soundiva Music, 2013)

“Aprile” è il primo lavoro sulla lunga distanza per i Suonocaustica, gruppo bergamasco che nel corso degli anni ha conosciuto diversi cambi di line up e percorso un sentiero stilistico che li ha portati fino all’attuale ibridazione di melodie e ritmi di stampo britannico. Il loro è un pop-rock cantato in italiano, che trova alcuni momenti coinvolgenti, come quelli espressi da “Per sempre” – classico singolo dal ritornello appiccicoso e dall’innesco ritmico dance oriented -, passaggi più pensosi e riflessivi, come nell’introduzione di “Particelle”, situazioni dove il dosaggio rock assume forme più consistenti. Nel complesso si tratta di un album pensato nel dettaglio e suonato con un aproccio strumentale deciso, ma non vi è traccia di originalità espressiva, di carattere, di soluzioni meritevoli di particolari attenzione. Per costruire l’eventuale futuro ci sarà bisogno di altri ingredienti.

http://www.suonocaustica.it/web/

giovedì 16 maggio 2013

Slow Earth: Latitude and 023 (EP Autoprodotto, 2013)

Per gli Slow Earth si tratta di un EP di debutto che lascia intravedere alcuni motivi d’interesse, anche se le tracce contenute nella mezzora di “Latitude and 023” non convincono del tutto sotto il profilo dell’originalità. Questo perché fin dall’apertura affidata a “Identify” sembra troppo evidente l’accostamento ai primi Placebo, poi ribadito in altri passaggi, come in “Change Nothing”. Somiglianze con la band di Molko si intravedono nella costruzione dei ritornelli, negli inneschi ritmici e soprattutto nei timbri utilizzati per tessere una rete pop-rock a volte ammiccante, e in altre situazioni leggermente virata di malinconia. Oltre a farsi notare per l’artwork, firmato dallo studio del leggendario Storm Thorgerson, questo lavoro non lascia grandi segni del suo passaggio. Attendiamo gli Slow Earth alla prova sulla lunga distanza.

http://www.slowearth.se/

lunedì 13 maggio 2013

Massimo Zamboni e Angela Baraldi: “Un'infinita compressione precede lo scoppio” (URP, 2013)

Si erano già incrociati i destini di Massimo Zamboni e Angela Baraldi, come nel recente “Solo una terapia: dai CCCP all’estinzione”, il live-album con il quale l’ex componente dei CCCP ha riportato alla luce il percorso intrapreso molti anni fa con la band di Giovanni Lindo Ferretti, di cui è stato per anni ingranaggio fondamentale. Quello con la Baraldi è un incontro speciale, che secondo Zamboni: «Non è stata una scelta, nel senso che non c’è stato un casting, non faccio mai i conti a tavolino. Con Angela avevo già collaborato, e ci siamo piaciuti. Ho fiuto per le persone, ho sensibilità, non ho bisogno di esami».

L’idea di un progetto in studio era da qualche periodo nei pensieri dei due, ed oggi ha preso forma nelle undici tracce dell’album “Un'infinita compressione precede lo scoppio”, con il quale Zamboni ribadisce un feeling speciale con la scrittura e con l’assemblamento degli elementi sonori, che da una parte rinvigoriscono la fiamma del passato mai del tutto spenta, e dall’altra rimandano l’idea di modernità espressiva, fedele a sé stessa ma al contempo pronta al cambiamento eventuale.

Fattori che emergono fin dal brano d’apertura “Vorremmo esserci”, dove la Baraldi dà fondo alla sua forza comunicativa, con un approccio vocale capace di flettere da timbri scuri e opachi ad aperture melodiche coinvolgenti. Melodie lineari che segnano anche la successiva “Che farai”, dove si intrecciano chitarre ed effetti, e nella quale a colpire nel segno è la qualità testuale di un brano perfettamente in equilibrio con un andamento vagamante easy. La situazione si fa più aggressiva in “Lamenti”, griffata dal basso di Gianni Maroccolo, e diventa spigolosa in “Fallimetare”, dove affiora il coro sostenuto da Giorgio Canali, in un percorso che conosce con “In rotta” le coordinate del punk di un’Emilia sempre e comunque dal carattere paranoico. È la terra sonora di Zamboni, è una precisa identità che ritorna in mente, senza mai venire a noia, in un’ulteriore prova di forza espressiva, che nel brano “Nel cuore della notte” raggiunge vertici di semplicità ed efficacia, dramma e passione.

http://www.massimozamboni.it

domenica 5 maggio 2013

Dino & Franco Piana Septet: Seven (Alfa Music, 2012)

Franco Piana stava attraversando un periodo di grande ispirazione nel momento in cui questo capolavoro è stato messo su carta e poi realizzato: «Ho iniziato a scrivere la musica di “Seven” pensando innanzitutto alla parte melodica, lasciandomi influenzare dall’affetto e dall’amore che nutro per la mia famiglia». Come d’altra parte deve essere stata decisiva la spinta e la convinzione di suo padre Dino: «Appena ho letto la musica gli ho detto che il materiale era da mettere su disco, perché si trattava di un qualcosa d’importante». Il resto lo hanno fatto gli altri musicisti chiamati in causa - Fabrizio Bosso ed Enrico Rava alla tromba; Max Ionata ai sax; Enrico Pieranunzi e Luca Mannutza al pianoforte; Giuseppe Bassi al contrabbasso; Roberto Gatto alla batteria -; la professionalità dei tecnici e dei produttori di Alfamusic; e la magia che ha attraversato queste session di registrazione.

Si tratta di un lavoro destinato a rimanere per lungo tempo tra i preferiti degli appassionati di jazz italiani e non - al punto che sono stati in molti a considerarlo un classico già subito dopo la pubblicazione –, perché la musica che contiene coniuga in un verbo di grande modernità la tradizione jazzistica, qui intesa come qualità sia della musica scritta sia delle parti improvvisate, interplay millimetrico, grande propensiene a realizzare un suono d’insime capace però di far risaltare anche le doti soliste, e dosaggi pressoché perfetti di timbri, ritmi e melodie. La scaletta si apre con la suite in quattro movimenti intitolata “Open Dialogues”, dove possiamo intercettare le splendide introduzioni in solo di Pieranunzi (sul primo e terzo movimento), il respiro melodico del settetto che rimanda all’idea d’arrangiamento di una piccola big band, e alcuni soli, come quello al trombone a pistoni di Dino Piana, di grande fantasia e cantabilità. In “Your Smile” ad emergere è l’anima blues e chiaroscurale di questo progetto, mentre in “Eighty and One” è la forza di Ionata e Bosso ad essere messa in evidenza grazie a uno svolgimento ritmico su tempi rapidi e scambi serrati tra gli interpreti. Album di grande eleganza, capace di mettere tutti d’accordo sulla sua valenza, e nel quale si intrecciano citazioni, momenti di grande intimità, come in “Sunlight”, e fuori programma che non ti aspetti, come i sapori latin serviti nell’ultima traccia “Step by Step”.

Elenco dei brani: 1. Open Dialogues: I Movimento; 2. II Movimento; 3. III Movimento; 4. IV Movimento; 5. Your Smile; 6. Eighty and One; 7. Dark Eyes; 8. Asimmetrico; 9. Sunlight; 10. Step by Step.