lunedì 23 maggio 2016

Roberto Magris: “Need To Bring Out Love! (JMood Records, 2016)

«Ho voluto intitolare questo nuovo CD “Need To Bring Out Love” per esprimere e far focalizzare l’ascoltatore, almeno per un attimo, sul bisogno di tirar fuori un po’ d’amore in questo periodo difficile in cui i principali argomenti proposti dai media sono il terrorismo, la violenza e i conflitti razziali». Il pianista Roberto Magris introduce così il nuovo lavoro in trio, con Dominique Sanders al contrabbasso e Brian Steever alla batteria, al quale prendono parte anche le voci ospiti di Monique Danielle e Julia Haile. La sua cifra stilistica fa riferimento al mainstream jazz, nell’accezione più elegante del termine, nel quale si fonde la tradizione jazzistica, il blues e le dinamiche del piano trio, e dove ogni interprete ha modo di esprimere la propria idea in un ambito regolato dall’equilibrata occupazione degli spazi sonori. Magris è un pianista che ama la cantabilità dei temi, e anche in questo episodio evidenzia questa sua caratteristica, accentuata, nell’ascolto d’insieme, dalla presenza delle cantanti ospiti, che rendono nei passaggi a ritmo lento, come I Want To Talk About You, atmosfere old fashioned dal grande impatto emozionale. In scaletta non mancano momenti dal tratto ritmico più marcato, nei quali il trio mostra duttilità e unione d’intenti.

Theo Allegretti: “Memorie del principio” [Dodicilune, 2016]

Il lavoro in pianoforte solo, e pianoforte preparato, di Theo Allegretti si compone di nove brani che rappresentano un viaggio attraverso i primordi del pensiero filosofico, ognuno con una determinata atmosfera che rimanda alle idee espresse in passato da figure storiche come Orfeo o Talete. Concetto che il pianista traduce in musica con un approccio mai prevedibile, che lo porta a esplorare situazioni improvvisate, momenti con esposizioni tematiche cantabili, melodie evocative o passaggi privi di immediati riferimenti di forma e stile. Lui stesso, nelle note riportate nel booklet del CD prova a definire la sua espressività come “ambient-jazz”, una sorta di luogo musicale dove si incontrano rigore e fantasia, brevi accenni sonori, intimi e introspettivi, e attimi dal maggiore impatto emozionale.

sabato 21 maggio 2016

Hobby Horse: “Rocketdine” [Parco della Musica Records, 2016]

Il trio Hobby Horse, composto da Dan Kinzelman ai fiati, tastiere, percussioni e voce, Joe Rehmer al contrabasso e Stefano Tamborrino alla batteria, si conferma con “Rocketdine” (Parco della Musica Records, 2016) come una delle realtà più interessanti e originali del panorama jazzistico italiano. Questo perché la loro cifra espressiva sfugge a un immediato incasellamento stilistico, grazie a un modo di operare che spazia da situazioni cameristiche a innesti rock oriented, dalla psichedelia a passaggi visionari tendenti all’emisfero zappiano. In scaletta si alternano linee melodiche cantabili e strappi riconducibili alle pratiche del free jazz, in una rigorosa fantasia d’insieme, energica e disorientante, che non conosce momenti di stallo.

giovedì 19 maggio 2016

Franco D’Andrea Electric Tree: “Trio Music Vol. I” [2CD, Parco della Musica Records, 2016]

Il Franco D’Andrea Trio Music è un progetto pensato dalla Parco della Musica Records, in collaborazione con LBL, che si compone di tre dischi, che vedono il pianista di Merano impegnato in tre differenti esperienze in trio. Insieme a D’Andrea troviamo in questo primo volume Luca Roccatagliati, aka DJ Rocca, all’elettronica e Andrea Ayassot al sax alto e al soprano, per due CD nei quali regna la voglia di sperimentazione, sia dal punto di vista timbrico e formale, sia espressivo. Ne deriva un approccio alla materia sonora rischioso e libero da preconcetti, che prende vita da alcune passioni comuni per andare poi verso direzioni nuove e inedite, che DJ Rocca ha così descritto in un’intervista rilasciata a Jazzit: «Quando con Franco parlavamo ancora in forma teorica del progetto, abbiamo trovato un’idea comune della cosa pensando al Miles Davis di “Bitches Brew”, come approccio, naturalmente, non come suono, o utilizzo degli strumenti. Improvvisazioni, e dove si arriva si arriva, senza porsi limiti, senza tarpare le ali a nessuno, anzi, sollecitandoci l’un con l’altro. Tutto questo per rendere chiaro che ogni nostro brano è una vera e propria session, con brani di dieci o quindi minuti, o anche medley di due brani fusi l’uno nell’altro». Mosaico che si completa con la basilare tessera rappresentata da Ayassot, elemento pronto nel recepire e rilanciare idee melodiche o suoni isolati, nel trasformare temi e rifinire l’ampiezza timbrica del trio. Attraverso questa nuova realtà D’Andrea conferma la sua infinita curiosità artistica, che lo porta a mettersi in gioco in contesti mai prevedibili.

sabato 14 maggio 2016

Lello Petrarca Trio: “Musical Stories” [Dodicilune, 2016]

Nove brani in quarantacinque minuti compongono la scaletta di “Musical Stories”, l’album che il pianista Lello Petrarca firma con il suo trio completato da Vincenzo Faraldo al contrabbasso e Adolfo Fucile alla batteria. Fatta eccezione per Roma nun fa’ la stupida stasera, di Armando Trovajoli, si tratta di soli originali firmati dal leader, il quale pone al centro della sua scrittura l’amore per le melodie cantabili, costruite anche attraverso la rielaborazione di temi provenienti dal mondo classico. Elemento che emerge netto nella malinconica La romantica di Chopin, e che viene smentito, in un’equilibrata alternanza di atmosfere, nella successiva For Dora, traccia muscolare e dall’approccio deciso. Nel suo insieme il lavoro, come il titolo lascia intendere, si pone come obiettivo quello di raccontare all’ascoltatore delle “storie musicali”, interpretabili a seconda dei punti di vista e degli umori, ma esposte con logica e creatività, rigore e sprazzi d’improvvisazione.

Pierluigi Balducci – Viz Maurogiovanni: “Cinema Vol. 1” [Dodicilune, 2016]

Come il titolo lascia intendere si tratta di un lavoro svolto su musiche di colonne sonore cinematografiche, scelte e reinterpretate da un inedito duo di bassisti, alle prese con strumenti sia elettrici sia acustici, composto da Pierluigi Balducci e Vincenzo “Viz” Maurogiovanni. L’album trova la sua originalità nell’aspetto timbrico, attraverso il quale i due protagonisti rendono celebri temi dalle pagine scritte da Ennio Morricone, John Williams, Michel Colombier e altri ancora, con l’aggiunta di un paio di tracce autografe amalgamate al contesto. Al centro degli sviluppi espressivi troviamo le melodie dei temi presi in considerazione, che Balducci e Maurogiovanni piegano, tra improvvisazioni e rigore, verso la propria visione attraverso il reciproco ascolto e il pieno rispetto degli spazi e dei tempi, in un equilibrio formale che lascia intendere una profonda unione d’intenti. I due si alternano nei ruoli ritmici e di esposizione tematica, e ospitano Fulvio Palese al soprano in The From Giordano Bruno, in un insieme dal suono compatto e aderente a una peculiare estetica. In copertina la riproduzione di una foto firmata Vasilis Protopapas.

Gerardo Nuñez – Ulf Wakenius: “Logos” [ACT, 2016]

La presenza da molti anni nel catalogo della ACT Records del chitarrista Gerardo Nuñez conferma l’amore di Siggi Loch, produttore e fondatore della ACT Records, per le musiche provenienti dallo scenario latino. La chitarra flamenco di Nuñez è al centro delle tematiche sviluppate nell’album “Logos”, al quale prende parte anche Ulf Wakenius, chitarrista svedese che rende al meglio i ruoli di controparte melodica e alternativa espressiva dei nove brani in scaletta, quasi tutti firmati dallo spagnolo. I due virtuosi mettono insieme un dialogo melodico dove la cantabilità dei temi gioca un ruolo decisivo nel territorio espressivo dell’intero album, nel quale subentrano anche percussioni, battito di mani e la voce di Cancun nel brano Sevilla. La cover art è curata da Gert e Uwe Tobias.

Paolo Fresu – Richard Galliano – Jan Lundgren: “Mare Nostrum II” [ACT, 2016]

«Tra le uscite più importanti di quest’anno c’è “Mare Nostrum II”, l’album firmato dal trio stellare composto da Paolo Fresu alla tromba, Richard Galliano alla fisarmonica e Jan Lundgren al pianoforte». Le parole di Siggi Loch, produttore e fondatore della ACT Records, sono difficili da smentire, dal momento che il trio in questione sviluppa dodici tracce, quasi tutte prese dai rispettivi repertori, che emanano un forte senso di poetico equilibrio di suoni, timbri, intenzioni ed espressioni. Al centro delle forme di questa musica troviamo le melodie, sempre cantabili e tendenzialmente malinconiche, costruite dal trio attraverso l’attenzione al reciproco ascolto. Ogni interprete ha modo di porsi in primo piano: Fresu mostra la consueta sensibilità tra silenzi e note tenute a lungo; Lundgren emerge con un pianismo colmo di rimandi classici, che sanno però “sporcarsi” di jazz nei momenti in cui è chiamato a intraprendere vie d’improvvisazione; la fisarmonica di Galliano, in alcuni passaggi al bandoneon, dona una particolare sfumatura timbrica all’intero lavoro. In copertina troviamo la riproduzione dell’opera “Blue Mountain” di Federico Herrero.

lunedì 9 maggio 2016

Stefano Coppari: “Eureka” [Auand, 2016]

C’è l’amore per le melodie cantabili al centro dei dieci brani di “Eureka”, l’album che il chitarrista Stefano Coppari firma per Auand Records, con la collaborazione di Claudio Filippini al pianoforte, Gianludovico Carmenati al contrabbasso e Ananda Gari alla batteria. Quartetto al quale si aggiungono gli ospiti Emanuele Evangelista al Fender Rhodes e Giacomo Uncini alla tromba, per un insieme dall’ampio orizzonte timbrico, dove non è sempre in primo piano la chitarra del leader, il quale, all’interno di una scrittura agile e d’immediata comprensione, lascia spazi di manovra agli altri interpreti. Coppari, attraverso una nota stampa, descrive così l’obiettivo di questo lavoro: «È un grido di gioia e soddisfazione per la soluzione di un problema. Nel mio caso, la soluzione è il disco, il prodotto finale: “Eureka” è il risultato della mia ricerca quotidiana nella musica e nello strumento, esaltata dalla collaborazione con straordinari musicisti». Oltre ai brani originali, nati dopo un viaggio di Coppari in Croazia e Bosnia, tra i quali si rintracciano ballate, movimenti muscolari e situazioni dalle sonorità tendenti al mondo orientale, troviamo la rivisitazione di Heaven dei Depeche Mode, brano che racchiude un ispirato solo di chitarra e che si rivela come terreno ideale per esaltare le profonde capacità melodiche dei musicisti coinvolti.

Foursome: “Smut! Clock! Spot!” [Auand, 2016]

A tre anni dal precedente “Guuguubarra” (Sopratoni, 2013) il quartetto Foursome arriva alla pubblicazione del secondo album, il primo targato Auand Records, dal titolo “Smut! Clock! Spot!”. Line up confermata con Giulio Stermieri all’organo Hammond, Simone Copellini alla tromba, Federico Pierantoni al trombone e Riccardo Frisari alla batteria, per un insieme timbrico molto personale, al quale si aggiungono, in alcuni brani, gli ospiti Gaia Mattiuzzi alla voce e Cristiano Arcelli al sax alto. Attraverso una nota stampa, Giulio Stermieri descrive così il processo di registrazione di questo lavoro: «La possibilità di registrare su nastro ci ha indotto ad andare in studio già con l’intenzione di eseguire un numero molto limitato di take per ciascun brano. A parte la riduzione dei tempi di lavoro, credo che il risultato sia stato anche una maggiore freschezza delle idee, soprattutto dal punto di vista improvvisativo». Ne derivano nove tracce originali, tranne la rivisitazione di Schliesse mir die Augen Beide di Alban Berg, nelle quali il quartetto dà fondo alla propria libertà creativa, in un contesto dove regnano l’imprevedibilità espressiva, l’improvvisazione formale e un approccio alla materia sonora, plasmata in divenire, che non trova immediati termini di paragone. Momenti percussivi, free jazz, linee melodiche cantabili, mainstream, venature bandistiche e altro ancora, si susseguono in un territorio musicale dove parti d’insieme e slanci solisti trovano un equilibrato intreccio di significati estetici.

Walter Beltrami Panic Trio: “Felix’ Jump” [Auand, 2016]

Il Panic Trio del chitarrista Walter Beltrami, completato da Danilo Gallo al basso e Stefano Tamborrino alla batteria, si è dato appuntamento all’Estudio Uno di Madrid nell’aprile 2015 per dare forma all’album “Felix’ Jump”, licenziato da Auand Records. Per l’occasione Beltrami si è ispirato al salto nel vuoto, compiuto dallo spazio a circa quarantunomila metri di distanza dalla Terra, di Felix Baumgartner, realizzando una serie di tracce originali, alle quali si aggiunge la rivisitazione di un movimento della “Sagra della Primavera” di Igor Stravinskij, dove emerge una musica carica di energia e adrenalina. Fattori che si concretizzano sia per il piglio dinamico del leader, ma anche grazie a musicisti come Gallo e Tamborrino abituati a contesti dal carattere deciso, dove ogni intervento si fa carico di un fattore di rischio, perché espresso senza mezzi termini e sottintesi. La cubatura timbrica dell’intero album è costruita attraverso tratti netti e suoni ben definiti, e la chitarra di Beltrami è centrale negli sviluppi tematici dei brani, sia nelle parentesi più introspettive, vedi l’iniziale Jeopardy, sia nei passaggi intrigati, come avviene in Boptimistic, brano dove il trio dà prova di fantasia, amore per l’improvvisazione espressiva e per il rischio formale. Dall’ascolto d’insieme emergono anche lineamenti rock, principalmente dovuti al suono ruvido di Beltrami e a quel suo modo di interpretare le melodie con la giusta dosa d’aggressività, come in The Touch.

Julien Pontvianne – Lauren Kinsella – Hannah Marshall – Francesco Diodati – Alexandre Herer – Matteo Bortone: “Abhra” [Auand, 2016]

Undici tracce composte da Julien Pontvianne, con testi ricavati dal diario del filosofo e poeta Henry David Thoreau, formano la scaletta di “Abhra”, parola che in sanscrito indica l’atmosfera o il vuoto. È da questo concetto che prendono spunto i sei musicisti coinvolti nel progetto, che fanno riferimento al collettivo francese Onze Heures Onze, al centro del quale troviamo la voce di Lauren Kinsella, dal timbro delicato, etereo, al limite della trasparenza, sotto la quale è costruita una tessitura sonora altrettanto impalpabile, attraverso l’utilizzo di chitarra elettrica, violoncello, fiati, tastiere, pianoforte e contrabbasso. Ne deriva un insieme sempre coerente a una determinata estetica di base, che rimanda alle dinamiche dell’ambient music ed è caratterizzata dalla lenta sovrapposizione dei piani sonori, prossimi alla staticità. In alcuni momenti, come in Sun And Around, predomina il silenzio, spezzato da solo da alcune note di chitarra, in un insieme timbricamente cesellato. La voce di Kinsella, che sussurra e recita parole, serve da punto di raccordo verso significati che altrimenti si perderebbero nel nulla, nell’immagine di “vuoto infinito” che l’album lascia intendere.

martedì 3 maggio 2016

Michael Formanek Ensemble Kolossus: “The Distance” [ECM, 2016]

Il bassista e compositore Michael Formarek organizza la sua Ensemble Kolossus, una big band composta da diciotto elementi, partendo dall’idea di realizzare temi capaci di mettere in risalto le qualità dei solisti a disposizione, perlopiù reclutati nell’attuale scena jazzistica newyorkese, tra i quali segnaliamo Ralph Alessi, Chris Speed, Tim Berne e Mary Halvorson. A condurre l’orchestra è Mark Helias, mentre la scaletta di “The Distance”, con tutte le tracce scritte e arrangiate da Formanek, è quasi per intero occupata dalla suite Exoskeleton, divisa in otto parti. A risaltare è la flessibilità ritmica dell’ensemble e l’ampiezza timbrica dei temi proposti, spesso caratterizzati da movimenti lenti e pensosi, con lunghe introduzioni e passaggi dove ai rigorosi movimenti d’insieme si alternano fantasiosi slanci solisti dal carattere free. Formanek cerca di attualizzare la tradizione del jazz orchestrale attraverso l’impiego di musicisti ispirati e pronti nel condurre con personalità i primi piani espressivi, come nel caso della chitarrista Mary Halvorson, protagonista di un solo ruvido e distorto in Without Regrets. C’è spazio anche per l’improvvisazione totale, come avviene in Shucking While Jiving, in un album dalla complicata collocazione stilistica, proprio perché vario e strutturato in maniera complessa quanto fluida e lineare. Il lavoro è stato registrato al Systems Two di Brooklyn, mentre per l’immagine di copertina è stata scelta una foto di Grazia Cantoni.

Vijay Iyer – Wadada Leo Smith: “A Cosmic Rhythm With Each Stroke” [ECM, 2016]

«Un amico, un eroe e un insegnante». Con queste parole riportate nel booklet del CD il pianista Vijay Iyer descrive il rapporto che lo lega a Wadada Leo Smith, trombettista con il quale condivide questo lavoro in duo, registrato agli Avatar Studios di New York nell’ottobre 2015. “A Cosmic Rhythm With Each Stroke” si ispira alla figura di Nasreen Mohamedi e nasce da una commissione del Metropolitan Museum of Art di New York, nell’ambito di una mostra dedicata all’artista visuale indiana. In scaletta, oltre alla suite che dà il titolo all’album, divisa in sette tracce e firmata da entrambi i musicisti, troviamo l’iniziale Passage, di Iyer, e la conclusiva Marian Anderson, che Smith dedica alla contralto mancata nell’aprile del 1993. L’album si basa sul dialogo d’improvvisazione tra il pianoforte di Iyer, che implementa la sua performance con inserti elettronici e l’utilizzo del Fender Rhodes, e la tromba di Smith, protagonista dei primi piani espressivi dei temi proposti. Smith è ispirato e meditativo, e il suo apporto al progetto è spesso caratterizzato da momenti di pausa che intervallano note lunghe e sofferte. Iyer mette in pratica la sua consueta duttilità, proponendo tessiture ritmiche per il compagno di viaggio e mettendo in luce un modo di operare che sa essere sia essenziale, quasi invisibile, sia melodicamente concreto. L’insieme è avvolto da un alone di equilibrato astrattismo, spezzato da tracce come A Cold Fire, dove il dialogo tra i protagonisti si fa aspro e contrastante.

Ralph Alessi: “Quiver” [ECM, 2016]

Registrato al Rainbow Studio di Oslo nel settembre 2014, “Quiver” è il secondo album che Ralph Alessi firma per la ECM di Manfred Eicher, dopo l’apprezzato “Baida” del 2013. Al fianco del trombettista di San Francisco, che firma tutti i dieci brani in scaletta, troviamo Gary Versace al pianoforte, Drew Gress al contrabbasso e Nasheet Waits alla batteria. Quella che si ascolta è una musica dove predomina l’elemento melodico, quasi sempre sviluppato dal leader, il quale pone il suono della tromba al vertice della cifra espressiva del quartetto, anche se non mancano alcune parentesi soliste lasciate aperte per gli interventi di Versace, come in Smooth Descent, brano dove si può ascoltare un suo lungo e ispirato solo. I temi pensati e messi sul pentagramma da Alessi hanno una forte impronta di cantabilità, come nella melanconica Heist, una traccia che rimanda l’idea meditativa che si avverte per l’intera durata dell’album, sia in momenti di breve durata, come nella conclusiva Do Over, sia in passaggi dalla maggiore complessità formale, come nei dieci minuti di Gone Today, Here Tomorrow. “Quiver” è un album intimo, in equilibrio tra tecnica e poesia, e fotografa un particolare passaggio nella vicenda artistica di Alessi, il quale, in occasione dell’uscita dell’album, ha dichiarato: «Come musicista il mio obiettivo è quello di esprimermi nel modo più onesto possibile, di trasmettere il mio sentire e il mio reagire in un preciso momento. Ecco, credo che il jazz dovrebbe essere sempre così».

Anat Fort Trio & Gianluigi Trovesi: “Birdwatching” [ECM, 2016]

Riguardo al titolo di questo lavoro il pianista Anat Fort ha dichiarato che: «I temi dei miei brani sono spesso ispirati ai movimenti della natura: gli animali, le nuvole, il vento, l’acqua. Quando ho ascoltato il disco ho deciso di chiamarlo “Birdwatching”, non tanto per l’osservazione in sé del volo di un uccello, ma per uno sguardo interiore al movimento della nostra anima». Intenzioni che Fort traduce insieme ai componenti del suo abituale trio, completato da Gary Wang al contrabbasso e Roland Schneider alla batteria, e con Gianluigi Trovesi, già frequentato in esperienze dal vivo, ospite in alcuni brani al clarinetto. La presenza di Trovesi amplia la cubatura timbrica e sposta, in maniera marcata, il baricentro espressivo di questo progetto verso un’evidente cantabilità melodica. Il tocco di Fort risulta centrale negli sviluppi formali dell’album, soprattutto nelle tracce svolte in trio dove snocciola lunghi soli, e i suoi interventi non tradiscono mai un atteggiamento che rimanda l’idea di intima melanconia, come nell’introduzione di Inner Voices. Durante l’ascolto si respira una sensazione di estremo equilibrio, e si percepisce l’ordine e il reciproco ascolto tra i musicisti, per un insieme dove non mancano alcuni momenti d’improvvisazione, mai fuori luogo e aderenti a una precisa estetica. L’immagine di copertina è curata da Sascha Kleins.

domenica 28 febbraio 2016

Avishai Cohen
“Into The Silence”
[ECM, 2016]

“Into The Silence” è l’album che il trombettista Avishai Cohen dedica alla memoria di suo padre, venuto a mancare di recente, e che realizza insieme a Eric Revis al contrabbasso, Nasheet Waits alla batteria, Yonathan Avishai al pianoforte e, in alcuni brani, Bille McHenry al sassofono tenore. Quest’ultimo si pone come “voce” alternativa a quella del leader, principale protagonista dei primi piani espressivi delle sei tracce in programma, tutte a sua firma. L’umore dell’intero album si basa su una certa melanconia di fondo, tradotta con temi cantabili esposti con misura e concentrazione. Le forme sono compatte, poggiano su un equilibrio timbrico discreto, e lasciano spazio anche per degli slanci solisti, mai troppo lontani dalla coerenza estetica che non tradisce i canoni della ECM di Manfred Eicher. I significati di questo lavoro sono rintracciabili in un ascolto d’insieme, in quanto i brani sono legati in maniera logica, come fossero un’unica suite.

Marco Bianchi “Lemon” 4et
“Pixel”
Autoproduzione, 2015

Quello organizzato dal vibrafonista Marco Bianchi è un quartetto che comprende Nicola Tacchi alla chitarra elettrica, Roberto Piccolo al contrabbasso e Filippo Valnegri alla batteria. Il loro Pixel contiene otto originali firmati dal leader, e si distingue per un valore espressivo, e formale, capace di variare ambientazione, dai richiami rock di Red Hot Chili Boppers, ai delicati movimenti della conclusiva Ninna nanna. Gli accostamenti timbrici tra vibrafono e chitarra producono il comune denominatore di un insieme dove prevale l’ascolto reciproco e l’unità di intenti tra i musicisti.

mercoledì 24 febbraio 2016

Pino Minafra MinAfric Orchestra guest Faraualla
“MinAfric”
Sud Music Records, 2015

È il quartetto vocale Faraualla, ospite in alcune tracce, ad ampliare ulteriormente un linguaggio stilistico e formale già di per sé diversificato, come quello che Pino Minafra propone insieme alla sua MinAfric Orchestra, realtà composta da un’ampia sezione fiati, fisarmonica, pianoforte, contrabbasso e percussioni. MinAfric è un album che contiene musica inqualificabile, che richiama la tradizione popolare del meridione italiano, con forti screziature afro ed elementi della tradizione jazzistica, e dove subentrano melodie ipnotiche, passaggi minimali e costruzioni trasversali in continua trasformazione. L'orchestra dipinge una tela dai colori accesi, sulla quale lasciano il loro segno musicisti come, tra i tanti, Roberto Ottaviano, Carlo Actis Dato e Gaetano Partipilo. La grafica di copertina è curata da Nicola Genco.

martedì 23 febbraio 2016

Ches Smith Trio
“The Bell”
[ECM, 2016]

Ches Smith, alla batteria, vibrafono e timpani, organizza il suo nuovo trio, nato durante il New York Winter Jazzfest del 2014, insieme al pianista Craig Taborn e Mat Maneri alla viola. Nel programma di “The Bell” troviamo otto brani, tutti firmati dal leader, registrati agli Avatar Sudios di New York, attraverso i quali il trio costruisce una particolare estetica che include avanguardia, situazioni cameristiche e minimalismo. I temi emanano sensazioni malinconiche, piene di vuoti espressivi che lasciano spazio alla riflessione e all’immaginazione di chi ascolta, per un insieme caratterizzato da interplay sottile e telepatico. I ruoli tra gli interpreti sono distribuiti in maniera equa e funzionale al suono d’insieme, nel quale non mancano momenti in solo slegati dalla partitura.

lunedì 22 febbraio 2016

Michel Benita Ethics
“River Silver”
[ECM, 2016]

Le tracce di “River Silver” evidenziano la cantabilità melodica dei temi proposti da Michel Benita, quasi tutti autografi, per l’occasione leader del quintetto Ethics completato da Philippe Garcia alla batteria, Eivind Aarset alla chitarra e agli effetti elettronici, Matthieu Michel al flicorno e dalla suonatrice di koto Mieko Miyazaki. Al centro degli sviluppi espressivi c’è spesso il suono morbido e vellutato di Matthieu Michel, mentre l’intero album si distingue per i particolari accostamenti timbrici tra le corde del koto e gli altri strumenti. Le atmosfere sono misurate, in piena sintonia con l’estetica ECM, e le strutture formali sono costruite attraverso un profondo ascolto reciproco tra gli interpreti e un attento utilizzo dello spazio e del tempo. La foto di copertina è di Woong Chul An.

giovedì 18 febbraio 2016

Tord Gustavsen – Simin Tander – Jarle Vespestad
“What Was Said”
[ECM, 2016]

A spiegare le intenzioni concettuali di questo lavoro, svolto in trio insieme al batterista Jarle Vespestad e la cantante afgano-tedesca Simin Tander, è il pianista Tord Gustavsen: «Per il repertorio del nuovo album, Simin e io abbiamo lavorato con un poeta afgano traducendo in lingua pashtu una serie di inni della tradizione religiosa norvegese». Ne deriva un album introspettivo, intenso, dove diverse culture si fondono in un linguaggio comune, apolide e contemporaneo. Simin Tander canta in inglese un testo del poeta Kenneth Rexroth, allargando ulteriormente il terreno d’indagine espressiva di “What Was Said” e si lascia apprezzare per il controllo dinamico e per la capacità interpretativa dei brani. Gustavsen attua un modo di operare lontano da cliché di genere e preconcetti formali, dove la voce è sì al centro degli sviluppi logici, ma non nasconde né sottrae spazio agli altri elementi timbrici del trio.

mercoledì 17 febbraio 2016

Ben Monder
“Amorphae”
[ECM, 2016]

Originariamente concepito nel 2010 come un album di duetti tra Ben Monder e Paul Motian, “Amorphae” prende oggi vita con la partecipazione di musicisti come Andrew Cyrille alle percussioni e Pete Rende al sintetizzatore. Ne deriva un album dalle atmosfere sospese, dove si realizzano paesaggi sonori carichi di enfasi e mistero, ottenuti attraverso la dilatazione dello spazio sonoro a disposizione, a volte prossimo al silenzio. Ascoltiamo il chitarrista Ben Monder esprimersi in solo, in duo con Paul Motian o anche in trio con Cyrille e Rende. Le forme, tra loro diverse, trovano la giusta compattezza grazie a un attento lavoro svolto sugli accostamenti timbrici e sulle dinamiche. In scaletta troviamo solo originali firmati da Monder, tranne la rivisitazione di Oh, What A Beautiful Mornin’ di Rodgers & Hammerstein.

martedì 16 febbraio 2016

LuPi
"Everything Will Be Fine"
[Bunch Records, 2015]

C’è un evidente approccio sperimentale in “Everything Will Be Fine”, il nuovo lavoro firmato dal quartetto LuPi, composto da Luca Pissavini al contrabbasso, Filippo Cozzi al sax alto, Simone Quatrana al Fender Rhodes e Andrea Quattrini alla batteria. Nelle otto composizioni di Pissavini convivono contrasti espressivi e formali che dànno luogo a un terreno di dialogo intrigato, tra suoni elettrici e acustici, fatto di temi cantabili e stridenti passaggi free. Ne derivano situazioni prossime all’introspezione, come in Your Very Eyes, introdotta da un sofferto solo di Filippo Cozzi, e movimenti d’insieme che tirano in ballo funk, metal e psichedelia. Forme in divenire che si espandono in maniera fluida e prevedono ampie metrature lasciate libere per gli interventi solisti e di divagazione tematica, in un insieme che prende significati e forza dalla condivisione d’intenti creativi tra gli interpreti e da un processo d’interplay tanto granitico quanto flessibile.

lunedì 15 febbraio 2016

Lorenzo Masotto
"Rule And Case"
[Preserved Sound, 2016]

Undici brani autografi compongono la scaletta del nuovo lavoro di Lorenzo Masotto, pianista già apprezzato nel precedente “Seta” (AlfaMusic, 2015) che in questo episodio assembla un gruppo dalla peculiare proprietà timbrica, con quartetto d’archi e con interventi, in alcuni brani, di batteria, sassofono e trombone. Forme che dànno luogo ad ambientazioni stilistiche che intercettano sia movimenti cameristici, prossimi al mondo classico, sia di contemporaneità, soprattutto grazie all’utilizzo, sempre equilibrato, di sintetizzatori. L’intero lavoro si mantiene coerente alla propria estetica, riflette una netta chiarezza di scrittura, dove la cantabilità melodica funge da nucleo espressivo, e rimanda continui significati che vanno ricercati nelle “immagini sonore” che Masotto proietta attraverso una musica che scaturisce, come lui stesso dichiara, da: «momenti particolari della mia vita, emozioni, incontri, passeggiate, o una foto che ho visto». L’immagine di copertina è curata da Igor Compagno.