Small Choices è un album che sfugge con caparbietà agli incasellamenti di genere, anche se il trio pensato e fondato dal bassista Giacomo Papetti si muove in territori prossimi a quella che, in linea di massima, potremmo definire come moderna avaguardia. Questo sia per quanto riguarda la rivisitazione e l’ispirazione tratta da pagine importanti del colto Novecento, vedi Ligeti, ma anche George Gershwin, Olivier Messiaen e Jean Sibelius, sia per le scelte operate in fase di composizione dei brani originali, spesso nati dall’unione di piccoli riferimenti timbrici che dialogano in spazi ritmici dilatati, a volte al limite del silenzio. In After That le atmosfere sono sinistre e inquietatanti, l’andamento è frammentario in Thieves In Ainola, e raramente si rintaccaino brandelli di melodie lineari e facilmente assimilabili. I brani lasciano aperti varchi all’espressione solista, mentre l’intero insieme beneficia del pianismo di Maniscalco, capace all’occorrenza di essere sia docile sia spigoloso. In un ambito formale lontano dalle consuetudini risulta decisiva, in termini di ampiezza espressiva, l’alternanza che Rubino ottiene dall’utilizzo del clarinetto piccolo, soprano e basso, per un lavoro di sicuro interesse e prettamente dedicato agli amanti delle sonorità inconsuete.
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