lunedì 29 ottobre 2018

David Murray meets The Tower Jazz Composers Orchestra [Bologna Jazz Festival 2018 “The Big Band Theory”]

Nel cartellone del Bologna Jazz Festival 2018, rassegna che anche quest’anno si conferma ai vertici dell’agenda jazzistica europea con un’edizione dedicata alle grandi orchestre, spicca l’appuntamento, fissato per sabato 3 novembre presso l’Unipol Auditorium di Bologna, con David Murray e la Tower Jazz Composers Orchestra, l’ensemble residente del prestigioso Jazz Club Ferrara. Artisti che non hanno mai suonato insieme e che daranno vita a una produzione originale che vivrà sul senso dell’inatteso, sia dal punto di vista espressivo sia formale. Per l’occasione abbiamo raggiunto Piero Bittolo Bon e Alfonso Santimone, i compositori e direttori della Tower Jazz Composers Orchestra, che ci hanno raccontato della loro realtà e di come approcceranno l’imminente concerto


Quando e come è nato il progetto della Tower Jazz Composers Orchestra?  
PBB: Nel 2015 il Jazz Club Ferrara ha messo a disposizione lo spazio del Torrione San Giovanni per l’organizzazione di un workshop sull’improvvisazione e i repertori meno battuti del jazz intitolato “The Unreal Book”, curato da me e Alfonso Santimone. Visto il successo dell’operazione e la qualità dei musicisti coinvolti, abbiamo pensato di consolidare un nucleo di partecipanti al seminario in una piccola orchestra embrionale, che si è fatta le ossa calcando il palco del Torrione in un paio di occasioni. Da lì a espandere il gruppo a una formazione più simile a quella di una big band il passo è stato breve, una volta integrate le fila con alcuni tra i più interessanti giovani musicisti dell'area emiliana e non solo: nella TJCO militano e hanno militato friulani, toscani, veneti, marchigiani e un danese! Il club ha dato il suo entusiastico appoggio all’idea di una residenza a cadenza mensile, e sono ormai tre anni che il progetto va felicemente avanti.

Come si sviluppano le idee all’interno dell’orchestra?  
AS: La caratteristica della TJCO è di essere un progetto “orizzontale”, ogni musicista ha la possibilità di proporre una composizione o l’arrangiamento di un brano altrui. Naturalmente i più esperti tra noi hanno facoltà di dare consigli in merito alla scrittura, all'orchestrazione e a tutti i vari parametri della composizione. I musicisti sono parte di un’articolata rete di giovani, e meno giovani, improvvisatori che animano le scene delle aree comprese tra Livorno e Trieste. La scelta dei musicisti non è quindi operata con un meccanismo di reclutamento “centralizzato”. Spesso tutto avviene con una dinamica simile alla reazione a catena!

Qual è il fine artistico di questa realtà?  
PBB: L’orchestra nasce come un laboratorio, e i propositi non sono cambiati. Tutti i membri della TJCO hanno la possibilità di dirigere e contribuire al repertorio – che ormai dopo tre anni di attività è un corpus davvero voluminoso - con brani originali o arrangiamenti. Si tratta di un’opportunità più unica che rara per un giovane musicista interessato a confrontarsi con la scrittura per largo organico e con le problematiche musicali, logistiche e - alle volte - umane che ne possono derivare. La più grande difficoltà nel coordinare questo organico, e allo stesso il più grande stimolo, sta nel dare coerenza a livello di direzione musicale a un repertorio scritto da così tante penne diverse.  
AS: La TJCO è sempre più un laboratorio impegnato in un lavoro di sviluppo della tradizione della big-band di matrice jazzistica. Molto spesso la scrittura si allontana dall’idioma più "classico" o vi si riferisce in modo obliquo e stimolante. Sicuramente Piero e io, in qualità di direttori artistici del progetto, spingiamo a sperimentare il più possibile evitando la logica del compito di arrangiamento da conservatorio. È essenziale conoscere la grande tradizione della big-band e dominarne le tecniche, ma per rispettare la tradizione significa svilupparla, rischiare, aprirsi agli stimoli artistici a trecentosessanta gradi, cercare di dire qualcosa di autentico e personale esattamente come ci hanno insegnato tutti i grandi maestri che hanno fatto della big-band il centro della loro ricerca.

Per il prossimo concerto che vi vedrà protagonisti insieme a David Murray avete pensato a qualcosa di particolare?  
AS: Ho appena concluso l’arrangiamento di un mio vecchio “classico”, una specie di maelstrom dal sapore blues. Qualcosa che fa parte del mio percorso di ricerca sulla metrica policentrica, su un approccio eterofonico all’armonia e sullo sviluppo di questi aspetti nelle figurazioni melodiche, il tutto facendo cortocircuitare la forma, quasi occultata, della composizione con gli spazi improvvisativi. Ho realizzato questo arrangiamento appositamente per questa occasione. Immagino che sia un mare navigabile dal linguaggio sanguigno di David Murray, che è stato uno dei miei “eroi” quando ero adolescente. Vedremo cosa verrà fuori! In caso le prove si complicassero troppo, abbiamo un repertorio di composizioni e arrangiamenti originali molto vasto cui attingere.

Come pensate di organizzare la scaletta?  
PBB: Suoneremo in prevalenza brani scritti e arrangiati dallo stesso Murray, più qualche nostro classico e un paio di novità che lo vedranno impegnato comunque come solista.

Cosa vi aspettate da questa esperienza? 
AS: Di maturare idee nuove, di condividere la musica con gli amici di sempre e con David Murray dal quale sicuramente trarremo molta ispirazione per il futuro. Dalle tante occasioni che ho fortunatamente avuto di confrontarmi con musicisti che sono parte della grande tradizione del jazz americano, alcuni dei quali avevano l’età dei miei nonni o anche più, sono sempre uscito rinnovato, arricchito e con tante strade aperte davanti a me da poter esplorare. Spero che ci succeda anche questa volta e immagino che per i tanti musicisti ventenni che sono parte di TJCO sarà un’esperienza elettrizzante!








Nessun commento:

Posta un commento