giovedì 28 marzo 2013

Powerdove: Do You Burn? (Africantape, 2013)

Annie Lewandowski è una songwriter del Minnesota che ha dato vita al progetto Powerdove nel 2007, anno in cui ha unito il proprio cammino artistico con il percussionista Alex Vittum e il bassista Jason Hoopes. I tredici brani che compongono la mezzora dell’album “Do You Burn?” hanno visto la loro creazione durante il tour europeo che Annie ha affrontato alcuni anni più tardi con Curtis McKinney; dopodichè, di ritorno in America, ha messo in atto le sue intenzioni con un nuovo trio, composto da John Dieterich (basso e chitarra) e il multistrumetista Thomas Bonvalet. Il suono d’insime risulta intimo, con delle linee melodiche che a volte sembrano solo accennate, in un continuo gioco di spunti e rimandi a situazioni essenziali. Corde appena pizzicate, percussioni ridotte allo stato primordiale fanno da sfondo alla voce eterea e trasparente di Annie, che nella sua fascinosa malinconia ricorda Nico. L’album scorre via veloce, anche se non dà mai la sensazione di frettolosità esecutiva, trovando nella penombra espressiva il motivo di maggior forza.

Israel Martínez: The Minutes (Aagoo Records, 2013)

“The Minutes” è la settima registrazione in studio di Israel Martínez, un artista messicano che si dedica da diverso tempo alla costruzione di musica capace di miscelare elettronica, riprese ambientali e tensioni melodiche che rimandano a situazioni complicate. Le sue sovrapposizioni di piani sonori e le strutture ritmiche dilatate formano le dieci tracce – composte nel biennio 2011/2012 – presenti in quest’album, che non si sottraggono al tipico approccio di Martínez. Il risultato è nel suo insieme affascinante, anche se privo di senso compiuto vista l'assenza di un'eventuale parte visiva. La sua intenzione di base è quella di trasferire in musica il disagio e le difficoltà del popolo messicano, che sta attraversando un periodo di profonda crisi, culturale ed economica. Impresa difficile, ma certamente meritevole di elogio, anche da parte di chi osserva il tutto da una distanza considerevole.

http://www.israelm.com/

mercoledì 27 marzo 2013

Ventura: Ultima Necat (Africantape, 2013)

Con “Ultima Necat” torna a far parlare di sé il trio svizzero Ventura, in questo nuovo episodio coadiuvato dal chitarrista aggiunto Oliver Schubert. Registrato da Serge Morattel il lavoro ribadisce le buone impressioni destate in passato da questa realtà attiva in Europa da diverso tempo, e apprezzata in ambito undergound grazie al muro sonoro che riesce a realizzare. Ma non si tratta di semplice rumore, perché i ragazzi sanno sviluppare melodie coinvolgenti grazie al sapiente lavoro di sovrapposizione di piani sonori, come accade in “Very Elephant Man”, brano dove è messa in risalto anche la voce di Philippe Henchoz. Sulla loro carta d’intetidà stilistica potrebbero scriverci “Rock progressive”, certamente, ma dall’approccio moderno, possente e allo stesso momento dettagliato. Non c’è spazio per i ritornelli a presa rapida, e – sotto il profilo timbrico - i raggi di luce che riescono a vincere le fitte trame dei Ventura sono pochi, come quelli che illuminano “Exquisite and Subtle”, passaggio che chiude la scaletta e che arriva come conclusione di un sonno tormentato, fatto di sogni inquieti.

http://www.youtube.com/user/thebandventura

Midas Fall: Wilderness (Monotreme, 2013)

Al centro delle strategie espressive dei Midas Fall c’è la voce di Elizabeth Heaton, la quale – con il suo timbro sottile, evocativo, sensuale – riesce a prendere per mano l’ascoltatore e trascinarlo con delicatezza attraverso le dieci tracce che compongono “Wilderness”. Un album dagli atteggiamenti melodici pop-oriented, contenente diverse tracce coinvolgenti e buone per tentare la scalata alle classifiche di vendita, come nel caso dell’azzeccata “Borders”. Brani pensati per arrivare subito al nocciolo della questione, senza grandi sottintesi formali, basati essenzialmente sulla struttura della song, e che vedono sullo sfondo un’impalcatura fatta di chitarre e suoni sintetizzati che non invadono mai il primo piano vocale. Nel complesso si tratta di un album curato nel dettaglio, anche se le tracce sembrano avere più valenza se prese singolarmente che nel loro insieme, dal quale affiora un pizzico di monotonia, dovuta alla ripetizione delle medesime soluzioni ritmico-melodiche.

domenica 24 marzo 2013

Child Bite: Vision Crimes + Monomania (Joyful Noise Recordings, 2013)

Si tratta di un CD (disponibile anche in vinile) contenente due extended play dei Child Bite, realtà tra le più attive nell’area di Detroit. Le tracce di “Vision Crimes” (2013) e “Monomania” (2012) formano un insieme coeso, in quanto riportano nel loro dna il medesimo approccio alla materia sonora, fatto di tagli improvvisi, irruenza melodica e ritmi sostenuti. Nelle trame di questa band – capitanata dalla mente pensante del vocalist Shawn Knight - non è semplice inquadrare situazioni accomodamti, dal momento che i ragazzi fanno il possibile per andare sempre verso una direzione noise, che sulla lunga distanza si rivela piegata a una evidente monotonia espressiva. Brani dall’alto contenuto adrenalinico delineano un atteggiamento che potrebbe portare a risultati concreti nella dimensione live, mentre trova meno adattabilità in un ascolto casalingo.

lunedì 18 marzo 2013

Sananda Maitreya: Return to Zooathalon (Treehouse Publishing, 2013)

Edito anche in versione strumentale, “Return to Zooathalon” segna il ritorno di Sananda Maitreya (dai più conosciuto prima del 2001 come Terence Trent D’Arby) a due anni dal precendete “The Sphinx”, e sancisce uno dei momenti maggiormente ispirati del suo percorso. Si tratta di un lavoro complesso, sia nei significati che sotto il profilo prettamente formale ed espressivo. Al centro del discorso c’è la splendida voce di Maitreya, capace di accarezzare le melodie, ma anche di scendere in profondità cariche di groove dal fascinoso appeal. L’album riesce a coinvolgere anche grazie a un andamento ritmico sempre in perfetta tensione con le ellissi melodiche, e a ruotare in buona sincronia ci sono molteplici esperienze stilistiche, che spostano le coloriture timbriche dal funk al pop più disimpegnato, dal rock alle diramazioni blues. Un calderone importante, forte di una scaletta di oltre venti brani necessaria per illustrare il concetto stesso di Zooathalon, riferito all’insieme del movimento stellare, lo zodiaco, gli spiriti, e le anime che vivono intorno a noi. Una sorta di mondo parallelo che in questo lavoro è tradotto dall’artista con estrema efficacia e caleidoscopica capacità di mettere a frutto la sua esperienza venticinquennale, che ha conosciuto situazioni importanti e delle flessioni, ma che avrebbe meritato nel suo insieme una rilevanza maggiore.

more info: http://www.sanandamaitreya.com/

venerdì 15 marzo 2013

Cuong Vu: It’s Mostly Residual (Auand, 2006)

In questo lavoro, organizzato nel 2005 da Auand records, vengono a contatto due tra i personaggi più fantasiosi, e pronti nel prendersi dei rischi creativi, che ci sono in circolazione: Cuong Vu e Bill Frisell. I due, supportati da Ted Poor alla batteria e Stomu Takeishi al basso elettrico, danno vita a un percorso di sei brani – tutti a firma del trombettista di Saigon – che rilasciano diverse sensazioni emozionali. Ci sono i cortocircuiti ritmico-melodici, come accade in “Brittle, Like Twigs”, una traccia capace di far saltare i polsi anche all’ascoltatore più compassato; c’è l’amore per l’atmosfera rilassata, vedi “Chitter Chatter”, ma il tutto è legato dalla voglia di non fermarsi mai davanti alle apparenze, cercando di andare sempre oltre il limite raggiunto. Contraddizioni creative, che portano la musica prodotta in territori di confine stilistico, dove il jazz si bagna di psichedelia visionaria, come in “Expressions of a Neuronic Impulse”, o prende il largo verso scenari levigati a perfezione, come nella title track. Album eccitante e di grande impatto.

giovedì 14 marzo 2013

Paolo Fresu Devil Quartet: Desertico (Tuk Music/Ponderosa, distr.EMI – 2013)

Il Devil Quartet è per Paolo Fresu una dimensione di libertà espressiva, dove riesce a far uscire al meglio la sua diversità di linguaggio. È per lui anche un posto dove poter incontrare degli ottimi compagni di ventura, con i quali mettere insieme le idee per poi intraprendere degli itinerari capaci di far scoprire all’ascoltatore degli orizzonti sempre nuovi e inattesi. “Desertico”, che segue di sei anni il precedente “Stanley Music”, vive di queste sensazioni in dodici tracce coinvolgenti, nelle quali possiamo apprezzare l’ottimo lavoro di squadra svolto da Fresu con Paolino Dalla Porta al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria, e i grandi dialoghi – che sfociano spesso in scontri o accordi creativi – imbastiti con Bebo Ferra, che anche in questo episodio si conferma musicista dalla grande sensibilità e di livello assoluto. Sullo sfondo c’è l’Africa, introdotta dall’immagine di copertina e poi rilasciata nel disco attraverso gli ampi spazi di manovra ritmico/melodici, dove trovano posto episodi di grande brio e lucentezza timbrica, come la cover di “Satisfaction” posta in apertura; momenti di assoluta tranquillità emotiva, come nella splendida “Ambra”; discese piene d’insidie nel sottosuolo di uno scenario metropolitano incontrato lungo il cammino, come nella title track. Fresu lascia molta iniziativa agli altri componenti del gruppo, ma la forza della sua poetica, che si tratti di passaggi serrati che di note accennate, rimane il motivo principale intorno al quale ruotano gli altri intenti. Ci mette anche degli effetti elettronici il trombettista sardo, per dare una maggiore ampiezza formale, senza strafare e con il buon gusto esecutivo che lo contraddistingue da sempre. Lavoro dai significati densi, avvolto da vesti melodiche di fascinosa bellezza, come nella traccia “Suite for Devil”, dove Fresu e Ferra ingaggiano un rimbalzo di scambi emozionali che danno vita a una sorta di danza pacata, capace di dare brividi anche a una pietra.

sabato 9 marzo 2013

Quintorigo: Experience (Métro/Self, 2012)

I Quintorigo non sono nuovi a lavori di rivisitazione, basti ricordare il premiato “Plays Mingus” che nel 2008 ripercorreva il sentiero tracciato da un’icona del Novecento come Charles Mingus, e non sono nuovi a spiazzare chi li segue con lavori sempre diversi e interessanti, sia come approccio che dal punto di vista dell’organizzazione formale. In “Experience” si sono messi sulle tracce di Jimi Hendrix, cavando quattordici brani dal forziere del chitarrista di Seattle e mettendoci del loro sotto il profilo dell’interpretazione, che assume diverse colorazioni anche grazie agli ospiti chiamati a interagire. Moris Pradella alla voce entra senza sfigurare nella prestigiosa lista di cantanti che si sono susseguiti in questi anni dietro al microfono della band; poi ci sono Vincenzo Vasi, voce e anche theremin in “Voodoo Child”, Eric Mingus – sì, proprio il figlio di - e il pianista Michele Francesconi. Nei vari brani proposti – quasi tutti classici del repertorio, come “Hey Joe” o “Angel” - c’è del retrogusto bluesy, ci sono gli innesti al vetriolo di Andrea Costa al violino, c’è il sax – quasi sempre incendiario – di Valentino Bianchi e dunque ci sono tutte le componenti che rendono unico il suono dei Quintorigo. Si tratta di una band che ama suonare, nell’accezione più pura del termine "amare", e le performance dal vivo – ancor più delle incisioni - ne sono evidente testimonianza.

venerdì 1 marzo 2013

Marilena Paradisi & Stefania Tallini: Come Dirti (Silta, 2012)

"Come dirti" si sviluppa attravero sedici brani di musica totalmente improvvisata, nei quali l'espressività narrativa della voce di Marilena Paradisi e la forza melodica del pianismo delicato di Stefania Tallini intrecciano le loro strade in un destino di grande fascino, dove regna sovrano il divenire delle situazioni, in una sorta di equilibrismo senza rete di grande interesse, Primo piano (voce) e sfondo (pianoforte) mantengono le loro posizioni fidandosi senza remore dei rispettivi ruoli, dipingendo un'atmosfera chiaroscurale fatta di lievi sfumature, timbri accennati, tradotti dalla voce lieve e spettrale della Paradisi. Brani a volte molto brevi, che spesso sembrano dei bozzetti accennati con un filo di matita, pronti nel poter diventare qualcosa di più concreto, ma che vengono lasciati nel loro stato embrionale proprio per creare quel senso di continuità che caratterizza l'intero album. Un lavoro pensato e avvolto da una trama in bianco e nero, fitta, quasi impenetrabile, nella quale difficilmente si scorgono angoli luminosi di melodie aperte e assonanti. Non è semplice individuare un momento di maggiore impatto rispetto agli altri, perché "Come dirti" è un discorso che va interpretato nel suo insieme, nell'interezza di uno stile personale che potremmo avvicinare a quello dello sperimentalismo vocale, o se preferite a un'avanguardia minimale e colta.Esperienza ostica, alla quale bisogna dare il giusto tempo di sedimentazione e l'esatto spazio di comprensione, altrimenti il tutto potrebbe cedere facilmente il fianco a tentazioni di distrazione. Abbassare le luci in sala.