Esce per Filibusta Records l’album “Silent Rides” della contrabbassista e compositrice Federica Michisanti, per l’occasione in trio con Francesco Bigoni al tenore e clarinetto e Francesco Lento alla tromba e flicorno. Si tratta di un lavoro basato su brani appositamente scritti da Michisanti, la quale ci ha raccontato la genesi e lo sviluppo del nuovo progetto - dalla particolare struttura timbrica - che si pone in parallelo con Trioness, l’altro suo trio con Simone Maggio al pianoforte e Matt Renzi ai fiati
Come si è instaurata la collaborazione con i musicisti dell’Horn Trio Francesco Bigoni e Francesco Lento?
Devo premettere che già da un po’ di tempo avevo l’idea di scrivere per un organico di strumenti che avessero un timbro simile tra loro, o archi o fiati. Questo perché i brani che compongo spesso sono a due o più voci che interagiscono, per cui avevo l’esigenza di utilizzare strumenti che avessero complessivamente un impasto sonoro più omogeneo. Ho pensato a una tromba e un sassofono tenore. Avevo già composto alcune cose pensando proprio a questo organico e un incentivo a proseguire in quella direzione è stato un messaggio di Matt Renzi, un musicista che stimo molto e con il quale ho inciso il mio precedente disco “ISK” (Filibusta Records, 2017), nel quale mi scriveva che sarebbe tornato in Italia solo per qualche settimana in estate e che avrebbe avuto piacere a suonare insieme. Così ho scritto tutta la “suite”, che poi è diventata il disco “Silent Rides”. Francesco Lento lo conosco da tempo, anche lui abita a Roma, e nel corso degli ultimi anni l’ho coinvolto diverse volte nei miei progetti. Inutile dire che è un musicista eccezionale, oltre a essere una persona gentile e disponibile, che si mette totalmente a disposizione della musica. Per tutti questi motivi l’ho ritenuto ideale per il progetto. Francesco Bigoni l’ho conosciuto di persona lo scorso febbraio, quando sono stata a Copenaghen per vedere un suo concerto insieme a Emanuele Maniscalco e Mark Solborg. Avevo sentito parlare di lui e avevo ascoltato alcune sue cose, il concerto mi piacque tantissimo ed ebbi conferma dell’opinione positiva che avevo già di Francesco. Quindi, quando all’inizio dell’estate decisi di registrare tutto il materiale già scritto per tale formazione con due fiati, decisamente pensai a Francesco Bigoni come terzo elemento stabile del trio.
Per la struttura di questo trio ti sei ispirata a una realtà del passato?
L’ispirazione è stata unicamente la natura dei brani che compongo, cosa che, come dicevo prima, ha fatto nascere l’esigenza di far suonare due strumenti che avessero voci più omogenee tra loro. Sicuramente i miei ascolti passati come, riferendomi ai fiati, Ornette Coleman, Don Cherry, Eric Dolphy, Wayne Shorter, Kenny Wheeler, Lee Konitz, John Coltrane, Jimmy Giuffre e altri ancora, sono rimasti ben impressi in me, non tanto per le formazioni in cui questi musicisti suonavano, quanto per le loro composizioni e il linguaggio personalissimo di ciascuno di loro.
All’inizio del percorso che poi vi ha portato alla registrazione del disco, vi eravate posti un obiettivo espressivo?
Non ci siamo posti alcun obiettivo, ma la mia personale intenzione era quella di creare un’opera che fosse un insieme di composizioni coerenti, alternate e raccordate da improvvisazioni che riportassero le emozioni nella stessa atmosfera, ma cercando di avere uno svolgimento che creasse momenti di tensione, sospensione e momenti di “riposo”, di risoluzione.
La musica che hai scritto per “Silent Rides” quanto ricalca il tuo modo di essere?
Totalmente. Non potrebbe esserci separazione tra quello che sono e quello che compongo, e questo comporta il fatto che la matrice rimane sempre la stessa, ma la scrittura procede ed evolve di pari passo con il cammino incessante verso la mia essenza.
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