Tino Tracanna e Massimiliano Milesi ai sassofoni, tenore e soprano, Giulio Corini al contrabbasso e Filippo Sala alla batteria compongono il quartetto Double Cut. La loro duratura collaborazione li ha portati a incidere per la Parco della Musica il secondo episodio discografico dal titolo “Mappe”, un titolo che è preludio al viaggio che i quattro musicisti intraprendono nei diversi territori espressivi e formali. In scaletta troviamo otto brani originali e la rivisitazione di The Train And The River di Jimmy Giuffre, che tracciano un percorso zigzagante: si ascoltano temi cantabili costruiti attorno alla sinergia dei due fiati; momenti sospesi nel tempo, con una sorta di “galleggiamento” ritmico che lascia pochi indizi riguardo a eventuali sviluppi; passaggi che richiamano diverse derivazioni stilistiche, dallo swing alle danze afro, da morbide ballad ad accelerazioni dal carattere bop. L’album è dedicato alla memoria di Garrison Fewell.
Per l’occasione abbiamo raggiunto Tino Tracanna che ci ha parlato di questo nuovo lavoro.
Come è nato e sviluppato il progetto dell’attuale quartetto?
Il quartetto nasce dalla mia collaborazione con Milesi, mio ex studente conosciuto presso il dipartimento di jazz del Conservatorio di Milano dove insegno. Abbiamo suonato in duo per più di un anno e poi abbiamo deciso di coinvolgere una ritmica formata da Giulio Corini al contrabbasso e Filippo Sala alla batteria. Parte del materiale del duo è stato sviluppato nel quartetto e poi una volta delineatasi la peculiarità del gruppo abbiamo lavorato maggiormente sulle composizioni. Dato l’organico insolito con una front line di due sassofoni abbiamo lavorato parecchio sulle possibili varianti di interplay all’interno del gruppo e sull’arricchimento timbrico tramite strumenti come melodiche, flauti, oggetti sonori vari.
Qual è stato l’obiettivo estetico, formale ed espressivo che avete inseguito?
L’obiettivo formale puoi anche averlo in testa, ma poi prende la sua reale forma nella pratica musicale, nelle prove, nei concerti, nel confronto con tutti i componenti, questo è il bello del jazz che non rappresenta mai l’idea di un unico musicista. Attraverso prove e confronti successivi abbiamo trovato il sound che ci piaceva e, col secondo CD “Mappe”, abbiamo sviluppato maggiormente anche l’aspetto compositivo cui tenevamo particolarmente, trovando l’attuale equilibrio che personalmente mi convince molto.
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