Con il
secondo album firmato dal trio Raw Frame, dopo il precedente “Krakovia” (dEN Records,
2012), continua la collaborazione tra il chitarrista Andrea Bolzoni e il
batterista Daniele Frati, anche in questa uscita in compagnia di Salvatore
Satta al basso. Si tratta di un trio dall’anima elettrica, che si produce
attraverso brani originali dove si avvertono molte “tensioni espressive”, tra
ritmi incalzanti, passaggi d’improvvisazione e situazioni prossime alle
atmosfere del post rock, come quelle che si avvertono in Sunny Cloud. I primi
piani espressivi sono a favore della chitarra elettrica di Bolzoni, il quale segna
l’estetica d’insieme del trio con uno stile aggressivo,
fatto di suoni che tracciano melodie cantabili, ma che all’occorrenza sanno disegnare anche scenari sinistri.
オブリーク・ストラテジーズ / косые стратегии / oblique strategies / schuine strategieën / استراتيجيات منحرف / skrå strategier / 斜策略 / las estrategias oblicuas / তির্যক কৌশল / schräg strategien / אַבליק סטראַטעגיעס / stratégies obliques / kēlā papa kōnane o / kosi strategije
venerdì 17 novembre 2017
Raw Frame: “Side Sight” [Naked Tapes 03, 2017]
giovedì 16 novembre 2017
John De Leo: la Feltrinelli, Roma 3 novembre 2017
Intervistato lo scorso 3
novembre da Federico Guglielmi presso la Feltrinelli di Roma, John De Leo ha presentato
il nuovo album realizzato in duo con il pianista Fabrizio Puglisi, e con ospite
Gianluca Petrella al trombone in alcuni brani, dal titolo “Sento doppio”
(Carosello Records, 2017). Si tratta di un lavoro di musica improvvisata, che dunque si distanzia
dai precedenti album di De Leo dove era preferita la scrittura per ensemble, messo
a punto dopo un lungo periodo di prove e live performance. Oltre
alle domande di Guglielmi, che lo ha definito come «Un artista che non segue
strade convenzionali […]», De Leo ha risposto anche a quelle del pubblico
presente. Di seguito un sunto delle sue dichiarazioni, sul nuovo album e non
solo
Con Fabrizio Puglisi ci siamo conosciuti tempo fa, e siamo nel pieno del nostro “innamoramento artistico”. Il nostro punto d’incontro è nella necessità dell’improvvisazione; vedere e testare quale può essere la musica possibile che può scaturire tra due strumenti e due umanità diverse. Non avevamo in programma la registrazione dell’album e abbiamo provato molto il repertorio prima di entrare in studio. Abbiamo affinato l’intesa per circa tre anni, tra concerti e prove in studio. Quello che si ascolta in “Sento doppio” è il condensato di questa esperienza. È un disco di ricerca. Di solito i giornalisti hanno bisogno di etichettare i dischi, per convenzione, e “Sento doppio” potrebbe essere definito come un disco di jazz, anche se preferisco si parli di un disco di musica. Il jazz è spesso relegato al periodo del be bop, almeno questo è nell’immaginario comune, mentre oggi è un àmbito che racchiude molti generi, forse tutti, perché un jazzista moderno attinge da ogni genere.
Lo strumento della voce, nel mio modo di scrivere, è l’ultimo tassello che inserisco nelle composizioni. Alla parola cantata prediligo la musica, perché credo che riesca a esprimere più parole di quante se ne possano dire. Sono interessato agli strumenti del contesto musicale dove intendo inserire la voce. Nei miei lavori precedenti la voce non esegue sempre il tema principale, anche perché amo usarla in contrappunto o come supporto ritmico. In questo disco però, essendo un duo con pianoforte, la voce ha una funzione determinante. È un disco a due teste, né mio né di Fabrizio, è un disco nostro.
Il sottotitolo è “Musiche dell’errore e altri fonosimbolismi antiregime”. Musica dell’errore perché si tratta di improvvisazioni. Si cerca di evitarlo l’errore, ma è possibile che accada. L’errore è però una porta che si apre sull’abisso. È stimolante, e può condurre la composizione estemporanea in territori inaspettati. Cavalchiamo l’errore. Io e Fabrizio amiamo il rumore, le “non note”, se vogliamo chiamarle così. Ci illudiamo che siano dense di significato. Non si tratta di un disco commerciale. Il mercato non lo capirà. L’intento è quello di arrivare a tutti, ma non sono i tempi giusti per uscire con un disco come questo, però è il nostro modo onesto di rispettare chi ci ascolta. Porteremo questo repertorio dal vivo, ci stiamo organizzando. I brani saranno un canovaccio per prendere ulteriori altre strade espressive.
Sono contento di non avere una visibilità televisiva, gli aspetti legati alla grande notorietà non mi si addicono. Non bisogna cadere nell’equivoco che è la televisione a decidere chi è bravo e chi no. In questi anni ho fatto tante esperienze. Ho messo insieme ensemble molto interessanti, come il più recente Il Grande Abarasse, che è a mio modo di vedere l’espressione meglio riuscita del mio percorso. Abbiamo una gamma sonora molto ampia, siamo in nove e mi diverte sapere che ci sono strumenti come il clarinetto basso, il violino, il violoncello, una chitarra semi acustica, un manipolatore del suono in tempo reale. È un gruppo molto divertente e spero di poter proseguire il discorso con questa realtà. Inoltre, mi appassiono di arte, di cultura in generale, della società. Capita che sia un quadro o una scultura a darmi l’ispirazione per un brano. Non ho un artista di riferimento, ma spesso le rappresentazioni non musicali mi ispirano musica.
mercoledì 15 novembre 2017
Cettina Donato Quartet: “Persistency” [AlfaMusic, 2017]
“The New York Project” recita il sottotitolo di questo album che la pianista e compositrice Cettina Donato firma in quartetto con Matt Garrison ai sassofoni, Curtis Ostle al contrabbasso ed Eliot Zigmund alla batteria. Fatta eccezione per Lawns, di Carla Bley, il lavoro si sviluppa su originali firmati dalla leader, la quale, attraverso la nota di copertina, renda note le intenzioni che hanno dato forma alla scaletta con queste parole: «Puoi raggiungere qualsiasi obiettivo tu abbia programmato ma ci vuole azione, persistenza e la capacità di guardare in faccia le tue paure. Questo è il motivo per cui ho chiamato il mio nuovo progetto “Persistency”, perseveranza […]». Brani che portano nel loro fulcro espressivo la cantabilità dei temi, spesso affidati al timbro misurato di Garrison, e che rimandano a una pregevole estetica d’insieme, ottenuta con il rispetto sia degli spazi di manovra dei singoli elementi, sia con un respiro armonico di gruppo sempre fluido, leggero quanto intenso e profondo.
sabato 11 novembre 2017
Attilio Pisarri: “Elektroshot” [Naked Tapes 04, 2017]

mercoledì 8 novembre 2017
Joona Toivanen Trio: “XX” [Cam Jazz, 2017]
Sono i giorni a cavallo tra maggio e giugno 2017 quando presso
Artesuono, lo studio di registrazione di Stefano Amerio, si raduna il trio del pianista Joona
Toivanen, completato da Tapani Toivanen al contrabbasso e Olavi Louhivuori
alla batteria. La scaletta del loro lavoro – a venti anni dall’inizio di
collaborazione -, composto da soli originali firmati dal leader e dagli altri
componenti, traccia un percorso estetico caratterizzato da melodie cantabili,
perlopiù suggestive e chiaroscurali ma all’occorrenza anche irrequiete,
equilibri timbrici e primi piani spesso a favore del pianismo elegante e
puntuale di Joona Toivanen. Brani come Greyscape
I e II ben identificano il
profilo estetico di questa realtà, basata su interventi essenziali, anche
accennati, e su piccole cellule sonore sospese nel vuoto di pause e silenzi. La
foto di copertina è firmata Elisa Caldana.
martedì 7 novembre 2017
Riccardo Fassi Tankio Band: “Plays Zappa – The Return Of The Fat Chicken” [AlfaMusic, 2017]
Riccardo Fassi cura gli arrangiamenti dell’intera scaletta di
questo lavoro che dedica, realizzandolo insieme alla sua Tankio Band, alla
musica e alla figura artistica di Frank Zappa. Fassi avverte nella musica di
Zappa un’eterna fonte di ispirazione, e in questo episodio discografico ne
rilegge diverse pagine, come l’iniziale Cosmik Debris o la classica Uncle Meat.
La Tankio si muove con destrezza nel repertorio zappiano, mescolato al quale
troviamo alcuni brani firmati da Fassi e Antonello Salis, e non si allontana in
maniera eccessiva dal caratteristico sound degli originali. In tal senso
risulta decisiva la presenza di Napoleon Murphy Brock, storico collaboratore di
Zappa, che dà il suo contributo con voce, tenore e flauto. Tra gli altri ospiti
segnaliamo, in una nutrita lista di line-up, Alex Sipiagin e Gabriele
Mirabassi, mentre l’immagine di copertina è di Andrea Strizzi.
domenica 5 novembre 2017
Chick Corea & Steve Gadd Sextet: Si apre stasera il Roma Jazz Festival
Sarà il sestetto capitanato da Chick Corea e Steve Gadd ad aprire la quarantunesima edizione del Roma Jazz Festival, per l'occasione legato al raporto tra jazz e religione come il titolo del programma "Jazz is my religion" lascia intendere. Insieme ai due leader sul palco anche Lionel Loueke, chitarra; Carlitos Del Puerto, basso; Luisito Quintero, percussioni; Steve Wilson, sax e flauto. Auditorium Parco della Musica, Roma, ore 21:00.
La manifestazione si protrarrà fino al 30 novembre, in vari luoghi della capitale.
Il programma completo al sito ufficiale.
mercoledì 1 novembre 2017
Ashley Kahn: Casa del Jazz, Roma 21 ottobre 2017
Giornalista, critico
musicale, docente universitario, tour manager, produttore e altro ancora,
Ashley Kahn ha presentato lo scorso 21 ottobre, presso la Casa del Jazz di
Roma, il suo recente libro edito da Il Saggiatore, dal titolo “Il rumore
dell’anima – scrivere di jazz, rock, blues”, una raccolta di interviste e racconti
scelti nel suo quarantennio di giornalismo musicale. Kahn, con competenza e sottile ironia, ha risposto alle domande del giornalista Duccio Pasqua e di
alcuni spettatori presenti. Di seguito un sunto delle sue dichiarazioni
Il mondo della musica mi affascina da sempre. Ho voluto entrarci
e conoscerlo in ogni suo aspetto, dalla comunità dei musicisti all’industria
discografica. Se c’è un filo tracciabile in buona parte della mia scrittura è
il modo in cui ho finito di appassionarmi all’idea di spiegare la musica,
facendolo attraverso le sue storie. Ho una filosofia alquanto essenziale:
scrivi bene, scrivi in maniera chiara, non celare l’entusiasmo e riconduci
sempre il lettore alla musica.
Troppo spesso trovo la critica musicale altamente
autoreferenziale, compiaciuta della sua stessa arguzia e creatività. Scrivere
veramente di musica deve avere al suo centro la musica, non la scrittura. Dopo
tanti anni ancora oggi mi immergo nella musica, cerco il massimo delle informazioni
prima di poterne scrivere. Analizzo in maniera compiuta ogni dettaglio per
poter capire e spiegare un’opera musicale. Quando ho iniziato Internet non
esisteva, e la sfida di oggi è quella di esprimersi in spazi brevi, esprimersi
attraverso un’estrema brevità di giudizio. Bisogna aprire le “scatole” della
musica, incuriosire i fan e spingerli a darci un’occhiata dentro.
Il compito del giornalista musicale è quello di far intravedere
qualcosa, non completare l’analisi per chi legge, ma dare uno strumento per
conoscere maggiormente il soggetto di cui si parla. Il compito è assolto quando
il lettore, una volta finito di leggere, mette da parte il testo scritto e va a
cercarsi la musica di cui si parla. Questo è il compito da svolgere. Se vuoi
raccontare una storia devi conoscerla. Non c’è altro sistema. Bisogna dannarsi
per raggiungere chi può darti informazioni basilari, come ho fatto quando ho
scritto le note di copertina di “Offering: Live At Temple University” il live
album postumo di John Coltrane edito dalla Resononce Records nel 2014 (note che fecero ottenere a Kahn un Grammy Award, NdR). Ho parlato con i musicisti
coinvolti in quella registrazione e con Michael Brecker, che nel 1966 era tra
il pubblico di quello storico concerto. Inoltre, è importante analizzare il
materiale video, le immagini, capire quale può essere la chiave di lettura
della storia, il nucleo di interesse per il lettore. Altro aspetto fondamentale
è capire quali sono le domande da fare agli interlocutori per arrivare al
nocciolo della questione.
Nel mondo della musica c’è sempre stato bisogno di riferimenti,
di etichette capaci di definire i generi, anche per far orientare l’ascoltatore
in un insieme così caotico. Le categorie però non devono limitarci. Oggi le
cose più interessanti si ascoltano a cavallo tra i generi, negli interstizi che
separano jazz ed elettronica, jazz e hip hop e via dicendo. Lì è il futuro, e
lì che si trovano le cose più interessanti. Ne è esempio un disco come “Balckstar”
di David Bowie, che ospita musicisti come Donny McCaslin o Mark Guiliana.
Se c’è qualcosa che non mi piace preferisco non parlarne. In
ogni decade ci siamo chiesti che fine abbia fatto la buona musica. È una
costante. La difficoltà è che per giudicare la musica dobbiamo liberarci dei
criteri e delle convinzioni che ci siamo creati nel passato. Molti critici
soffrono questa situazione, perché non riescono ad applicare una visione
imparziale alle nuove proposte, rimanendo ancorati ad assunti del passato. È
importante non creare sfide, non serve, bisogna essere capaci a unire le
passioni, fare confronti tra artisti e schierarsi per uno o per l’altro non
serve. Il mio approccio è questo, non mi precludo niente. Bisogna essere
attenti e pronti all’accogliere il nuovo.
Ai miei studenti dico di amare ogni genere musicale, non
schierarsi dalla parte di un solo musicista disdegnando gli altri, sia
contemporanei sia di altre epoche. Se uno studente ama un artista gli consiglio
di approfondirne la conoscenza, capire per quale motivo fa quella musica, cosa
l’ha portato a esprimersi in un determinato modo, per poi arrivare alle sue
radici. Solo così lo studente riuscirà a farsi la muscolatura adatta ad
affrontare qualsiasi altro genere o artista. La musica che ci segna è quella
che ascoltiamo da giovani, fino a ventiquattro anni. Questa però deve essere la
nostra base e bisogna imparare ad aprirsi e ad accettare quello che verrà in
seguito. Non avere preconcetti, non essere legati a degli assunti. La musica ha
un potere incredibile. Può cambiare una vita, la può salvare. Così è stato
anche per me.
martedì 31 ottobre 2017
Steve Lehman Sélébéyone: Live @ Unipol Auditorium Bologna 30.10.2017
«Oggi le cose più interessanti si ascoltano a cavallo tra i generi, negli interstizi che separano jazz ed elettronica, jazz e hip hop e via dicendo. Lì è il futuro, e lì che si trovano le cose più interessanti». Parole pronunciate di recente da Ashley Kahn, durante una conferenza alla Casa del Jazz di Roma. Parole che sembrano riferite in maniera diretta a Steve Lehman, protagonista lo scorso 30 ottobre al Bologna Jazz Festival insieme alla sua band Sélébéyone. Il sassofonista propone una miscela di hip-hop (con le voci dei rapper HPrizm e Gaston Bandimic), a tratti aggressivo e a volte essenzialmente riferito allo spoken word, e jazz, in un insieme dinamico e dai marcati connotati timbrici con soprano (Maciek Lasserre), tastiere (Carlos Homs), batteria (Jacob Richards) e contrabbasso (Drew Gress). Una visione altra, sincretica, che richiede preparazione, lungimiranza e voglia di trovare possibili punti di contatto tra correnti e mondi tra loro, apparentemente, distanti.
domenica 29 ottobre 2017
Camilla Battaglia: Live @ Casa del Jazz, Roma 28.10.2017
Michele Tino al sassofono, Andrea Lombardini al basso elettrico e Bernardo Guerra alla batteria hanno affiancato Camilla Battaglia, voce, effetti e pianoforte, alla Casa del Jazz di Roma, in una performance dove sono stati presentati dei brani del nuovo progetto discografico della cantante e compositrice dal titolo “Emit: Rotator Tenetenet rotatoR :timE”. Il quartetto ha proposto un suono d’insieme dal ●carattere contemporaneo, segnato dalla continua ricerca di una cifra stilistica personale, tra saturazioni timbriche e passaggi solisti essenziali●. Attraverso una nota stampa Battaglia spiega le intenzioni concettuali del nuovo progetto: «Ho voluto utilizzare la musica come veicolo di espressione di un concetto che riguarda la musica stessa, ma in generale la nostra esperienza: la ciclicità del tempo. Una dimensione in cui non c’è un inizio né una fine, ma una rotazione continua costellata da "eventi" che ritagliano un Tempo dentro al Tempo stesso».
sabato 28 ottobre 2017
Raffaele Califano Quartet: Horizontal Dialogues [AlfaMusic, 2017]
Per il suo “Horizontal Dialogues” il batterista Raffaele
Califano organizza un quartetto completato da Antonio Magli al pianoforte,
Francesco Pierotti al contrabbasso e Seamus Blake al tenore. È a quest’ultimo
che il leader affida la maggior parte dei primi piani espressivi, di una
scaletta che si sviluppa in sette brani originali più la rilettura di Tune Up di Miles Davis. Al centro della
loro estetica d’insieme c’è l’amore per le ●linee melodiche cantabili, come
quelle definite con equilibrio e gusto per la misura in Damiani Tres Duo, ma anche per le dinamiche più accentuate e cariche
di groove, vedi quelle che segnano Baron And Pres●.
L’immagine di copertina indica lo spirito con il quale Califano ha concepito
questo lavoro, basato sull’importanza delle relazioni umane e dei contatti
interpersonali.
venerdì 27 ottobre 2017
Tim Berne’s Snakeoil: “Incidentals” [ECM, 2017]

mercoledì 25 ottobre 2017
Letizia Felluga: intervsita a Lucca Jazz Donna 2017
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Foto di Luigi Vitale |
Durante la recente edizione del festival Lucca Jazz Donna abbiamo intervistato la cantante Letizia Felluga, che per l’occasione presentava dal vivo, insieme al suo trio completato da Giovanni Ceccarelli al pianoforte e Alessandro Marzi alla batteria, un repertorio di brani originali che andranno a comporre parte del suo album d’esordio. Ci ha parlato dell’amore innato per la musica brasiliana, delle sue esperienze e del prossimo futuro
●Le passioni per la musica brasiliana e per il canto come sono nate?
Sono rimasta incantata dal Brasile e dalla sua musica, quando all’età di otto anni andai a Rio de
Janeiro. È stato un amore a prima vista. Fui colpita dai profumi, dai colori del luogo, ma anche dalla relazione che il popolo brasiliano ha con la musica e con il ballo, molto fisico e primordiale.
Il Brasile mi ha sempre attratta e spesso sento il bisogno di ritornarci… “saudade”. Sin da piccola ho coltivato il canto e ho formato il mio bagaglio musicale tra i ritmi della Bossanova e il Jazz.
●In questo periodo ti esibisci in trio con Giovanni Ceccarelli al pianoforte e Alessandro Marzi alla batteria. Le vostre strade come si sono incrociate?
Il trio è nato grazie a Max De Tomassi, ideatore e conduttore del programma radiofonico “Brasil” su Radio Rai Uno. Mi ha invitata a un live in radio assieme a Giovanni e Alessandro, e da quel momento ha avuto inizio il nostro “viaggio musicale”. Sono musicisti di grande esperienza e sensibilità e con loro mi trovo in perfetta sintonia.
●Come state organizzando il repertorio?
Sono quasi tutti brani originali che ho composto a Londra, assieme al pianista e compositore
Michael King, durante la mia formazione di studio presso la Goldsmiths University. Attualmente con il trio stiamo lavorando agli arrangiamenti e a nuovi brani.
●Hai fatto altre esperienze all’estero?
Sono stata a Londra per apprendere nozioni di Jazz e Soul. All’interno dei club puoi imparare tanto, modi diversi di concepire la musica e modi diversi di suonare… ogni artista ha un proprio “mondo interiore”.
●Stasera sei ospite del Lucca Jazz Donna, un festival riservato alle musiciste donne. Pensi ci sia ancora molta discriminazione nei vostri confronti in ambito musicale?
Sono molto felice di partecipare a questo Festival tutto al femminile e ringrazio gli organizzatori per avermi invitata. In tutti i campi lavorativi ci possono essere “discriminazioni”, l’importante è superare certi pregiudizi attraverso la professionalità, la dedizione e l’impegno.
●Sei alle porte dell’esordio discografico. Scegliere di fare il musicista è oggi più che mai una grande scommessa di vita. Come ti senti?
Si è vero, una grande scommessa ma ho molta fiducia nella musica e nell’arte in genere. Sono all’esordio, uno “tsunami” di adrenalina ed emozioni… anche paura, ma questo sentimento dev’essere affrontato con tanta passione e preparazione. Ogni ostacolo viene superato dal bisogno di esprimermi attraverso la musica e la gioia più grande è quella di poter condividere le mie emozioni con il pubblico.
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