Il Boom Collective capitanato da Gaetano Partipilo dà alle stampe attraverso la mai scontata Auand di Marco Valente, e con il supporto di Puglia Sounds, un lavoro che coinvolge quindici musicisti dalla decisa esplosività creativa. L’idea, che poi trova tangibili riscontri durante l’ascolto delle undici tracce, è quella di emanare un suono vario e credibile, che esplora sia situazioni riferibili alle big band, sia a passaggi dal maggiore appeal sperimentale, scuri e carichi di groove. Tanti gli interpreti di notevole valore espressivo, da Mirko Signorile a Fabrizio Savino, che il leader combina con sapienza e buon gusto estetico, mettendo insieme un pregevole ventaglio timbrico che include anche voci, Moog, elettronica e vibrafono.
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mercoledì 11 dicembre 2019
mercoledì 27 novembre 2019
Bravo Baboon: “Humanify” [Auand, 2019]
Under The Bridge dei Red Hot Chili Peppers è l’unica rivisitazione nella scaletta di originali che troviamo in “Humanify”, l’album firmato dal trio Bravo Baboon composto da Dario Giacovelli, basso elettrico e contrabbasso, Moreno Maugliani, batteria, e Gianluca Massetti, pianoforte e tastiere. Il loro è un campo sonoro aperto anche a soluzioni esterne, come quelle degli ospiti Carolina Bubbico, Simone Alessandrini e Francesco Fratini, e nel quale confluiscono inserti sintetizzati, come effetti e voci preregistrate, su una tessitura acustica di pregio, capace di flettere tra momenti dalla forte impronta di cantabilità (Forget To Be Present), a situazioni più ruvide e sperimentali.
martedì 26 novembre 2019
Pierpaolo Bisogno: “Love Secret” [Emme Record Label, 2019]
Si arricchisce degli ospiti Rocco Ziffarelli alla chitarra e Alfonso Deidda al fluato il quartetto capitanato dal vibrafonista Pierpaolo Bisogno e completato da Pietro Lussu al pianoforte, Francesco Galatro al contrabbasso e Marcello Di Leonardo alla batteria. Le tracce in scaletta, perlopiù originali firmate dal leader della sessione, emanano un profondo senso di eleganza estetica, che segna in maniera decisa temi inclini alla cantabilità melodica. Non mancano passaggi che esulano la linea mainstream che caratterizza l’album, come Mood Afrika, brano in cui predominano suoni e percussioni che rimandano l’immaginario verso le tipiche colorazioni timbriche del continente africano.
lunedì 25 novembre 2019
Giulio Stermieri Yabai Quartet: “Crops And Sports” [All Right Riserva Recordz, 2019]
Al fianco del tastierista Giulio Stermieri, per l’occasione, al Fender Rhodes troviamo il nuovo quartetto Yabai, completato da Giovanni Benvenuti al tenore, Martino De Franceschi al contrabbasso e Federico Negri alla batteria. Quello che i quattro sviluppano nelle sette tracce di “Crops And Sports” – tutte firmate dal leader - è un suono attraversato da una sottile, quanto percepibile, tensione creativa, che va individuata negli accostamenti timbrici, nell’abbinamento di sonorità acustiche ed elettriche, e nelle forme, spesso in divenire, degli scenari sonori. Nell’insieme si tratta di un lavoro curato nel dettaglio e che non manca di creatività e sperimentazione.
mercoledì 20 novembre 2019
Peppe Santangelo Nu Quartet: “My Name Is” [Alessio Brocca Edizioni Musicali, 2019]
Si completa con Gabriele Orsi (chitarra), Yazan Greselin (organo Hammond e tastiere) e Francesco Di Lenge (batteria) il Nu Quartet assemblato dal sassofonista Peppe Santangelo, che in “My Name Is” mette in fila una scaletta di nove brani originali, ognuno dei quali - come i titoli lasciano intendere, vedi John, Dexter o Sonny - è dedicato a un musicista simbolo del Jazz. Figure che hanno ispirato Santangelo nel produrre un sound denso e ben messo a fuoco, sia dal punto di vista puramente timbrico sia espressivo. Oltre al tenore del leader risulta centrale negli sviluppi estetici dell’album l’Hammond manovrato da Greselin, per un insieme che trasuda interplay, tra hard bop e venature funk.
sabato 16 novembre 2019
Stefano Travaglini – Massimiliano Coclite: “The Long Line” [Odardek, 2019]
L’incontro tra i due pianisti Stefano Travaglini e Massimiliano Coclite genera un lavoro dalla profonda ispirazione estetica, espressiva e formale. La loro linea di continuità si sviluppa in una scaletta di dodici tracce, dove rimangono centrali il reciproco ascolto e l’intenzione di improvvisare temi coerenti e liberi da logiche preconcette, se non quelle di girare attorno a temi di grandi classici, come nella reinterpretazione di Body And Soul. Ne scaturisce un insieme dove i due protagonisti si rincorrono, si scontrano o si uniscono in un continuo cambio di prospettiva e di genere.
Giusy Consoli: “So This Is Love - A Tribute to Billy Strayhorn” [Splasc(h) Records, 2019]
Prodotto da Luigi Naro per Splasc(h) Records “So This Is Love - A Tribute to Billy Strayhorn” è il primo album della cantante Giusy Consoli, per l’occasione affiancata da cinque musicisti di valore assoluto (Michele Franzini: pianoforte; Massimo Vescovi: chitarra; Alex Orciari: contrabbasso; Rudi Manzoli: sax; Roberto Paglieri: batteria). Come il titolo lascia intendere si tratta di un omaggio al repertorio di Billy Strayhorn, del quel vengono rilette pagine di immortale fascino, come Chelsea Bridge o Lush Life. Si ascoltano ambientazioni mainstream, tipiche del jazz vocale, nelle quali la figura di Giusy Consoli si rivela centrale nelle estetiche e nell’espressività proposta.
mercoledì 13 novembre 2019
Giancarlo Tossani: “Strange Spy” [Auand, 2019]
«[…] Lavoro di solito con buoni partner umani e qui invece con un partner che non ha un volto umano ma estremamente servizievole e compiacente». Si riferisce al computer, e alla strumentazione elettronica in genere, il pianista Giancarlo Tossani che nel suo lavoro “Strange Spy” mette insieme quattordici tracce in solo. Ne deriva un album dal piglio sperimentale, con passaggi accennati, situazioni compiute e momenti di estrema visionarietà. Tossani lavora addizionando suoni sintetici alle sue linee pianistiche, capaci di prendere direzioni spiazzanti e vivere attraverso una tensione estetica che si avverte per tutta la durata della performance.
martedì 12 novembre 2019
Claudio Jr. De Rosa Jazz Quartet: “Forces” [Incipit Records, 2019]
“Forces” è il secondo lavoro firmato dal quartetto, di stanza in Olanda, guidato dal sassofonista partenopeo Claudio Jr. De Rosa, e completato da Xavi Torres al pianoforte, Mauro Cottone al contrabbasso e Augustas Baronas alla batteria. Nei nove brani in programma ascoltiamo un jazz pieno di vitalità, sì incentrato sul suono del leader, ma aperto alle iniziative dei singoli capaci di arricchire un movimento d’insieme cesellato con cura, compatto e carico di groove. Concretezza ed elementi puramente estetici per un equilibrio raggiunto attraverso la voglia di esporre un pensiero di positività e intraprendenza. La foto di copertina è di Roberto Cifarelli.
domenica 10 novembre 2019
Ragotago: “-ismo” [Jasm Records, 2019]
Dietro la sigla Ragotago troviamo un affiatato quartetto composto dai fratelli Pepe e Pancho Ragonese, rispettivamente tromba e pianoforte (e in alcuni passaggi Fender Rhodes), da Ares Tavolazzi al contrabbasso e dal batterista Alfredo Golino. In scaletta si ascoltano otto originali, tutti firmati dai Ragonese, nei quali si apprezza un sound di matrice mainstream, dove le “voci” soliste di tromba e pianoforte conducono temi sempre cantabili. La conclusiva Che belli noi, cantata da Pepe Ragonese, vira l’atmosfera verso un elegante cantautorato in un album dove regnano buon gusto compositivo e attenzione dei particolari.
martedì 5 novembre 2019
Simone Graziano Frontal: “Sexuality” [Auand, 2019]
Il nuovo lavoro che Simone Graziano firma insieme al quintetto Frontal vede l’ingresso in line up del chitarrista Reiner Baas, in luogo del sassofonista David Binney, e segna un deciso cambio di direzione rispetto al precedente “Trentacinque” (Auand, 2015). Del resto lo stesso Graziano, in un’intervista rilasciata alla rivista Jazzit, aveva anticipato che: «[…] Saranno tracce totalmente diverse da quello che abbiamo prodotto finora, per una musica dai tratti melodici molto marcati». Quello che si ascolta è un lavoro dalla forte impronta di contemporaneità, pronto al cambio di direzione espressiva, dove l’elemento estetico è trattato con visioni aperte, e nel quale intervengono diverse “voci”, come il tenore di Dan Kinzelman, la duttilità pianistica del leader e la flessibilità ritmica di Stefano Tamborrino alla batteria e Gabriele Evangelista al contrabbasso.
martedì 29 ottobre 2019
Antonio Fresa: “Piano verticale” [The Writing Room, 2019]
Con “Piano verticale” Antonio Fresa intende dare il via a una trilogia tematica, e formale, dedicata al pianoforte, strumento attraverso il quale esprime la propria arte e il suo modo di intendere la comunicazione. Spesso associato alla musica da film, il pianista partenopeo realizza un album dove l’elemento visuale, scaturito da un pianismo incentrato sulla cantabilità melodica e sulla costruzione di “orizzonti espressivi”, risulta essere elemento centrale, necessario e vitale in ognuna delle otto tracce in scaletta. Diverse sono le forme proposte: dal piano solo al duo con la tromba di Luca Aquino, dalle interazioni con gli archi agli interventi di vibrafono, percussioni e fiati.
lunedì 28 ottobre 2019
Giovanni Guidi: “Avec le temps” [ECM, 2019]
In questa nuova uscita per ECM Giovanni Guidi si avvale della collaborazione di Francesco Bearzatti (sax) e Roberto Cecchetto (chitarra), due “voci soliste” che vanno ad arricchire le linee formali messe dei consueti compagni di viaggio Thomas Morgan (contrabbasso) e João Lobo (batteria). Guidi realizza un album dal profondo valore estetico, emozionale ed espressivo. Il suo è un pianismo capace di lambire vette di estrema cantabilità melodica, come nell’iniziale Avec le temps, il brano di Léo Ferré reinterpretato in trio con misura e grazia, o di contribuire a una sottile, quanto tangibile, tensione espressiva. La conclusiva Tomasz è una sentita dedica alla figura, venuta a mancare lo scorso anno, di Tomasz Stanko.
martedì 22 ottobre 2019
►Michel Reis: “Short Stories” [CAM Jazz, 2019]
È un percorso di quattordici brani quello che il pianista lussemburghese Michel Reis mette insieme nel suo “Short Stories”, l’album in solo che pubblica per la CAM Jazz di Ermanno Basso. Si tratta di un lavoro capace di emanare profonde sensazioni di intimità espressiva, tradotta in brani misurati e raccolti attorno a una forte idea di essenzialità. Il pianismo di Reis non conosce né addizioni fuori luogo né passaggi privi di significati, in un album dove si intersecano l’eleganza e la pulizia del suo background classico con le curvature jazzistiche.
lunedì 21 ottobre 2019
David Torn, Tim Berne, Ches Smith: “Sun Of Goldfinger” [ECM, 2019]
Si compone di tre lunghe tracce, ognuna oltre i venti minuti di durata, “Sun Of Goldfinger”, l’album che vede protagonisti David Torn (chitarra, effetti), Tim Berne (alto), Ches Smith (percussioni, elettronica), edito dalla ECM di Manfred Eicher. Si tratta di una maglia sonora tessuta attraverso un piglio di spontanea improvvisazione, nella quale confluiscono suoni di diversa matrice, addizioni timbriche (archi, elettronica), tangenti estetiche e continue interazioni. Ne derivano scenari dai colori a tinte forti, saturi e aggrovigliati, capaci anche di piegarsi verso momenti al limite della rarefazione, scura e sinistra, come nella parte centrale di Spartan, Before It Hit.
sabato 19 ottobre 2019
►Fabio Giachino: “At The Edges Of The Horizon” [CAM Jazz, 2019]
Seppur compatto nella sua idea d’insieme “At The Edges Of The Horizon” si rivela come un album dalla doppia personalità espressiva: da un lato troviamo il piano trio capitanato da Fabio Giachino, e completato da Davide Liberti al contrabbasso e Ruben Bellavia alla batteria, sempre elegante, misurato e calibrato in ogni movenza; dall’altro si ascolta il trio arricchito dalla sezione fiati, composta da alto, tenore, clarinetto basso, tromba e trombone, che frantuma ogni incasellamento di genere. Giachino dirige avvalendosi di un pianismo flessibile, guizzante, ritmico, chiaroscurale o lucente a seconda della situazione, arricchendo ulteriormente l’orizzonte estetico con innesti di sonorità elettroniche.
venerdì 18 ottobre 2019
►Ben Van Gelder – Reiner Baas: “Mokum in Hi-Fi” [Doyoumind? Records, 2019]
È un duo molto interessante quello composto da Ben Van Gelder, alto, e Reiner Baas, chitarra elettrica, sia dal punto di vista prettamente formale, e timbrico, sia per la decisa, quanto rodata in diverse live performance, dinamica creativa. Le otto tracce originali del loro “Mokum in Hi-Fi” prendono spesso vita da elementi sparsi, quasi accennati, capaci poi di farsi melodia concreta, dalla lineare cantabilità e dal respiro estetico sempre ampio e profondo. Giovani musicisti in grado di creare una musica matura e dal carattere ben definito.
giovedì 10 ottobre 2019
Bologna Jazz Festival 2019: Intervista a Francesco Bettini
In programma dal 25 ottobre al 26 novembre anche quest’anno il Bologna Jazz Festival si presenta come uno degli appuntamenti più rilevanti a livello internazionale. Nel calendario, pensato con date anche a Ferrara, Modena e Forlì, spiccano i nomi degli headliner: Pat Metheny, Dianne Reeves, Cross Currents Trio, Fred Hersch ed Hermeto Pascoal. Ne abbiamo parlato con il direttore artistico Francesco Bettini
C’è un filo logico o un motivo che unisce le molte proposte in programma? Essendo il Festival una rete di collaborazioni con un’infinità di soggetti è praticamente impossibile individuare un unico percorso tematico. Si cerca di assecondare l’orientamento artistico dei singoli partner pervenendo a un’offerta il più possibile variegata che rappresenti al meglio l’attualità jazzistica internazionale. Per quanto riguarda le sole produzioni dirette dell’associazione capofila del festival, si è cercato in passato di dare linee guida al programma. Per esempio la scorsa edizione è stata dedicata ai larghi organici orchestrali e agli arrangiatori. Tuttavia quest’anno non si è optato per una proposta specifica.
Tra i tanti nomi importanti che presenta in cartellone qual è quello che maggiormente attendi di vedere e perché? Difficile individuare un singolo progetto, direi comunque sul piano puramente personale che tra tutti non avendolo mai goduto dal vivo, attendo con interesse di ascoltare il trio di Fred Hersch. Si tratta oltretutto del più classicamente jazz dei concerti principali del palinsesto e di un nome poco noto ai più, che potrebbe sorprendere positivamente il pubblico.
Qual è la chiave per attrarre pubblico nuovo verso il jazz? Le strade sono molteplici, ma è fondamentale la formazione. Da quasi dieci anni lavoriamo con il Liceo musicale e il Conservatorio di Bologna e più di recente abbiamo esteso la nostra sfera d'azione anche ai più giovani. Collaboriamo inoltre anche con il Museo della musica e siamo promotori di convegni musicologici e giornalistici. Oltre al lato didattico agevoliamo la fruizione degli under 30 con biglietti sensibilmente scontati e collaboriamo con locali attivi sul territorio che propongono jazz dal vivo ad una clientela di ventenni e trentenni.
Il festival non si svolgerà solo a Bologna, ma anche in altre sedi a Ferrara, Modena e Forlì. Come avete organizzato questa fitta rete di appuntamenti? Ferrara è partner storico del festival, fin dalla seconda edizione e il primo direttore artistico del BJF 2006 era Alberto Alberti, punto di riferimento anche della programmazione del Jazz Club Ferrara. Quindi la collaborazioni tra le due città e le rispettive associazioni era inevitabile. Modena si è avvicinata successivamente mentre Forlì è per la prima volta presente quest’anno. Questi e altri partner della Città Metropolitana hanno tutti, per differenti ragioni, affinità con lo scopo sociale della nostra associazione e collaborare quando l’obiettivo è comune risulta piuttosto semplice e immediato. Ci vuole solo tempo per coordinarci ed evitare sovrapposizioni di artisti e di date, ma come dicevo prima, lasciamo ampia libertà di scelta a tutti i partner, considerando la diversità un valore aggiunto.
Come è nata la collaborazione con Altan per la realizzazione della locandina? Dall’esperienza in materia di illustrazione di un altro nostro partner storico, BilBOlbul, il festival internazionale del fumetto che inizia ogni anno quando si conclude il Bologna Jazz Festival. Un passaggio di testimone che avviene sempre attraverso l’immagine coordinata che ogni anno viene affidata a un artista scelto da entrambi i soggetti.
Vi siete posti un obiettivo da raggiungere? L’obiettivo principale è quello di resistere facendo in modo che il bilancio annuale ci tenga a galla per proseguire nel tempo. Fin ora siamo stati bravi perché il programma cresce progressivamente, sia in termini di numeri che di qualità e siamo arrivati al quattordicesimo anno di attività continuativa.
Al termine del festival quale commento ti piacerebbe sentire? “E adesso dove si può andare ad ascoltare qualcos’altro?”. Dopo una scorpacciata di concerti di oltre un mese non dimentichiamo che il Torrione di Ferrara, la Cantina Bentivoglio, il Bravo o il nuovo Camera Jazz Club di Bologna, vanno avanti. Sono i luoghi dove tutto l’anno la programmazione continua a proporre concerti di livello. Il festival è importante, ma non si esaurisce tutto lì. Per esempio subito dopo il festival al solo Jazz Club Ferrara c’è una sequenza concertistica favolosa: The Bad Plus, Chris Potter Circuits, Enrico Rava Special Edition, solo per citarne alcuni.
Dal momento che sei da diversi anni anche il direttore artistico del Jazz Club Ferrara sapresti illustrarci come è cambiato nel tempo il modo di intendere la tua professione?
Quando inizi sei più incosciente, tutto viaggia sulle ali dell’entusiasmo e molto spesso si improvvisa. Mano a mano che si acquisisce esperienza, certi aspetti si automatizzano e non si gira più a vuoto. Tuttavia più ci si professionalizza, più si viene a conoscenza delle criticità di ogni singola fase della produzione e questo genera un mole di lavoro che agli inizi era inimmaginabile. Sul piano più specificamente artistico, in oltre vent’anni di attività, a forza di ascoltare concerti e frequentare artisti, il panorama percettivo si spalanca progressivamente, uscendo dai confini in cui inizialmente si percepiva circoscritto. Si inizia in pratica ad apprezzare linguaggi che prima non si conoscevano o non si comprendevano.
Tutte le info su BJF 2019: https://www.bolognajazzfestival.com/
C’è un filo logico o un motivo che unisce le molte proposte in programma? Essendo il Festival una rete di collaborazioni con un’infinità di soggetti è praticamente impossibile individuare un unico percorso tematico. Si cerca di assecondare l’orientamento artistico dei singoli partner pervenendo a un’offerta il più possibile variegata che rappresenti al meglio l’attualità jazzistica internazionale. Per quanto riguarda le sole produzioni dirette dell’associazione capofila del festival, si è cercato in passato di dare linee guida al programma. Per esempio la scorsa edizione è stata dedicata ai larghi organici orchestrali e agli arrangiatori. Tuttavia quest’anno non si è optato per una proposta specifica.
Tra i tanti nomi importanti che presenta in cartellone qual è quello che maggiormente attendi di vedere e perché? Difficile individuare un singolo progetto, direi comunque sul piano puramente personale che tra tutti non avendolo mai goduto dal vivo, attendo con interesse di ascoltare il trio di Fred Hersch. Si tratta oltretutto del più classicamente jazz dei concerti principali del palinsesto e di un nome poco noto ai più, che potrebbe sorprendere positivamente il pubblico.
Qual è la chiave per attrarre pubblico nuovo verso il jazz? Le strade sono molteplici, ma è fondamentale la formazione. Da quasi dieci anni lavoriamo con il Liceo musicale e il Conservatorio di Bologna e più di recente abbiamo esteso la nostra sfera d'azione anche ai più giovani. Collaboriamo inoltre anche con il Museo della musica e siamo promotori di convegni musicologici e giornalistici. Oltre al lato didattico agevoliamo la fruizione degli under 30 con biglietti sensibilmente scontati e collaboriamo con locali attivi sul territorio che propongono jazz dal vivo ad una clientela di ventenni e trentenni.
Il festival non si svolgerà solo a Bologna, ma anche in altre sedi a Ferrara, Modena e Forlì. Come avete organizzato questa fitta rete di appuntamenti? Ferrara è partner storico del festival, fin dalla seconda edizione e il primo direttore artistico del BJF 2006 era Alberto Alberti, punto di riferimento anche della programmazione del Jazz Club Ferrara. Quindi la collaborazioni tra le due città e le rispettive associazioni era inevitabile. Modena si è avvicinata successivamente mentre Forlì è per la prima volta presente quest’anno. Questi e altri partner della Città Metropolitana hanno tutti, per differenti ragioni, affinità con lo scopo sociale della nostra associazione e collaborare quando l’obiettivo è comune risulta piuttosto semplice e immediato. Ci vuole solo tempo per coordinarci ed evitare sovrapposizioni di artisti e di date, ma come dicevo prima, lasciamo ampia libertà di scelta a tutti i partner, considerando la diversità un valore aggiunto.
Come è nata la collaborazione con Altan per la realizzazione della locandina? Dall’esperienza in materia di illustrazione di un altro nostro partner storico, BilBOlbul, il festival internazionale del fumetto che inizia ogni anno quando si conclude il Bologna Jazz Festival. Un passaggio di testimone che avviene sempre attraverso l’immagine coordinata che ogni anno viene affidata a un artista scelto da entrambi i soggetti.
Vi siete posti un obiettivo da raggiungere? L’obiettivo principale è quello di resistere facendo in modo che il bilancio annuale ci tenga a galla per proseguire nel tempo. Fin ora siamo stati bravi perché il programma cresce progressivamente, sia in termini di numeri che di qualità e siamo arrivati al quattordicesimo anno di attività continuativa.
Al termine del festival quale commento ti piacerebbe sentire? “E adesso dove si può andare ad ascoltare qualcos’altro?”. Dopo una scorpacciata di concerti di oltre un mese non dimentichiamo che il Torrione di Ferrara, la Cantina Bentivoglio, il Bravo o il nuovo Camera Jazz Club di Bologna, vanno avanti. Sono i luoghi dove tutto l’anno la programmazione continua a proporre concerti di livello. Il festival è importante, ma non si esaurisce tutto lì. Per esempio subito dopo il festival al solo Jazz Club Ferrara c’è una sequenza concertistica favolosa: The Bad Plus, Chris Potter Circuits, Enrico Rava Special Edition, solo per citarne alcuni.
Dal momento che sei da diversi anni anche il direttore artistico del Jazz Club Ferrara sapresti illustrarci come è cambiato nel tempo il modo di intendere la tua professione?
Quando inizi sei più incosciente, tutto viaggia sulle ali dell’entusiasmo e molto spesso si improvvisa. Mano a mano che si acquisisce esperienza, certi aspetti si automatizzano e non si gira più a vuoto. Tuttavia più ci si professionalizza, più si viene a conoscenza delle criticità di ogni singola fase della produzione e questo genera un mole di lavoro che agli inizi era inimmaginabile. Sul piano più specificamente artistico, in oltre vent’anni di attività, a forza di ascoltare concerti e frequentare artisti, il panorama percettivo si spalanca progressivamente, uscendo dai confini in cui inizialmente si percepiva circoscritto. Si inizia in pratica ad apprezzare linguaggi che prima non si conoscevano o non si comprendevano.
Tutte le info su BJF 2019: https://www.bolognajazzfestival.com/
mercoledì 2 ottobre 2019
Fabrizio Bai Trio: “Comunque sia…” [Dodicilune, 2019]
Ad affiancare il chitarrista Fabrizio Bai nel suo “Comunque sia…” troviamo Raffaele Toninelli al contrabbasso ed Emanuele Pellegrini alla batteria. Si tratta di un trio affiatato e attivo da diverso tempo, che rilascia un album sviluppato nelle sette tracce originali del leader, nelle quali echeggiano sonorità latine e mediterranee, arricchite da timbri di diversa natura, come, per esempio, l’utilizzo della kalimba e di varie percussioni. Le sette corde della chitarra classica di Bai mantengono una costante tensione nei primi piani espressivi, e producono una profonda cantabilità in tematiche che, se ascoltate nel loro insieme, disegnano un
percorso dal forte appeal. La foto di copertina è firmata da Slava Gerj.
domenica 29 settembre 2019
Francesco Bearzatti – Benjamin Moussay – Roberto Gatto: “Dear John” [CAM Jazz, 2019]
Registrato dal vivo a Prepotto presso l’azienda vinicola Le Due Terre “Dear John” è un omaggio sentito che Francesco Bearzatti, Benjamin Moussay e Roberto Gatto rivolgono alla figura di John Coltrane. A parte il tradizionale One Love e alla rilettura di Dear Lord il resto del programma prevede solo originali firmati da Bearzatti, il quale mette in evidenza le qualità timbriche ed espressive del suo tenore, spesso vertice stilistico del trio. L’album non è il classico lavoro di rivisitazione del repertorio, ma si presenta come fosse un inno alla spiritualità, alla sensibilità e alla profonda consapevolezza artistica di Coltrane.
Régis Huby – Guillaume Roy – Atsushi Sakaï: “Improvisation” [CAM Jazz, 2019]
Régis Huby, Guillaume Roy e Atsushi Sakaï, rispettivamente violino, viola e violoncello, realizzano un lavoro basato sull’improvvisazione, per due lunghi movimenti registrati dal vivo presso l’azienda vinicola Gravner di Oslavia. Ne derivano sonorità spesso dure, aggrovigliate e piene di passaggi dal carattere sinistro e spettrale. Ognuno dei protagonisti è chiamato a direzionare il flusso di idee, e istinti, che trascinano l’ascoltatore verso scenari allucinati e mai prevedibili. Nell’insieme non mancano brevi parentesi cameristiche, dove si ha l’impressione di apparente tregua, pronta da un momento all’altro a volgere in tempesta. La foto di copertina è firmata da Elisa Caldana.
Huw Warren – Mark Lockheart: “New Day” [CAM Jazz, 2019]
Huw Warren al pianoforte e Mark Lockheart ai sassofoni, tenore e soprano, disegnano un percorso di otto brani, registrati dal vivo presso l’azienda vinicola Livio Felluga, che trovano il loro motivo di maggiore interesse nella cantabilità melodica dei temi. “New Day” è un lavoro capace di catturare l’attenzione di chi ascolta grazie alla grande empatia tra i due protagonisti, dalla quale sgorga un continuo rimando di idee, sviluppate attorno a un compatto impasto timbrico. Per tutta la ripresa di avverte un velato senso di malinconia e introspezione, anche se non mancano passaggi dal piglio più guizzante e festoso, come avviene in Clec, uno dei cinque originali firmati da Warren.
venerdì 27 settembre 2019
Mirko Cisilino: “Effetto carsico” [Auand, 2019]
Per il suo debutto nelle vesti di leader il trombettista Mirko Cisilino si avvale di una line up completata da Filippo Orefice (tenore), Beppe Scardino (baritono), Marzio Tomada (basso elettrico) e Marco D’Orlando (batteria). Ne deriva un album dal carattere timbrico, ed estetico, da un lato votato alla cantabilità melodica dei temi proposti, e dall’altro capace di creare la giusta tensione espressiva. Cisilino mette in programma quattordici brani originali, in meno di quaranta minuti, in un percorso che trova sia chiavi di lettura nel singolo passaggio sia in un insieme nel quale si intercettano anche sensazioni bandistiche e spigolature rock oriented.
sabato 21 settembre 2019
Enrico Degani: “In Between” [Honolulu Records, 2019]
Per il suo “In Between” il chitarrista Enrico Degani affida un largo spazio espressivo alla voce di Diana Tarto, e si avvale della presenza del percussionista Michele Rabbia per spostare gli equilibri formali ed estetici verso una misurata sperimentazione. Degani applica uno studio di accordature per quarti di tono nelle tracce proposte, in un percorso dove si intersecano sonorità di chitarra classica, chitarra preparata, percussioni ed elettronica. Ne deriva una tessitura pregiata, dalla sfuggente classificazione stilistica e dai molteplici spunti di interesse.
giovedì 19 settembre 2019
Andrea Molinari: “51”, [Ropeadope Records, 2019]
Troviamo Camilla Battaglia, voce in quattro dei nove originali presenti in scaletta, tra gli ospiti del nuovo lavoro del chitarrista Andrea Molinari, per l’occasione in quartetto con Enrico Zanisi al pianoforte e tastiere, Matteo Bortone al contrabbasso ed Enrico Morello alla batteria. L’album emana un suono d’insieme in equilibrio tra la cantabilità dei temi – messi in evidenza dal prezioso pianismo di Zanisi - e una positiva tensione di interplay, in due brani intensificata dagli interventi del trombettista Alessandro Presti. Da segnalare nella title track la presenza della soprano Clementina Regina, per un passaggio immaginifico e inatteso.
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