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mercoledì 11 luglio 2012
The Last Fight: Miracles
Tre brani compongono l’EP Miracles, firmato dai The Last Fight, band che ha già all’attivo un lavoro sulla distanza che conta dal titolo Right of Wave. Le tracce qui proposte non aggiungono grandi novità alla tendenza stilistica del quartetto, che rilascia un sound dall’approccio rock molto deciso, come testimoniato dalla tambureggiante traccia d’apertura, che dà il titolo a questa pubblicazione. La seguente Kiss Cosmic è un brano dipinto con colori leggermente più tenui, anche se la voce di James F. Dini risulta essere l’elemento primario dell’espressione complessiva del gruppo, dietro al quale si muove uno scenario che trova la giusta tensione tra la chitarra elettrica e la sezione ritmica. I nostri giocano le loro carte sull’innesco di ritornelli a presa rapida, che però non sempre lasciano un segno tangibile, come nella conclusiva The Importance of Being Connected.
Clan Bastardo: Clan Bastardo
Quattordici brani, cantati in italiano e stipati in poco più di mezzora, compongono l’album d’esordio dei Clan Bastardo, formazione nata dall’unione dei fratelli Pino (voce e chitarra) ed Enzo Di Guglielmo (basso), ai quali si sono affiancati il batterista Dino Magnotta e il chitarrista Stew Page. Il loro sound è un punk-rock di chiara ispirazione Clash, rivisto e forgiato con approccio dinamico alla materia musicale, scolpita a furia di ritmi martellanti e andamenti che non lasciano spazio alle riflessioni. Questo lavoro arriva dopo un periodo di rodaggio, e denuncia la buona maturità della band campana, che sa farsi valere in particolar modo dal vivo, dove i testi graffianti e rabbiosi arrivano a coinvolgere il pubblico senza possibilità di scampo. Tra i brani più incisivi segnaliamo Whiskey e puttane, che sintetizza l’attitudine dei Clan Bastardo.
martedì 10 luglio 2012
Espresso Atlantico: Espresso Atlantico
Gli Espresso Atlantico danno alle stampe il loro primo album omonimo, che in poco più di mezzora riesce a mettere in mostra un arco espressivo capace di abbracciare diversi generi. Si tratta di un viaggio immaginario che tocca diversi lidi stilistici, come il tango di Tango negro e la tarantella di Tarantella aia sassa, i sapori dell’est Europa di La Balalaika di Kaluga e il valzer elegante di La Valse à Margaux. Rivisitazioni di brani di grandi artisti, come la splendida Escualo di Astor Piazzolla, e pezzi originali – firmati dal pianista Andrea Gattico – si fondono in una miscela inebriante di profumi e sapori, in un continuo cambio di scenario che cattura l’attenzione dell’ascoltatore di turno. Inoltre, in un’amalgama di sicuro interesse, non mancano le parentesi ballabili, come il cha cha dell’iniziale Donde estas Yolanda.
Antinomia: Illusioni ottiche
Gli Antimonia sono una rock band piemontese che finora si è fatta notare per una serie di live in ambito nazionale e per l’EP Sottobosco (2010). Illusioni ottiche è il loro primo album, nel quale riversano un’attitudine rock che rimanda in mente situazioni già esistenti del panorama italiano, leggi Litfiba e dintorni. Le undici tracce che compongono la tracklist formano un insieme nel quale la figura primaria risulta essere la voce profonda e graffiante di Riccardo Rizzi, dietro al quale si muove uno sfondo fatto di chitarra elettrica, tagliente e rugginosa quanto basta, e una rocciosa sezione ritmica. Testi in italiano, che parlano delle contraddizioni dell’attuale società, approccio deciso e tanta voglia di portare a galla la propria idea musicale fanno di questa band una realtà interessante, con le carte in regola per riuscire ad emergere.
Anna Cinzia Villani e MacuranOrchestra: Fimmana, mare e focu!
Da sempre attiva nell’ambito della riscoperta e della riproposizione della musica tradizionale salentina Anna Cinzia Villani conferma in Fimmana, mare e focu! la sua attitudine stilistica e la sua forza espressiva, attraverso un repertorio che spazia tra composizioni inedite e canti tipici della sua terra. Tredici brani che hanno come filo conduttore la figura femminile nell’immaginario popolare, spesso oggetto di canzoni, poesie e serenate, nei quali la voce della Villani rappresenta un primo piano di inarrivabile fascino, carica della giusta enfasi e di una cifra interpretativa notevole. A contorno la pizzica, ma anche situazioni chiaroscurali, accennate, e un contesto musicale che sfugge al facile incasellamento perché pieno di derivazioni e stili lontani, dalle semplici canzoni alle rarefazioni di matrice jazzistica.
Baye Fall: Immigration
Idrissa Sarr, in arte Baye Fall, è un rapper senegalese che dopo numerose collaborazioni nell’ambito hip-hop del proprio Paese è arrivato in Italia con il sogno di far conoscere la sua musica. Idea che è diventata realtà grazie alla label salentina 11/8, e concretizzata nell’album Immigration. Titolo emblematico, dal momento che i testi – cantati in inglese, italiano, francese e lingua wolof – parlano di immigrazione e di storie relative a un problema che non trova soluzione di continuità. Razzismo dunque, ma anche sfruttamento di persone attratte da una prospettiva di vita migliore che spesso si rivela fasulla, alle quali si rivolgono i tredici brani in programma. Tracce dietro le quali agisce Cesare Dell’Anna, compositore e direttore artistico di questo interessante progetto che si muove tra afrobeat, manipolazioni dub e rap in senso stretto.
venerdì 6 luglio 2012
Massimo Barbiero e Marcella Carboni - feat: Maurizio Brunod: Kandinsky
Interessante incontro tra le sonorità africane prodotte del percussionista Massimo Barbiero (Odwalla) con il dolce suono d’arpa di Marcella Carboni e le tensioni chitarristiche di Maurizio Brunod, Kandinsky si propone come un lavoro denso di significati espressivi, varietà formale e dallo sviluppo intrigante quanto coinvolgente. Si tratta di dieci brani originali – più la rivisitazione di Come Sunday (Duke Ellington) - legati tra loro dalla voglia di eplorare scenari inediti, intenzione che caratterizza tutte le uscite discografiche – sia di gruppo che in solo – nelle quale troviamo coinvolto Barbiero. In questo nuovo episodio c’è l’idea del suono che si materializza in colori e visioni inedite, tradotte da un triangolo strumentale che produce loop ipnotici, note staccate e sospese, andamenti irregolari, intrecci di corde e pelli piacevolmente sorprendenti.
Ada Montellanico: Suono di donna
Dieci brani di ispirazione stilistica lontana – si va dal pop di Carmen Consoli alla storia del jazz di Abbey Lincoln – compongono il nuovo lavoro firmato dalla vocalist Ada Montellanico, la quale ha affidato il complesso compito di arrangiamento a Giovanni Falzone, che a sua volta ha fatto leva su un gruppo di musicisti giovani e duttili, tra i quali Francesco Diodati (chitarra) e Alessandro Paternesi (batteria). Suono di donna si ispira all’universo poetico femminile e rivela un’anima profonda e coesa, dove la voce e la tromba svolgono ruoli primari, trovando nei suoni e nelle parole una grande liricità e una forza espressiva notevole. Il lavoro, giocato su timbri forti e atmosfere strumentali di grande impatto, presenta diversi momenti di interessante sviluppo formale, anche quando, come nell’originale appositamente composto (Meteora), i toni si fanno più soffusi e pensosi.
Alessandro Bertozzi: Crystals
Undici brani originali compongono Crystals, l’album nel quale il saxofonista Alessandro Bertozzi propone una miscela stilistica che include derivazioni funk, venature soul e mainstream jazz. Il leader si distingue per i suoi lunghi soli, nei quali sviluppa melodie dalla grande canatabilità, come nell’iniziale Da Vince Blues, che formano il primo piano di una scenario nel quale compaiono diversi musicisti come, tra gli altri, Andrea Braido, John Patitucci e Hiram Bullock, splendida voce in Why Must I Wait. O come Randy Breacker che segna in maniera indelebile Falling Leaves, uno dei momenti più intimi e introspettivi di un programma che emana una notevole quantità di groove e passaggi dal tiro ritmico più importante. Si tratta di un lavoro interessante, perché costruito con intelligenza da Bertozzi e con grande unione di intenti malgrado un’affollata credits list.
Max De Aloe Quartet: Björk on the Moon
L’armonicista Max De Aloe innesta nelle tessiture timbriche del suo quartetto – completato da Roberto Olzer (piano, Fender Rhodes), Nicola Stranieri (batteria) e Marco Mistrangelo (contrabbasso) – il violoncello barocco di Marlise Goidanich per dar vita a Björk on the Moon, un progetto incentrato sulla musica della cantante islandese. In tal senso non siamo al primo tentativo che si registra nell’area jazzistica, ma il lavoro di De Aloe si distingue per la grande voglia di allargare gli orizzonti del repertorio, facendo proprio il nocciolo compositivo per poi intraprendere percorsi che non ti aspetti. Così Hyper Ballad diventa un pretesto per un’improvvisazione collettiva di grande spontaneità; Overture un episodio dall’approccio poetico; Come to Me vira in territori melodici più ampi e solari, in un insieme che ha diversi motivi per farsi ricordare.
Bebo Ferra: Specs People
Per il suo nuovo lavoro Bebo Ferra sceglie l’assetto chitarra-Hammond-batteria, dando vita a un percorso interessante composto da brani originali, sconfinamenti in ambito rock (Satisfaction) e nella musica da film (Gran Torino). Un insieme tenuto legato dal comune senso della profondità espressiva, tradotta dalla chitarra elettrica del leader – molto melodica, ma anche tagliente all’occorrenza - e dal tipico suono dell’Hammond, capace di avvolgere il tutto in un’atmosfera inevitabilmente vintage. Tra le cose migliori di Specs People va segnalata l’iniziale Scuro, dove il leader rilascia sia valore tecnico che comunicativo, in un brano che ben riassume l’intenzione di spaziare tra generi e approcci stilistici diversi. Il trio si muove da situazioni cullanti ad altre intrise di psichedelia, in cinquanta minuti che sanno come rapire l’attenzione di chi ascolta.
sabato 23 giugno 2012
Lips Against the Glass: Vivid Colour

Patrizio Trampetti: Qui non si muove mai niente

venerdì 22 giugno 2012
Peppe Fonte: Secondo me è l’una

giovedì 21 giugno 2012
Lüger: Concrete Light

mercoledì 20 giugno 2012
Tindara: Quando parlo urlo

domenica 17 giugno 2012
Joan & The Sailors: Mermaid

mercoledì 13 giugno 2012
Diego Nozza: Hard Core (Crac Edizioni)

lunedì 11 giugno 2012
Joy as a Toy: Dead as a Dodo

giovedì 7 giugno 2012
Adam’s Castle: Vices

mercoledì 6 giugno 2012
I Cosi: Canti bellicosi

domenica 20 maggio 2012
Violassenzio: Nel dominio
Per la band ferrarese Violassenzio si tratta del secondo lavoro sulla distanza che conta, a due anni dall’interessante “Andrà tutto bene”, un album che aveva ottenuto diversi riscontri positivi da parte di critica e pubblico.
“Nel dominio” riallaccia i fili con il rock cantautorale dell’esordio, e propone quattordici brani legati insieme da un concept che gira intorno al termine “dominio”, inteso come controllo dei numeri e di conseguenza del potere politico e degli eventi. Assistiamo quindi a un innalzamento sensibile dell’asticella espressiva e dei significati, per un lavoro ambizioso e complesso, che si lascia apprezzare per lunghi tratti e che non si sottrae a qualche caduta di tensione.
Tra le cose migliori segnaliamo il buon taglio rock di brani come “Rinchiusi in una scatola” e “Nelle fabbriche”, nei quali travano spazio dei momenti only instrumental che allargano le vedute stilistiche del gruppo, che in questo modo riesce a uscire leggermente dagli schemi precostituiti della song in senso stretto. La voce di Fabio Cipollini si pone al centro dello scenario proposto, mentre al suo fianco la solida intelaiuatura di basso-chitarra-batteria viene in alcuni casi ingentilita dalla presenza di pianoforte e synth. Nel suo complesso la strada intrapresa sembra essere quella giusta.
Following Friday: Outside the Fence EP
Secondo Ep per gli italiani Following Friday, che con i sei brani di “Outside the Fence” ribadiscono la loro attitudine pop oriented, e non aggiungono granchè a quello già sentito nel precedente lavoro.
Si tratta di una formula che strizza entrambi gli occhi alle sonorità radiofoniche, con linee melodiche chiare e dirette, che non conoscono momenti di tensione o strappi alla regola stilistica. Intenzione evidente già nella traccia d’apertura “First Shot is the Hardest”, che sintetizza il credo di questa band, che sembra avere bene in mente la strada da percorrere. Percorso però da verificare sulla lunga distanza, lì dove con tutta probabilità quello proposto fino a questo momento non basterà.
mercoledì 16 maggio 2012
Orlando Andreucci: Inusitato
Quella di Orlando Andreucci è una voce che canta fuori dal coro. Il cantautore romano, classe ’47, se ne resta lontano dalla facile fruizione, dai ritornelli a presa rapida, dagli abbellimenti di facciata. Il suo modo di intendere il songwriting rimanda ai grandi del passato, a un tempo sparito, coniugato nel presente dei dieci nuovi brani che compongono “Inusitato”, un album che bada al sodo, ai significati concreti.
Parole che seguono la narrazione di eventi e descrivono persone, che si pongono in garbato primo piano sullo sfondo musicale che si sposta da andamenti dal sapore jazzy ad altri più disimpegnati, rimanendo sempre nell’ambito dell’essenzialità, elemento basilare di questo lavoro, preannunciato anche dall’artwork in bianco e nero, semplice e minimale. Al fianco di Andreucci c’è l’accompagnamento della sua chitarra e del pianoforte elegante di Primiano Di Biase, ingredienti che servono a rendere notturne le atmosfere proposte, avvolte in quella malinconia che sa colpire le giuste corde emozionali. Canzoni registrate in un paio di sedute, che rimandano costantemente l’idea della spontaneità, e che si lasciano ascoltare – e riascoltare – con interesse, proprio per la qualità della pazienza che portano dentro di loro e che richiedono per essere apprezzate in tutte le loro sfumature.
Non ci sono momenti di maggiore appeal, l’intero lavoro si muove compatto in un territorio denso di valori, di descrizioni minuziose e toni calibrati. Rarità.
lunedì 14 maggio 2012
Shelley Short: Then Came the After
Shelley Short prosegue il suo percorso cantautorale riprendendo le linee tenui e le timbriche accennate nel precedente “A Cave, a Canoo”, per dar vita ai dodici nuovi brani che compongono l’altrettanto malinconico e chiaroscurale “Then Came the After”.
Album registrato a cavallo tra il 2010 e il 2011 con la collaborazione attiva del fidato Alexis Gideon, e con un gruppo di musicisti pronti a delineare gli sfondi sui quali la voce di Shelley narra storie di vita personale, relazioni e misteri dell'esistenza. La songwriter di Portland non ama fare le cose di fretta. E i suoi brani emanano in maniera inesorabile questa attitudine compositiva e caratteriale. Cosicchè assistiamo al lento succedersi di eventi sonori, che ci accompagnano dalle gentilezze melodiche di “Right Away”, ai lineamenti impalpabili di “Plane”, dove Shelley mostra un timbro vocale al limite della trasparenza, ai tratti più marcati di “Steel”, nella quale la chitarra elettrica di Gideon rende qualche buona grinza al tessuto pregiato di questo lavoro. Ci sono poi dei passaggi fragili, come “Caravan”, che contribuiscono a impreziosire il tutto e che potrebbero trovare la propria ragione in un sottofondo a lume di candela.
La voce di Shelley Short – molto levigata, mai fuori da un binario espressivo coerente – segna in maniera indelebile un album che va ascoltato in tutte le sue sfumature, facendo parecchia attenzione ai particolari. Prendetevi del tempo libero.
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