La rassegna, in programma a Bari dal 16 al 18 aprile, si preannuncia tra le più interessanti del cartellone internazionale di questa stagione, grazie alla presenza di ospiti di rilievo come Orrin Evans, Nicholas Payton e Gary Bartz
Da qualche tempo circola insistentemente, nei blog, sui social network e nella comunità jazzistica di tutto il mondo, una parolina tanto breve quanto potente e carica di significati: BAM. Si tratta dell’acronimo di Black American Music, sigla che individua un preciso modo di intendere l’essenza della musica afroamericana che si distanzia dal “Jazz”, termine con il quale, sempre più spesso, si identifica un mondo sonoro allargato, a detta dei sostenitori della BAM, in maniera impropria. Ad accendere la miccia, o a riaccenderla visto che la parola “Jazz” non è mai stata troppo apprezzata da artisti storici come Duke Ellington e Charles Mingus, è Nicholas Payton, che attraverso il suo blog www.nicholaspayton.wordpress.com spiega l’idea, avuta dai bianchi americani a inizio Novecento, di inventare il termine “Jazz” per una necessità di marketing e per contribuire alla vendita di un certo tipo di musica.
Payton, prima di ogni altro, non poteva dunque mancare nel cartellone del primo festival BAM, in programma a Bari dal 16 al 18 aprile, insieme a una nutrita serie di nomi di grande prestigio, come Orrin Evans, Johnny O’Neal, Saul Rubin e Gary Bartz, oltre a Fabio Morgera, direttore artistico della manifestazione. I motivi di questa rassegna, che oltre ai concerti prevede masterclass, dibattiti e jam session, li spiega lo stesso trombettista italiano: «Questo festival è voluto per la diffusione del movimento BAM; per sensibilizzare molti italiani ai problemi dei diritti civili che in neri ancora hanno negli Stati Uniti; perché ultimamente i festival si interessano sempre meno della musica afroamericana, e anche per cercare di introdurre in Italia un modo di vedere la musica da un punto di vista afrocentrico anziché eurocentrico, come di solito avviene». L’intenzione artistica di questa prima edizione è quella di proporre al pubblico musicisti della scena newyorkese, tra giovani e alcuni veterani, da noi ancora troppo sconosciuti, e di valorizzare i musicisti italiani che si rifanno al movimento BAM.
Il budget ristretto non ha impedito a Morgera, profondo conoscitore della scena newyorkese, di mettere insieme un cartellone di estremo interesse, seguendo alcuni fondamentali criteri, come lui stesso sottolinea: «Ho voluto invitare Nicholas Payton e coloro che gli sono stati più vicini nella difesa del movimento Black American Music, cioè quei musicisti che lo hanno subito appoggiato partecipando insieme a lui ad alcune tavole rotonde, come quella tenuta al Birdland di New York, tra i quali Gary Bartz e Orrin Evans. Ho pensato una formula organizzativa che abbinasse due fattori molto importanti: il risparmio e il fatto di avere tutti i musicisti insieme per l’intera durata del festival, così da organizzare altre iniziative come jam session, seminari e tavole rotonde, e soprattutto per ricreare l’allegra atmosfera di comunità che c’è a New York City». Nel frattempo sta crescendo una certa attesa per il festival, e la curiosità tra gli appassionati sta aumentando, come testimoniano gli oltre duemila like che la pagina Facebook del festival ha raccolto in poco tempo.
Morgera si dice fiducioso e dalle sue parole emerge un fine ultimo di profondità rara: «Spero che la gente che verrà ai concerti possa trascorrere delle ore piacevoli, e che ne escano anche spiritualmente elevati e purificati, un po’ come quando si esce da una chiesa: sollevati, spensierati e ispirati nelle nostre missioni individuali. Questo grazie alla grande forza spirituale della musica nera, verso la quale spero rimangano riconoscenti, in modo da appoggiarne in seguito una più ampia diffusione in Italia e nel mondo».
Programma completo e informazioni dettagliate su: www.bamfestival.it
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