Cinque improvvisazioni, un’ora di musica, due interpreti, Federico Gerini al pianoforte e Massimiliano Furia alle percussioni, che danno forma a un lavoro telepatico, avanguardistico, esponenziale. Il loro è un dialogo che trova passaggi fitti di suoni, oppure rimanda l’idea di singole gocce, dapprima rade e poi via via più insistenti e capaci di formare pozze di suono fluide, lineari. Ci sono delle frizioni, ma c’è anche una sonorità che rimanda al tema, alla cantabilità melodica, e il tutto risuona come fosse impresso su uno spartito, che tra i due rimane un’idea sottintesa, ancestrale. Solo un brano, Canto del maggio, si basa su un canto popolare, il resto è frutto di estemporaneità e feeling, voglia di espandere conoscenze e scavare profondi solchi di espressività in un insieme che non conosce sviluppi prevedibili.
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