In programma dal 25 ottobre al 26 novembre anche quest’anno il Bologna Jazz Festival si presenta come uno degli appuntamenti più rilevanti a livello internazionale. Nel calendario, pensato con date anche a Ferrara, Modena e Forlì, spiccano i nomi degli headliner: Pat Metheny, Dianne Reeves, Cross Currents Trio, Fred Hersch ed Hermeto Pascoal. Ne abbiamo parlato con il direttore artistico Francesco Bettini
C’è un filo logico o un motivo che unisce le molte proposte in programma?
Essendo il Festival una rete di collaborazioni con un’infinità di soggetti è praticamente impossibile individuare un unico percorso tematico. Si cerca di assecondare l’orientamento artistico dei singoli partner pervenendo a un’offerta il più possibile variegata che rappresenti al meglio l’attualità jazzistica internazionale. Per quanto riguarda le sole produzioni dirette dell’associazione capofila del festival, si è cercato in passato di dare linee guida al programma. Per esempio la scorsa edizione è stata dedicata ai larghi organici orchestrali e agli arrangiatori. Tuttavia quest’anno non si è optato per una proposta specifica.
Tra i tanti nomi importanti che presenta in cartellone qual è quello che maggiormente attendi di vedere e perché?
Difficile individuare un singolo progetto, direi comunque sul piano puramente personale che tra tutti non avendolo mai goduto dal vivo, attendo con interesse di ascoltare il trio di Fred Hersch. Si tratta oltretutto del più classicamente jazz dei concerti principali del palinsesto e di un nome poco noto ai più, che potrebbe sorprendere positivamente il pubblico.
Qual è la chiave per attrarre pubblico nuovo verso il jazz?
Le strade sono molteplici, ma è fondamentale la formazione. Da quasi dieci anni lavoriamo con il Liceo musicale e il Conservatorio di Bologna e più di recente abbiamo esteso la nostra sfera d'azione anche ai più giovani. Collaboriamo inoltre anche con il Museo della musica e siamo promotori di convegni musicologici e giornalistici. Oltre al lato didattico agevoliamo la fruizione degli under 30 con biglietti sensibilmente scontati e collaboriamo con locali attivi sul territorio che propongono jazz dal vivo ad una clientela di ventenni e trentenni.
Il festival non si svolgerà solo a Bologna, ma anche in altre sedi a Ferrara, Modena e Forlì. Come avete organizzato questa fitta rete di appuntamenti?
Ferrara è partner storico del festival, fin dalla seconda edizione e il primo direttore artistico del BJF 2006 era Alberto Alberti, punto di riferimento anche della programmazione del Jazz Club Ferrara. Quindi la collaborazioni tra le due città e le rispettive associazioni era inevitabile. Modena si è avvicinata successivamente mentre Forlì è per la prima volta presente quest’anno. Questi e altri partner della Città Metropolitana hanno tutti, per differenti ragioni, affinità con lo scopo sociale della nostra associazione e collaborare quando l’obiettivo è comune risulta piuttosto semplice e immediato. Ci vuole solo tempo per coordinarci ed evitare sovrapposizioni di artisti e di date, ma come dicevo prima, lasciamo ampia libertà di scelta a tutti i partner, considerando la diversità un valore aggiunto.
Come è nata la collaborazione con Altan per la realizzazione della locandina?
Dall’esperienza in materia di illustrazione di un altro nostro partner storico, BilBOlbul, il festival internazionale del fumetto che inizia ogni anno quando si conclude il Bologna Jazz Festival. Un passaggio di testimone che avviene sempre attraverso l’immagine coordinata che ogni anno viene affidata a un artista scelto da entrambi i soggetti.
Vi siete posti un obiettivo da raggiungere?
L’obiettivo principale è quello di resistere facendo in modo che il bilancio annuale ci tenga a galla per proseguire nel tempo. Fin ora siamo stati bravi perché il programma cresce progressivamente, sia in termini di numeri che di qualità e siamo arrivati al quattordicesimo anno di attività continuativa.
Al termine del festival quale commento ti piacerebbe sentire?
“E adesso dove si può andare ad ascoltare qualcos’altro?”. Dopo una scorpacciata di concerti di oltre un mese non dimentichiamo che il Torrione di Ferrara, la Cantina Bentivoglio, il Bravo o il nuovo Camera Jazz Club di Bologna, vanno avanti. Sono i luoghi dove tutto l’anno la programmazione continua a proporre concerti di livello. Il festival è importante, ma non si esaurisce tutto lì. Per esempio subito dopo il festival al solo Jazz Club Ferrara c’è una sequenza concertistica favolosa: The Bad Plus, Chris Potter Circuits, Enrico Rava Special Edition, solo per citarne alcuni.
Dal momento che sei da diversi anni anche il direttore artistico del Jazz Club Ferrara sapresti illustrarci come è cambiato nel tempo il modo di intendere la tua professione?
Quando inizi sei più incosciente, tutto viaggia sulle ali dell’entusiasmo e molto spesso si improvvisa. Mano a mano che si acquisisce esperienza, certi aspetti si automatizzano e non si gira più a vuoto. Tuttavia più ci si professionalizza, più si viene a conoscenza delle criticità di ogni singola fase della produzione e questo genera un mole di lavoro che agli inizi era inimmaginabile. Sul piano più specificamente artistico, in oltre vent’anni di attività, a forza di ascoltare concerti e frequentare artisti, il panorama percettivo si spalanca progressivamente, uscendo dai confini in cui inizialmente si percepiva circoscritto. Si inizia in pratica ad apprezzare linguaggi che prima non si conoscevano o non si comprendevano.
Tutte le info su BJF 2019: https://www.bolognajazzfestival.com/
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