«Oggi le cose più interessanti si ascoltano a cavallo tra i generi, negli interstizi che separano jazz ed elettronica, jazz e hip hop e via dicendo. Lì è il futuro, e lì che si trovano le cose più interessanti». Parole pronunciate di recente da Ashley Kahn, durante una conferenza alla Casa del Jazz di Roma. Parole che sembrano riferite in maniera diretta a Steve Lehman, protagonista lo scorso 30 ottobre al Bologna Jazz Festival insieme alla sua band Sélébéyone. Il sassofonista propone una miscela di hip-hop (con le voci dei rapper HPrizm e Gaston Bandimic), a tratti aggressivo e a volte essenzialmente riferito allo spoken word, e jazz, in un insieme dinamico e dai marcati connotati timbrici con soprano (Maciek Lasserre), tastiere (Carlos Homs), batteria (Jacob Richards) e contrabbasso (Drew Gress). Una visione altra, sincretica, che richiede preparazione, lungimiranza e voglia di trovare possibili punti di contatto tra correnti e mondi tra loro, apparentemente, distanti.
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martedì 31 ottobre 2017
domenica 29 ottobre 2017
Camilla Battaglia: Live @ Casa del Jazz, Roma 28.10.2017
Michele Tino al sassofono, Andrea Lombardini al basso elettrico e Bernardo Guerra alla batteria hanno affiancato Camilla Battaglia, voce, effetti e pianoforte, alla Casa del Jazz di Roma, in una performance dove sono stati presentati dei brani del nuovo progetto discografico della cantante e compositrice dal titolo “Emit: Rotator Tenetenet rotatoR :timE”. Il quartetto ha proposto un suono d’insieme dal ●carattere contemporaneo, segnato dalla continua ricerca di una cifra stilistica personale, tra saturazioni timbriche e passaggi solisti essenziali●. Attraverso una nota stampa Battaglia spiega le intenzioni concettuali del nuovo progetto: «Ho voluto utilizzare la musica come veicolo di espressione di un concetto che riguarda la musica stessa, ma in generale la nostra esperienza: la ciclicità del tempo. Una dimensione in cui non c’è un inizio né una fine, ma una rotazione continua costellata da "eventi" che ritagliano un Tempo dentro al Tempo stesso».
sabato 28 ottobre 2017
Raffaele Califano Quartet: Horizontal Dialogues [AlfaMusic, 2017]
Per il suo “Horizontal Dialogues” il batterista Raffaele
Califano organizza un quartetto completato da Antonio Magli al pianoforte,
Francesco Pierotti al contrabbasso e Seamus Blake al tenore. È a quest’ultimo
che il leader affida la maggior parte dei primi piani espressivi, di una
scaletta che si sviluppa in sette brani originali più la rilettura di Tune Up di Miles Davis. Al centro della
loro estetica d’insieme c’è l’amore per le ●linee melodiche cantabili, come
quelle definite con equilibrio e gusto per la misura in Damiani Tres Duo, ma anche per le dinamiche più accentuate e cariche
di groove, vedi quelle che segnano Baron And Pres●.
L’immagine di copertina indica lo spirito con il quale Califano ha concepito
questo lavoro, basato sull’importanza delle relazioni umane e dei contatti
interpersonali.
venerdì 27 ottobre 2017
Tim Berne’s Snakeoil: “Incidentals” [ECM, 2017]
“Incidentals” è il nuovo capitolo discografico realizzato dagli
Snakeoil di Tim Berne, ai quali per l’occasione si affianca il chitarrista
David Torn nella traccia Sideshow. Questo passaggio, della
durata di ventisei minuti, ben inquadra l’intenzione e la cifra estetica dell’intero
lavoro: ●dinamiche timbriche e ritmiche inattese; scatole espressive che continuamente
si aprono e chiudono senza mai dare punti di riferimento all’ascoltatore; forza
espressiva che spazia dal free al minimalismo, dalle parti melodicamente cantabili
ad affilati “spigoli sonori”●. Insieme a Berne il clarinettista Oscar Noriega espone
le parti di primo piano, a volte condivise con la chitarra elettrica di Ryan
Ferreira, mentre Matt Mitchell al pianoforte e Ches Smith alla batteria, e
anche al vibrafono, percussioni e timpani, creano un impasto ritmico privo di
forme prevedibili.
mercoledì 25 ottobre 2017
Letizia Felluga: intervsita a Lucca Jazz Donna 2017
Foto di Luigi Vitale |
Durante la recente edizione del festival Lucca Jazz Donna abbiamo intervistato la cantante Letizia Felluga, che per l’occasione presentava dal vivo, insieme al suo trio completato da Giovanni Ceccarelli al pianoforte e Alessandro Marzi alla batteria, un repertorio di brani originali che andranno a comporre parte del suo album d’esordio. Ci ha parlato dell’amore innato per la musica brasiliana, delle sue esperienze e del prossimo futuro
●Le passioni per la musica brasiliana e per il canto come sono nate?
Sono rimasta incantata dal Brasile e dalla sua musica, quando all’età di otto anni andai a Rio de
Janeiro. È stato un amore a prima vista. Fui colpita dai profumi, dai colori del luogo, ma anche dalla relazione che il popolo brasiliano ha con la musica e con il ballo, molto fisico e primordiale.
Il Brasile mi ha sempre attratta e spesso sento il bisogno di ritornarci… “saudade”. Sin da piccola ho coltivato il canto e ho formato il mio bagaglio musicale tra i ritmi della Bossanova e il Jazz.
●In questo periodo ti esibisci in trio con Giovanni Ceccarelli al pianoforte e Alessandro Marzi alla batteria. Le vostre strade come si sono incrociate?
Il trio è nato grazie a Max De Tomassi, ideatore e conduttore del programma radiofonico “Brasil” su Radio Rai Uno. Mi ha invitata a un live in radio assieme a Giovanni e Alessandro, e da quel momento ha avuto inizio il nostro “viaggio musicale”. Sono musicisti di grande esperienza e sensibilità e con loro mi trovo in perfetta sintonia.
●Come state organizzando il repertorio?
Sono quasi tutti brani originali che ho composto a Londra, assieme al pianista e compositore
Michael King, durante la mia formazione di studio presso la Goldsmiths University. Attualmente con il trio stiamo lavorando agli arrangiamenti e a nuovi brani.
●Hai fatto altre esperienze all’estero?
Sono stata a Londra per apprendere nozioni di Jazz e Soul. All’interno dei club puoi imparare tanto, modi diversi di concepire la musica e modi diversi di suonare… ogni artista ha un proprio “mondo interiore”.
●Stasera sei ospite del Lucca Jazz Donna, un festival riservato alle musiciste donne. Pensi ci sia ancora molta discriminazione nei vostri confronti in ambito musicale?
Sono molto felice di partecipare a questo Festival tutto al femminile e ringrazio gli organizzatori per avermi invitata. In tutti i campi lavorativi ci possono essere “discriminazioni”, l’importante è superare certi pregiudizi attraverso la professionalità, la dedizione e l’impegno.
●Sei alle porte dell’esordio discografico. Scegliere di fare il musicista è oggi più che mai una grande scommessa di vita. Come ti senti?
Si è vero, una grande scommessa ma ho molta fiducia nella musica e nell’arte in genere. Sono all’esordio, uno “tsunami” di adrenalina ed emozioni… anche paura, ma questo sentimento dev’essere affrontato con tanta passione e preparazione. Ogni ostacolo viene superato dal bisogno di esprimermi attraverso la musica e la gioia più grande è quella di poter condividere le mie emozioni con il pubblico.
martedì 24 ottobre 2017
Dario Germani: “To Sky” [GRM Records, 2017]
Dopo i lavori precedenti incentrati sulla musica di Bud Powell (“Bouncing With Bud Powell, Domani Musica 2014) e Thelonious Monk (“Fog Monk”, GRM Records 2015) il contrabbassista Dario Germani pubblica in duo, con Lorenzo Corsetti agli strumenti elettronici, il nuovo album “To Sky” (GRM Records, 2017). Si tratta di un lavoro dalla particolare cubatura timbrica, con strumento acustico e sonorità sintetiche, dove Germani riversa nelle dieci tracce autografe sia le esperienze, umane e artistiche, degli ultimi anni, sia una visione musicale che va al di là delle definizioni di genere e che si pone in un interstizio creativo di sicuro interesse. Lo abbiamo raggiunto per l’occasione
●Da “Fog Monk a To Sky è passato del tempo. Nella tua vita artistica cosa è accaduto?
Sono passati due anni molto intensi per me; dal punto di vista sia personale sia musicale. Ho viaggiato molto: Svezia, Nuova Zelanda e sei mesi a Melbourne, in Australia. Questo mi ha permesso di conoscere meglio me stesso e alcune scene musicali sparse nel mondo, oltre che in Italia naturalmente. Penso che la ricerca sia alla base della creatività. In questi due anni ho iniziato un percorso legato alla musica elettronica che inizia con “To Sky” e non so dove mi porterà. Guardo indietro nella mia vita artistica, infatti “To Sky” è anche una dedica alla prima etichetta che ha creduto in me, la Tosky Records (per la quale ha pubblicato l’album “For Life” nel 2013, NdR); e guardo “in alto”, to the sky. Vivo la musica ogni giorno sempre con molta passione e libertà, con rigore e entusiasmo. C’è da dire che questo non significa che io abbia dimenticato le mia passioni, come quella per Monk, che non ho mai abbandonato, è una costante nella mia vita musicale.
●Come nasce e si concretizza l’idea di “To Sky”?
Tre anni fa sono entrato in contatto con Raffaele Costantino di Musical Box, il programma di Radio Rai Due. Lui e i suoi collaboratori mi hanno spronato a lanciarmi in questa nuova avventura chiamata musica elettronica. Quindi ho iniziato a mettere dischi (DJ è una parola troppo grossa), ho installato Ableton Live (un programma di produzione musicale, NdR) e quotidianamente compro e ascolto dischi prodotti da etichette come Brainfeeder, Warp, e White Forest. Proprio quest’ultima mi ha condotto al producer Lorenzo Corsetti. Ci conosciamo da tanti anni, ma ci eravamo persi vista. Ci siamo scambiati opinioni, idee, e abbiamo concordato il metodo di produzione del disco. Senza fretta, ma con il piacere di passare del tempo insieme siamo arrivati alla conclusione dei dieci brani.
●Può essere una base per i tuoi progetti futuri?
Certamente lo è. Ma lo era anche “Fog Monk”. Sono due strade che porterò avanti parallelamente: il solo di contrabbasso e l’elettronica; così distanti, ma in realtà più vicine di quello che si possa immaginare... Tutto questo senza tralasciare altri progetti in trio e le collaborazioni con altri musicisti.
●Nota: la cover art di “To Sky” è curata da Marco D’Emilia, mentre il mixig è firmato da Matteo Lo Valvo.
lunedì 23 ottobre 2017
Bill O’Connell - Nico Catacchio - Alessandro Napolitano: “The Three Of Us” [Albóre, 2017]
Capitanato da Bill O’Connell al pianoforte il trio protagonista di “The Three Of Us” si lascia ampiamente apprezzare, per equilibrio e forza espressiva, in una scaletta di sette tracce incise nel maggio 2015 al XLR Recording Sudio di Taranto. Ad aprire il programma è la rivisitazione di Blue In Green, di Miles Davis, attraverso un arrangiamento che esalta sia le doti liriche di O’Connell, sia la sensibilità ritmica di Alessandro Napolitano alla batteria e Nico Catacchio al contrabbasso. L’album si distingue per ●l’intensità filologica con la quale sono percorsi gli standard, sia per le ampie, quanto calibrate, pagine d’improvvisazione, scritte seguendo un’estetica d’insieme che non tradisce mai il proprio credo di eleganza e misura espressiva●.
domenica 22 ottobre 2017
Stefania Tallini: Intervista a Lucca Jazz Donna 2017
In occasione della tredicesima edizione del festival Lucca Jazz Donna abbiamo incontrato la
pianista e compositrice Stefania Tallini, che prima della performance in
pianoforte solo, un esempio di equilibrio tra sensibilità e decisione
espressiva, ci ha parlato del suo recente album “Intimidade” (AlfaMusic, 2017) in
duo con il chitarrista brasiliano Guinga, dei suoi progetti futuri e non solo
●Lucca Jazz Donna è un festival dedicato alle musiciste donne. C’è ancora necessità di spazi dedicati alla realtà femminile nel jazz per sottolinearne l’esistenza?
●Lucca Jazz Donna è un festival dedicato alle musiciste donne. C’è ancora necessità di spazi dedicati alla realtà femminile nel jazz per sottolinearne l’esistenza?
Intanto vorrei dire che sono molto felice di essere qui, perché
Lucca Jazz Donna è una manifestazione importante, per quello che fa. È già la
terza volta che vi partecipo, stavolta in piano solo. Questo Festival ha sempre
svolto un meraviglioso lavoro, nel saper proporre musiciste nelle vesti di
leader, compositrici e arrangiatrici. In genere nel jazz, anche per la sua
storia, la figura della musicista donna è sempre intesa più nel ruolo di
cantante, a parte qualche eccezione, ovviamente. Per il resto c’è sempre stato
poco spazio, anche dovuto a un background culturale che le stesse donne hanno
subìto. Oggi la situazione è diversa. Ci sono molte musiciste che ormai fanno
parte del mondo del jazz, così prettamente maschile. Penso che il momento più
bello sarà quello in cui non necessiteremo più di eventi dedicati alle donne,
che servano a rimarcare la nostra presenza, perché vorrà dire che avremo
superato il fatto di essere “una minoranza”. Vorrei che si giungesse a
un’uguaglianza tra musicisti, tra esseri umani che creano musica, senza queste
differenze, ma mantenendo profondamente le diversità che contraddistinguono un
uomo e una donna.
●Il tuo lavoro più recente è “Intimidade” (AlfaMusic, 2017) in duo con Guinga.
Sì, con lui ho inciso anche “Viceversa” (2014), sempre per Alfamusic che è la mia etichetta discografica da circa quindici anni, e con la quale ho registrato altri quattro dischi. Guinga è considerato una leggenda vivente in Brasile, per la sua musica, per il suo modo di suonare e anche di cantare. La particolarità di questo nuovo album è proprio che lui canta in tutto il disco, realizzando così uno dei suoi sogni artistici. Suoniamo un repertorio dedicato alla Seresta, ciò che corrisponde alla nostra serenata. Si tratta quindi di un lavoro intimista, svolto su brani lenti, con atmosfere molto particolari, i cui testi parlano di amori sofferti, struggenti. È insomma un disco di saudade, nell’accezione piena del termine. Ci sono brani più antichi, ma anche cose più recenti firmate da Jobim, da Vinicius de Moraes e dallo stesso Guinga. Per la prima volta nella mia produzione mi sono messa semplicemente al servizio della musica, solo come pianista, mettendo da parte la mia anima di compositrice. L’ho fatto con molto piacere.
●L’amore per il Brasile e la sua musica come è nato in te?
Nasce nell’adolescenza, prima dell’amore per il jazz. Quella in genere è un’età molto difficile, anzi, diciamo pure che ero proprio depressa (ride, NdR), un po’ come capita a molti adolescenti. Quindi, come tutti i depressi, mi andavo a cercare la musica malinconica e l’ho trovata pienamente in molte cose della musica brasiliana. Ascoltavo Jobim, Vinicius de Moraes e altri nelle loro dimensioni più intimiste e “saudadose”… Nel tempo mi succedeva sempre più questo strano fatto di sentire nostalgia per un luogo dove non ero mai stata, il Brasile appunto, forse proprio grazie a quegli ascolti. Ho realizzato così il mio sogno di andarci, nel 2008, in un viaggio che ha segnato molto la mia vita, artistica e non solo. Negli anni mi ero anche appassionata al jazz, amore iniziato grazie all’ascolto di un disco di Chet Baker, insieme allo studio della musica classica, che sempre mi ha accompagnata, fin da quando avevo otto anni. Ho sempre coltivato contemporaneamente queste tre passioni musicali, e ancora oggi è così. Tutto questo è confluito ovviamente nel mio modo di comporre. Poi negli ultimi anni la musica brasiliana ha preso il sopravvento anche grazie a incontri artistici decisivi in tal senso, come quello con il clarinettista Gabriele Mirabassi, che mi ha fatto conoscere Guinga e con il quale ho inciso due album, uno dei quali, “Maresìa” (AlfaMusic, 2007) già ispirato dalla musica brasiliana. Maresìa è una bellissima parola carioca, con la quale a Rio De Janeiro si descrive un fenomeno dolcissimo: un certo profumo di mare, che all’improvviso arriva e ti avvolge inaspettatamente.
●Ti avevamo già apprezzato in dischi in duo, come con Marilena Paradisi in “Come dirti” (Silta Records, 2012).
●Il tuo lavoro più recente è “Intimidade” (AlfaMusic, 2017) in duo con Guinga.
Sì, con lui ho inciso anche “Viceversa” (2014), sempre per Alfamusic che è la mia etichetta discografica da circa quindici anni, e con la quale ho registrato altri quattro dischi. Guinga è considerato una leggenda vivente in Brasile, per la sua musica, per il suo modo di suonare e anche di cantare. La particolarità di questo nuovo album è proprio che lui canta in tutto il disco, realizzando così uno dei suoi sogni artistici. Suoniamo un repertorio dedicato alla Seresta, ciò che corrisponde alla nostra serenata. Si tratta quindi di un lavoro intimista, svolto su brani lenti, con atmosfere molto particolari, i cui testi parlano di amori sofferti, struggenti. È insomma un disco di saudade, nell’accezione piena del termine. Ci sono brani più antichi, ma anche cose più recenti firmate da Jobim, da Vinicius de Moraes e dallo stesso Guinga. Per la prima volta nella mia produzione mi sono messa semplicemente al servizio della musica, solo come pianista, mettendo da parte la mia anima di compositrice. L’ho fatto con molto piacere.
●L’amore per il Brasile e la sua musica come è nato in te?
Nasce nell’adolescenza, prima dell’amore per il jazz. Quella in genere è un’età molto difficile, anzi, diciamo pure che ero proprio depressa (ride, NdR), un po’ come capita a molti adolescenti. Quindi, come tutti i depressi, mi andavo a cercare la musica malinconica e l’ho trovata pienamente in molte cose della musica brasiliana. Ascoltavo Jobim, Vinicius de Moraes e altri nelle loro dimensioni più intimiste e “saudadose”… Nel tempo mi succedeva sempre più questo strano fatto di sentire nostalgia per un luogo dove non ero mai stata, il Brasile appunto, forse proprio grazie a quegli ascolti. Ho realizzato così il mio sogno di andarci, nel 2008, in un viaggio che ha segnato molto la mia vita, artistica e non solo. Negli anni mi ero anche appassionata al jazz, amore iniziato grazie all’ascolto di un disco di Chet Baker, insieme allo studio della musica classica, che sempre mi ha accompagnata, fin da quando avevo otto anni. Ho sempre coltivato contemporaneamente queste tre passioni musicali, e ancora oggi è così. Tutto questo è confluito ovviamente nel mio modo di comporre. Poi negli ultimi anni la musica brasiliana ha preso il sopravvento anche grazie a incontri artistici decisivi in tal senso, come quello con il clarinettista Gabriele Mirabassi, che mi ha fatto conoscere Guinga e con il quale ho inciso due album, uno dei quali, “Maresìa” (AlfaMusic, 2007) già ispirato dalla musica brasiliana. Maresìa è una bellissima parola carioca, con la quale a Rio De Janeiro si descrive un fenomeno dolcissimo: un certo profumo di mare, che all’improvviso arriva e ti avvolge inaspettatamente.
●Ti avevamo già apprezzato in dischi in duo, come con Marilena Paradisi in “Come dirti” (Silta Records, 2012).
Fu un’esperienza particolare e molto bella, con questa
bravissima cantante, dedicata all’improvvisazione totale. Nei miei dischi questo
aspetto improvvisativo non manca quasi mai. È una sensazione che mi piace
moltissimo: questa libertà, questo lasciarsi andare totalmente al suono,
lasciando semplicemente che esso ti guidi lungo un percorso sconosciuto e
profondo. Inoltre, improvvisare liberamente mi riporta un po’ all’infanzia. Dai
quattro anni e mezzo - quando ho iniziato a suonare a orecchio - giocavo
suonando il pianoforte. Inventavo, mi immergevo in quel mondo magico dei suoni,
passandoci le ore. È quindi una dimensione a me molto cara e intima, che mi fa
stare bene. In genere, nelle mie composizioni non amo “soffocare” le parti
improvvisate con molti accordi, preferisco sempre lasciare spazio e respiro,
dopo l’esposizione del tema. Ma, oggi, con la maturità, scrivo anche molti
brani in cui mancano le zone improvvisative. Oggi sento che questo non ha più
importanza, perché ciò che è fondamentale è la musica, la forma che essa vuole
prendere, con o senza improvvisazione.
●Quando avverti che è il momento di registrare un brano?
●Quando avverti che è il momento di registrare un brano?
In genere preferisco arrivare alla registrazione dei brani
sentendoli del tutto miei, dopo averli suonati per un lungo periodo, perché mi
piace sentirli scorrere dentro di me con naturalezza. Quando devo registrare un
brano che ho suonato poco, ovviamente, avverto più tensione al momento di
registrarlo e questo non mi piace. Amo registrare sempre cose nuove, quindi non
mi pongo mai scadenze e obiettivi “commerciali”. Aspetto che le idee arrivino,
che prendano forma e soprattutto che siano “vere”. Ma esse non sempre arrivano,
perché la vita a volte ti sorprende anche con cose molto difficili da
sopportare, che a volte possono bloccare quel flusso creativo di cui si ha
bisogno per comporre. Almeno personalmente è così, perché sento che la musica è
vita vissuta, sangue che ti scorre dentro, non è un lavoro.
●Nel tuo essere musicista sei influenzata da altre forme d’arte o pratiche?
●Nel tuo essere musicista sei influenzata da altre forme d’arte o pratiche?
Mi fa piacere questa domanda, perché mi permette di parlare per
la prima volta pubblicamente di un’altra grande passione della mia vita: il Tai
Chi. Pratico quest’arte marziale da un paio di anni. Inizio ora il terzo con
molta gioia e con la voglia di approfondire sempre più la cosa, al punto che
frequenterò il Corso Allenatori della Chen Taiji
Academy, organizzato dal CSI Tai Chi di Bologna (Centro Studi Italiano di Tai Chi). Adoro
quest’arte, che mi sta insegnando tanto degli aspetti psicosomatici e di
rapporto con il proprio essere, fisico e psichico. C’è una delle cose fondamentali
nella pratica del Tai Chi che ritrovo anche nella musica: concentrarsi
totalmente nel momento esatto che stai vivendo. Non prima, non dopo, ma nel
momento presente. Questo in musica è fondamentale, affinché essa “accada”. A
volte, quando hai una certa esperienza, le mani vanno da sole, ma la mente si
distrae, si allontana dall’aspetto artistico di quello che fai, e tutto si
svuota. Basta un momento, un attimo, e perdi il flusso musicale più interno,
più profondo. Il Tai Chi tra le altre cose ti insegna a focalizzare il momento,
ad aumentare la tua capacità di concentrazione e presenza, e questo porta
notevoli vantaggi anche al tuo pensiero artistico, oltre che a diversi aspetti
della vita.
●Stai lavorando a nuovi progetti?
Sì. Innanzi tutto con il mio nuovo trio, con Matteo Bortone al contrabbasso e Bernardo Guerra alla batteria. Vorrei registrare un disco con loro, appunto con brani nuovi che sto scrivendo. Poi sto lavorando a un nuovo progetto con un’altra pianista e compositrice: Cettina Donato. Le ho proposto infatti un duo di “pianoforte a quattro mani”, con un repertorio basato interamente su nostre composizioni. Il pianoforte a quattro mani è una formula che di solito si usa nel mondo classico, mentre nel jazz è praticamente inedita. Insomma, penso che nella vita, per non perdere ciò che siamo, sia importante non fermarsi mai e cercare sempre nuovi stimoli, nuove possibilità di crescita e di approfondimento artistico e umano.
●Stai lavorando a nuovi progetti?
Sì. Innanzi tutto con il mio nuovo trio, con Matteo Bortone al contrabbasso e Bernardo Guerra alla batteria. Vorrei registrare un disco con loro, appunto con brani nuovi che sto scrivendo. Poi sto lavorando a un nuovo progetto con un’altra pianista e compositrice: Cettina Donato. Le ho proposto infatti un duo di “pianoforte a quattro mani”, con un repertorio basato interamente su nostre composizioni. Il pianoforte a quattro mani è una formula che di solito si usa nel mondo classico, mentre nel jazz è praticamente inedita. Insomma, penso che nella vita, per non perdere ciò che siamo, sia importante non fermarsi mai e cercare sempre nuovi stimoli, nuove possibilità di crescita e di approfondimento artistico e umano.
venerdì 20 ottobre 2017
Enzo Pietropaoli: “The Princess” [Jando Music/Via Veneto Jazz, 2017]
Prende il titolo da una composizione di Enzo Pietropaoli questo
lavoro che il contrabbassista realizza in trio con Alessandro Paternesi alla
batteria e Julian Oliver Mazzariello al pianoforte. In scaletta, oltre ad
alcuni brani originali, troviamo rivisitazioni che spaziano in vari ambiti
stilistici, con tracce di John Lennon, Cole Porter o di Eddie Vedder. L’insieme
è però tenuto unito da un’intenzione estetica che predilige la cantabilità dei
temi, come nell’iniziale Jealous Guy, e da un ●equilibrio
formale ottenuto attraverso l’esatta occupazione degli spazi sonori da parte
dei singoli interpreti●. Pietropaoli organizza una scaletta dalla rara intensità
espressiva, sfruttando al meglio il pianismo di Mazzariello, pronto sia
nell’esporre con misura melodie e divagazioni d’improvvisazione, sia nel farsi
ingranaggio ritmico di riferimento del trio.
giovedì 19 ottobre 2017
La compagnia del Trivelìn (Barbiero – Savoldelli – Zorzi): “Nella terra dei frappi” [Kutmusic, 2017]
Registrato dal vivo a Bologna, presso AngelicA – Centro di
Ricerca Musicale Teatro San Lorenzo, il 26 gennaio 2017, “Nella terra dei
frappi” racchiude otto tracce, tra le quali alcune rivisitazioni come I've Got You Under My Skin di Cole Porter, suonate
dal trio composto dal percussionista Massimo Barbiero, Boris Savoldelli, voce
ed effetti, e Roberto Maria Zorzi alle chitarre ed effetti. I brani presentano
una ●decisa dose di sperimentalismo, che si traduce in lunghi passaggi
compositi, dove ogni singolo interprete porta nell’insieme elementi di
imprevedibilità, espressiva e formale●. Ne deriva una lunga suite immaginifica,
una sorta di viaggio psichedelico tra suoni rarefatti e sintetici, ma anche saturazioni,
loop e tangenti che proiettano l’ascolto, in maniera continuativa, verso
territori inesplorati, inediti. Il trio esprime appieno la propria dirompente
voglia di travalicare confini stilistici, ottenendo un’estetica unica e dal
forte impatto emozionale.
mercoledì 18 ottobre 2017
Ottimo Massimo: “Tella tingia te” [AlfaMusic, 2017]
Fatta eccezione per l’iniziale Se
telefonando e per Into My Arms di Nick Cave, la
scaletta di “Tella tingia te” si compone di soli originali firmati dal
sassofonista Andrea De Martini. Insieme al leader della band Ottimo Massimo
troviamo Lorenzo Herrnhut-Girola alla chitarra, Cristiano Callegari
al pianoforte, Francesco Bertone al contrabbasso e basso elettrico, ed Enzo
Cioffi alla batteria. ●La
loro è un’estetica che racchiude diversi movimenti stilistici, dal jazz
elettrico al mainstream, e al centro della loro espressività troviamo la
cantabilità dei temi, che a volte risultano esili e formulati con pochi
elementi timbrici, mentre in altre occasioni trasudano groove●. Quest'ultimo elemento è sottolineato anche nelle
note di copertina di Antonio Faraò, ospite della band insieme al
sassofonista Luigi Di Nunzio, Giampaolo Casati alla tromba e Valentina
Carezzo e Ray Dos Santos alla voce. In copertina è riprodotta un’opera dell’artista Iba
Faye dal titolo “Phocus Opera”.
martedì 17 ottobre 2017
Roma jazz Festival 2017 "Jazz is my religion": dal 5 al 30 novembre
Si svolgerà dal 5 al 30 novembre la quarantunesima edizione del Roma Jazz Festival, per l'occasione intitolato "Jazz is my religion". I concerti si terrranno in vari luoghi della capitale come l'Auditorium Parco della Musica, Casa del Jazz, Alcazar, Pitigliani Centro Ebraico Italiano, Sacrestia del Borromini, Chiesa San Nicola da Tolentino e Pantheon. Il programma presenta nomi di rilievo, tra i quali Chick Corea, Steve Gadd, Gabriele Coen, Mulatu Astatke, Giovanni Guidi e molti altri.
Per il programma completo e info: Roma Jazz Festival.
venerdì 13 ottobre 2017
Lucca Jazz Donna: il 14 ottobre Stefania Tallini, Letizia Felluga e Claudia Bardagi
Si rinnova sabato 14 ottobre, con una serata targata AlfaMusic, l'appuntamento con Lucca Jazz Donna. L'appuntamento è al Teatro di San Girolamo, a Lucca ore 21:15 con ingresso libero, dove sul palco si susseguiranno le performance di Stefania Tallini, Letizia Felluga e Claudia Bardagi.
Stefania Tallini presenterà il suo “Intimidade Piano solo”; la cantante Letizia Felluga sarà impegnata in trio con Giovanni Ceccarelli al pianoforte e Alessandro Marzi alla batteria; mentre in chiusura con Claudia Bardagi, voce e pianoforte, troveremo Reinaldo Santiago alla batteria e Juarandir Santana alla chitarra.
Lucca Jazz Donna chiuderà la sua XIII edizione domenica 22 ottobre con una conversazione-concerto con Amii Stewart, intervistata dalla giornalista Ilaria Lonigro. Informazioni e programma completo su www.luccajazzdonna.it.
martedì 10 ottobre 2017
Filippo Vignato Quartet: “Harvesting Minds” [CAM Jazz, 2017]
«Uno dei miei principali intenti artistici è quello di cercare qualcos’altro rispetto all’esplicito […]». Con queste parole Filippo Vignato introduce il suo primo lavoro targato CAM Jazz, organizzando un quartetto dall’elevato spessore di sensibilità che comprende Giovanni Guidi al pianoforte, Mattia Magatelli al contrabbasso e Attila Gyárfás alla batteria. In scaletta troviamo undici tracce, perlopiù firmate dal leader, nelle quali si assiste a ●una paziente costruzione di forme e modi interpretativi che travalicano l’immediatezza, con temi svelati con parsimonia e misura●. Vignato si avvale di un’oggettiva agilità strumentale, attraverso la quale giunge a inanellare melodie cantabili, ma anche passaggi introspettivi e momenti di attrito, instaurando con il pianismo, duttile, essenziale, contemporaneo, di Giovanni Guidi dialoghi e alternanze di pregevole fattura.
lunedì 9 ottobre 2017
Vijay Iyer Sextet: Far From Over [ECM, 2017]
Per questo lavoro targato ECM il pianista Vijay Iyer amplia la struttura del trio, completato da Stephan Crump al contrabbasso e Tyshawn Sorey alla batteria, introducendo i fiati di Steve Lehman al contralto, Mark Shim al tenore e Graham Haynes alla cornetta, flicorno e strumenti elettronici. Ne deriva un ●ambiente timbrico diversificato, dal quale emergono tracce tra loro distanti, per intenzione e nervatura stilistica, per un insieme ad alto contenuto espressivo●. L’iniziale Poles presenta elementi di contrasto timbrico e melodico, che trovano nella successiva Far From Over sia punti di congiunzione sia tangenti che proiettano l’ascolto verso altri territori, fatti di saturazione sonora e rapidi scambi di parti soliste. Iyer, pronto nell’utilizzare anche il pianoforte elettrico, presenta una scrittura dove si alternano pagine cariche di suoni o costruite su pochi elementi, come in Wake, ma anche ipnotiche e ripetitive, come accade in Into Action.
domenica 8 ottobre 2017
Francesco Bearzatti solo: Live @ Young Jazz Festival "Alterazioni" [Auditorium Santa Caterina, Foligno 07.10.2017]
In un set in solo fatto quasi completamente di improvvisazione, Francesco Bearzatti non tradisce un'estetica d'insieme che sposa la cantabilità tematica, le melodie leggibili e un raro senso della misura, formale ed espressiva, alternando clarinetto e sassofono tenore. Molto gradita dal pubblico anche la rilettura di brani di Lucio Dalla, tra i riferimenti cantautorali del sassofonista friulano
sabato 7 ottobre 2017
Antonio Sanchez: “Bad Hombre” [CAM Jazz, 2017]
Registrato ai Meridian Studios di New York City nell’ottobre 2016, “Bad Hombre” è il lavoro in solo del percussionista e compositore Antonio Sanchez, per l’occasione alle prese anche con tastiere, elettronica e voce. L’album si distingue per l’ampia veduta sperimentale che segna le dieci tracce in scaletta, durante le quali assistiamo a un procedimento formale ed espressivo mai domo, carico di ●momenti di tensione, passaggi melodici, ripetizioni ipnotiche, poliritmie e attimi di “ferocia” espressiva che ben riflettono il titolo dell’album e l’immagine di copertina●. L’insieme evidenzia un aspetto di Sanchez poco noto al suo pubblico, che lo proietta in una dimensione “altra” e fuori da perimetri stilistici.
giovedì 5 ottobre 2017
Gary Peacock Trio: “Tangents” [ECM, 2017]
C’è il pianismo lirico, espressivo e immaginifico di Marc Copland al vertice del trio capitanato da Gary Peacock, completato, anche per questa nuova incisione targata ECM, da Joey Baron alla batteria. C’è improvvisazione su temi noti, vedi nell’elegante rilettura di Blue In Green, ci sono brani originali dalle melodie cantabili, cinque degli undici in scaletta firmati dal leader, c’è una musica d’insieme che “respira” a pieni polmoni di interplay telepatico, tra frangenti ipnotici, dove gli equilibri sembrano reggersi su sottilissimi fili di note, a piene saturazioni di suono. ●La traccia che dà il titolo all’album è posta in chiusura di programma e porta al suo interno – oltre a un elegiaco solo di Peacock – l’essenza estetica di questo piano trio, fatta di diffusao relax e lievi tensioni formali●.
mercoledì 4 ottobre 2017
Björn Meyer: “Provenance” [ECM, 2017]
Abituato a solcare sonorità trasversali e lontane da canoni di immediatezza stilistica, Björn Meyer (tra gli altri con Asita Hamidi, Ronin e Johan Hedin) realizza un album di basso solo registrato presso l’Auditorio Stelio Molo RSI di Lugano. Un luogo che Meyer definisce come parte integrante della sua prospettiva sonora, in quanto, come leggiamo in una nota stampa, «[…] La mia musica è fortemente influenzata dalle proprietà dei luoghi dove è suonata. I diversi modi in cui le acustiche influenzano le mie composizioni e improvvisazioni sono sempre state fonti di sorpresa e ispirazione». ●Ne deriva un lavoro dal profondo scavo espressivo, costruito su equilibri esili quanto robusti, sui quali Meyer trova modo di costruire melodie cantabili, temi “trasparenti”, piccoli quadri sonori che si ripetono e si sovrappongono con un raro senso della misura●.
martedì 3 ottobre 2017
Young Jazz Festival 2017 “Alterazioni” 13/a edizione – Foligno (5-8 ottobre 2017)
Comunicato
Stampa
Young Jazz Festival 2017, a Foligno la musica è soprattutto
un’esperienza inclusiva. Concerti, spettacoli, mostre e degustazioni “alterati” con alcuni tra i
più giovani e talentuosi jazzisti italiani: Manlio Maresca, Gabriele
Evangelista, Cristiano Calcagnile, Marcello Giannini,Ludovica Manzo, Francesco Bearzatti, Daniele Di Bonaventura,Zeno De Rossi, Bernardo Guerra, Joe Barbieri. Spazio ancora a ‘Jazz community’ con un concerto anche per non udenti e
non vedentioltre al materiale cartaceo del festival stampato anche in braille. Direzione artistica di Giovanni Guidi e patrocinio di Umbria Jazz per il
nono anno consecutivo.
Il programma completo al sito ufficiale del festival.