“Road Movie” segue nella discografia da leader di Piero Delle Monache gli album “Thunupa” e “Aurum”, entrambi pubblicati per la Parco della Musica Records, e come il titolo lascia intendere si tratta di una raccolta di registrazioni dal vivo nel periodo 2012 – 2017. In questo lasso di tempo Delle Monache ha inanellato esperienze internazionali, e il lavoro testimonia concerti tenuti in Sudafrica, Giappone e Turchia, oltre a quelli di Roma, Chieti e Pescara. Ne deriva un panorama multiforme, nel quale troviamo Delle Monache impegnato in varie formazioni e dunque a contatto con diversi musicisti e i loro background, alcuni abituali, come Tito Mangialajo Rantzer e Alessando Marzi, e altri occasionali, come il percussionista Mustafa Isleyen conosciuto il giorno stesso del concerto a Istanbul. Nel complesso si tratta di un album che racchiude e ci mostra lo spessore artistico ed espressivo di Delle Monache, capace di rendersi permeabile alla tradizione del jazz mainstream, ma anche di proiettarsi con una certa destrezza in scenari contemporanei e di libertà formale.
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mercoledì 28 febbraio 2018
lunedì 26 febbraio 2018
Intervista a Frank van Berkel, il nuovo direttore artistico del Bimhuis di Amsterdam
Frank van Berkel è il nuovo
direttore artistico del prestigioso Bimhuis di Amstardam, e prende l’incarico
che per molto tempo è stato svolto dalla storica figura di Huub van Riel. In
occasione dell’annuncio gli abbiamo rivolto alcune domande per capire il suo
stato d’animo e i suoi obiettivi
Quali sono
state le tue principali esperienze come direttore artistico prima di prendere
l’incarico del Bimhuis di Amsterdam?
Sono stato,
e in realtà lo sono ancora, il direttore artistico del Festival Jazz International
Rotterdam & Nijmegen, che si tiene con regolarità ogni anno. Per undici
anni sono stato a capo del programma Jazz International Rotterdam, una
fondazione che lavora presso prestigiose location come Lantern Venster,
Concertgebouw de Doelen e altre. Inoltre, tra le varie attività svolte, ho
condotto il Red Ear Festival di Rotterdam nel 2013.
Prendi il
testimone di una figura storica come Huub va Riel. Qual è il tuo stato d’animo
attuale?
Sono molto
onorato. Non avrei mai potuto sognare e nemmeno aspirare a fare questo lavoro.
Huub è sempre stato per me un esempio, e lo ammiro molto. Posso solo sperare di
continuare al meglio il suo lavoro, svolto alla grande per quaranta anni.
Quali sono le modifiche che porterai
allo stile di Bimhuis?
Di sicuro continuerò la linea
seguita da Huub. Accanto a questo mi concentrerò sulle nuove generazioni, stili
e pubblico all’interno del gusto del jazz e della musica improvvisata. Lavorerò
con la storia del Bimhuis nella mia mente, di cui ero una piccola parte come
musicista negli anni Ottanta. In questo senso voglio anche concentrarmi su
progetti guidati da musicisti anche all’interno delle scene di Amsterdam.
Qual è il tuo obiettivo?
Devo innanzi tutto risolvere alcuni
problemi, e spero di poter lavorare nei prossimi anni per rendere il Bimhuis
come un marchio famoso in tutto il mondo per il jazz e la musica improvvisata,
radicato in Amsterdam e nell’impro olandese, ma con un focus mondiale sulla
musica di alta qualità. Lo vorrei rendere “il posto dove stare”!
venerdì 23 febbraio 2018
Hobby Horse: “Helm” [Auand, 2018]
Forti di una consolidata collaborazione Dan Kinzelman (tenore,
clarinetti, elettronica, voce), Joe Rehmer (basso, elettronica, voce) e Stefano
Tamborrino (batteria, elettronica, voce) portano avanti il loro progetto Hobby
Horse con un nuovo lavoro, per l’occasione edito da Auand e Rous Records per
l’edizione in vinile. “Helm” dà continuità al cammino d’esplorazione sonora del
trio, mantenendone viva la connotazione di imprevedibilità stilistica,
costruita attorno a un idioma che unisce jazz, rock, elettronica e situazioni
orbitanti. Non c’è nulla di scontato nel modo di approcciare la materia sonora
del trio, sia nelle situazioni dove è riconoscibile un tema, una forma melodica,
sia nei grovigli di elementi che portano verso spazi sonori ardui e liberi da
schemi. Oltre agli originali, sono ripresi due episodi altrui che evidenziano
oltremodo la natura multiforme di Hobby Horse: Born Again Cretin di Robert Wyatt ed Evidently Chickentown del poeta punk e musicista John Cooper
Clarke. Questo brano chiude la scaletta tramutandosi in un drone ipnotico e
teoricamente infinito.
John Surman: “Invisible Threads” [ECM, 2018]
Sono i Rainbow Studio di Oslo, nel luglio 2017, ad accogliere
il trio capitanato dal sassofonista John Surman, completato da Nelson Ayers al
pianoforte e Rob Warning al vibrafono e marimba. La loro è una connotazione
timbrica particolarmente ispirata, che segna uno dei lati di maggior rilievo di
“Invisible Threads”, lavoro che si sviluppa attraverso dodici tracce che
portano un nocciolo di cantabilità melodica, e di una certa imprevedibilità
espressiva. Il trio spazia da momenti introspettivi a situazioni guizzanti, da
attimi si sospensione spazio-temporali a passaggi dalla decisa e puntuale
impronta ritmica. Surman, a sua volta, aggiunge motivi estetici alternando
soprano, baritono e clarinetto basso, e mostra la consueta sensibilità
espressiva in particolar modo nei dialoghi, sottili e telepatici, con Nelson
Ayers, per un’affinità costruita attraverso una paritaria osservazione dei
movimenti.
martedì 20 febbraio 2018
Rino Adamo – Boris Savoldelli: “Convergenze” [Onyx Jazz Club, 2018]
Prodotto dall’Onyx Jazz Club di Matera, “Convergenze” è il
lavoro che vede protagonisti Rino Adamo al violino elettrico e Boris Savoldelli
alla voce. Entrambi adoperano anche dispositivi elettronici, per distorcere,
ripetere e piegare suoni che sono costantemente direzionati verso gli approcci
di sperimentalismo che segnano, in maniera decisiva, l’intero lavoro. Ci sono
dei brandelli melodici, dei temi sommersi, dello spoken word, onomatopee,
improvvisazioni feroci, e l’insieme non concede nulla né alle scorciatoie
formali né alla prevedibilità espressiva. La scaletta si compone di dodici
tracce, ognuna delle quali porta al proprio interno una natura multiforme, per
un’alternanza di umori spiazzante – dalle affilate schegge di suono a tappeti melmosi e
compatti – e costruita attorno a una profonda ricerca di affinità
strumentale.
lunedì 19 febbraio 2018
Giovanni Benvenuti: “Dissolvenze” [Improvvisatore Involontario, 2018]
Alterna soprano e tenore Giovanni Benvenuti in “Dissolvenze”,
l’album che realizza in quintetto con Katia Molig alla viola, Andrea Libero
Cito al violino, Francesco Pierotti al contrabbasso e Andrea Beninati al
violoncello e batteria. Si tratta di un lavoro dalla profonda ispirazione, nel
quale Benvenuti disegna ora bozzetti di archi e suoni tenui, dal carattere
cameristico e chiaroscurale, poi passaggi dalla maggiore muscolatura melodica,
e il tutto si mantiene in equilibrio espressivo grazie alla grande ricercatezza
timbrica, al cesellamento delle forme. È sul valore dei timbri, dei “colori”,
che il leader punta la riuscita dell’intera performance, e anche quando si
esprime al tenore evita eccessivi indugi, a favore del respiro di gruppo
ottenuto dall’ampiezza di manovra dei singoli. Il lavoro si sviluppa con line up
variabile, dal quartetto d’archi al trio batteria, contrabbasso, sassofono e si
conclude con un ispirato solo di Benvenuti in forma libera.
domenica 18 febbraio 2018
Greg Lamy Quartet: “Press Enter” [Igloo Records, 2017]
Il quartetto capitanato dal chitarrista e compositore Greg Lamy si completa con Gautier Laurent al basso, Johannes Mueller al sassofono e Jean-Marc Robin alla batteria. Cresciuti nella scena locale del Lussemburgo, i quattro si sono fatti conoscere in giro per il mondo grazie alla realizzazione di alcuni lavori sulla lunga distanza e al recente “Press Enter” edito dalla Igloo Records. La loro proposta si basa su composizioni originali, dove la chitarra del leader è al centro delle dinamiche espressive del quartetto, ben coadiuvata, in dialoghi o staffette melodiche, dai fiati di Johannes Mueller. Le forme sono variabili: si passa da profondi groove giocati su andamenti ritmici incisivi a situazioni pervase da un misurato relax, per un’estetica d’insieme peculiare, segnata da continui cambiamenti di scenario che accompagno l’ascoltatore fino a lidi di hard-bop e blues.
sabato 17 febbraio 2018
Dogwood: “Hecate’s Hounds” [nusica.org, 2018]
Il dodicesimo CD dell’etichetta nusica.org vede protagoniste le corde della chitarra di Nico Soffiato e del contrabbasso di Zach Swanson, il duo Dogwood attivo nell’attuale scena di Brooklyn al loro debutto discografico. Il lavoro si sviluppa attraverso tracce originali, che hanno nel loro centro formale, ed estetico, il dialogo tra i due musicisti, i quali operano un circospetto utilizzo degli spazi sonori a disposizione, senza creare grovigli o sovrapposizioni confusionarie. C’è sempre un’idea di “respiro sonoro” nel modo di suonare del duo, cosicché ogni nota prodotta ha la capacità di mostrarsi in tutta la sua pienezza espressiva. Un’attenzione particolare è riservata agli aspetti timbrici dell’album, in un continuo affiancamento di suoni e “colori”, che nel loro insieme formano un mosaico composto da tessere, a volte, piccolissime quanto preziose. Le tracce sono scaricabili gratuitamente al sito www.nusica.org, comprensive di partitura.
martedì 13 febbraio 2018
Trio Galactus: “Trio Galactus” [Improvvisatore Involontario, 2018]
Quelli composti e arrangiati dal chitarrista Giorgio Casadei sono brani ispirati alle figure dei fumetti provenienti dal mondo firmato Marvel, da Capitan America a Spider Woman, per un album che trova nella particolare cubatura timbrica il suo aspetto di maggior rilievo. Insieme a Casadei la line up del trio Galactus si completa con Alessio Alberghini ai sassofoni, baritono e contralto, e al flauto, e Simone Pederzoli al trombone, per una gamma dinamica che cambia spesso forma ed estensione. Ne deriva un’estetica d’insieme personale, che flette da passaggi introspettivi, quasi sinistri, ad altri cantabili e dall’ampio respiro melodico. Il progetto, edito dalla sempre attenta Improvvisatore Involontario, è pubblicato in edizione limitata in un cofanetto che, oltre al CD, contiene tredici cartoline d’autore, una abbinata a ogni brano, curate da altrettanti artisti, tra pittori, disegnatori e grafici.
Federico Gerini – Massimiliano Furia: “Correspondances – The Narrative sessions, Vol. 1” [Setola di Maiale, 2017]
Cinque improvvisazioni, un’ora di musica, due interpreti, Federico Gerini al pianoforte e Massimiliano Furia alle percussioni, che danno forma a un lavoro telepatico, avanguardistico, esponenziale. Il loro è un dialogo che trova passaggi fitti di suoni, oppure rimanda l’idea di singole gocce, dapprima rade e poi via via più insistenti e capaci di formare pozze di suono fluide, lineari. Ci sono delle frizioni, ma c’è anche una sonorità che rimanda al tema, alla cantabilità melodica, e il tutto risuona come fosse impresso su uno spartito, che tra i due rimane un’idea sottintesa, ancestrale. Solo un brano, Canto del maggio, si basa su un canto popolare, il resto è frutto di estemporaneità e feeling, voglia di espandere conoscenze e scavare profondi solchi di espressività in un insieme che non conosce sviluppi prevedibili.
lunedì 12 febbraio 2018
Francesco Cafiso Nonet: “We Play For Tips” [E Flat, 2018]
“We Play For Tips” segue nella discografia di Francesco Cafiso il precedente “20 Cents per Note”, l’album del 2015 facente parte del cofanetto “3” insieme a “La banda” e “Contemplation”. Si tratta di un lavoro che fa riferimento al jazz tradizionale, quello derivante dall’idioma di New Orleans, per il quale Cafiso organizza un gruppo di musicisti che ne condividono idee e aspetti espressivi. Registrato in presa diretta durante il jazz festival di Vittoria, kermesse che annualmente Cafiso organizza nella sua città natale, il lavoro presenta diversi motivi di interesse: una scaletta che spazia da passaggi ritmicamente decisi a situazioni più misurate, quasi sognati; alcune dediche a musicisti di rilevante importanza per il leader, come l’iniziale Blo-Wyn’ che richiama la sua collaborazione con Wynton Marsalis; una spontaneità estetica che proietta l’ascolto verso le radici del jazz, ma con freschezza e rinnovati entusiasmi.
Raggiunto per l’occasione, Cafiso ci ha parlato così di questa nuova uscita, edita dalla sua nuova etichetta E Flat: «Si tratta dell’estensione del precedente lavoro “20 Cents per Note”, l’organico è diverso, ma la direzione musicale è la stessa. C’è lo swing, c’è il blues e tutti gli elementi che caratterizzano il linguaggio jazzistico delle radici. Tutto nasce dalla mia esperienza a New Orleans nel 2005, quando andai a suonare lì con le marching band e in altri contesti caratteristici. Mi sono impregnato di quell’atmosfera, e su questa base mi sono messo a lavoro, in maniera spontanea, su questa musica. Abbiamo registrato le tracce durante la decima edizione del festival di Vittoria nel 2017, tranne See You Next Time del 2016. Sono le prime take di ogni brano, un po’ “buona la prima” come si usava fare una volta».
Riguardo l’aspetto old fashioned che permea questo album, Cafiso ha un’idea ben precisa: «Non si può fare avanguardia senza conoscere le radici e il vocabolario del jazz. Senza questi elementi non si può sperimentare nulla. Non si può fare a meno della base di un linguaggio così complesso, intendo la tradizione, quella di Armstrong, Ellington e tutti gli altri. Nel nuovo disco ci sono dei riferimenti a questi grandi personaggi, come Mingus in 20 Cents per Note che è un blues che nel finale diventa un brano free dove improvvisiamo liberamente. Sono situazioni che mi divertono e averle in un mio lavoro mi fa piacere. L’obiettivo è cercare di metterci qualcosa di personale, ma certi riferimenti non si possono dimenticare. Ho scritto un brano per Wynton Marsalis, Blo-Wyn’. È un brano scritto di getto. Avendo avuto l’opportunità di lavorare con lui a inizio carriera ho imparato tantissime cose. Spero di suonarlo con lui questo brano, prima o poi. Nell’insieme c’è musica di spessore, ma volevo un disco che scorresse all’ascolto in maniera fluida. Sono in pochi ad avere tempo per ascoltare un disco intero, quindi ho cercato di rendere la scaletta sempre viva e di non dilungarmi troppo su alcune situazioni. È difficile catturare l’attenzione al giorno d’oggi».
In “We Play For Tips” suonano: Francesco Cafiso (alto, fl); Marco Ferri (ten, cl); Sebastiano Ragusa (bar, cl b); Francesco Lento (tr, flic); Alessandro Presti (tr, flic); Humberto Amésquita (trn); Mauro Schiavone (pf); Pietro Ciancaglini (cb); Adam Pache (batt).
venerdì 9 febbraio 2018
Edna: “Born To Be Why” [Auand, 2018]
Il trio Edna è composto da Andrea Bozzetto (Fender Rhodes, Korg
MS20), Stefano Risso (contrabbasso) e Mattia Barbieri (batteria), e il loro
“Born To Be Why” si sviluppa attraverso dieci tracce, perlopiù originali, che
denotano un approccio alla materia sonora lontano da immediati riferimenti stilistici.
Il trio si muove su linee melodiche definite, cantabili, ma lo fa con
accostamenti timbrici – tra suoni sintetici e acustici – che richiamano
derivazioni di contemporaneità espressiva. Nel loro modo di operare c’è, ed è
spesso in evidenza, un fattore di sperimentazione – ritmica e timbrica -, e ci
sono diversi spunti di interesse formale, come nel rifacimento di Life On Mars?, di David Bowie, dove,
prima di essere esplicitato, il tema è decostruito, soppresso e mischiato con
estrema fluidità e ispirazione.