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domenica 16 ottobre 2011
Big’n: Dying Breed - A Collection of Singles & Unreleased Songs
Dying Breed è una collezione di inediti, singoli e rarità del repertorio dei Big’n, quartetto noise rock di Chicago con all’attivo un paio di album realizzati in carriera. Sedici i brani in scaletta, rimasterizzati per l’occasione, dove si possono ascoltare demo e outtakes rintracciate nelle sedute di registrazione dei primi anni ’90, versioni alternative e brani finora editi solo in formato 7”. Buona opportunità dunque per i fan di vecchia data e per chi ha voglia di scoprire questa realtà, capace di produrre una ruvidità esescutiva di rara efficacia, in un match perfetto tra irruenza strumentale e determinazione espressiva. Situazioni esaltanti (TNT), si susseguono ad andamenti devastanti (Mite), tirati e sofferti (Mealticket), in un’ora di musica del passato che però sa ancora produrre vibrazioni nel presente.
Tormenta: La ligne apre
Il progetto Tormenta nasce nel 2006 dall’incontro di due musicisti ispirati e vogliosi di sperimentare territori formali non comuni, che rispondono ai nomi di Jeff Grimal (chitarra) e Vincent Beysselance (batteria, violoncello). Il loro primo risultato discografico – nel quale partecipa anche Esteban Rodière al basso e chitarre - è rappresentato dalle sette tracce strumentali che compongono La ligne apre, un album che evidenzia una musicalità tesa al raggiungimento dell’originalità espressiva. Brani veloci e tambureggianti (Pagan) si susseguono senza momenti di pausa, andando a calpestare aree concettuali metal (Rituels et decadence), producendo distorsioni e sferragliate di chitarra che non lasciano scampo (La sensation du membre fantome), e non dando mai la sensazione di risulatre prevedibili. Intrigante e oppressivo al punto giusto.
giovedì 13 ottobre 2011
Self-Evident: Endings
Dopo due anni d’attesa tornano a far parlare di loro i Self-Evident, trio di Minneapolis giunto alla quinta prova in studio. Il loro Endings contiene undici nuovi brani, che trovano il loro motivo d’esistenza nella tensione provocata dal contrasto tra le linee melodiche - prodotte dalle voci di Conrad Mach e Tom Berg - e gli andamenti sonori tutt’altro che levigati che emergono dall’intreccio di basso, chitarra e batteria. Brani come Streamlining e Apprentices ben evidenziano queste peculiarità, alternando angoli di poesia ad aperture dal forte sapore post, mentre i Self-Evident cedono il passo quando cercano di spostare le loro fatiche verso qualcosa di più morbido (The Future) e maggiormente appetibile dal punto di vista radiofonico (Nonlocality). Nell’insieme si tratta di un buon lavoro, al quale però manca il brano veramente importante.
martedì 11 ottobre 2011
Bear Claw: Refuse This Gift
Refuse This Gift è il terzo lavoro sulla lunga distanza per i Bear Claw, realizzato attraverso un processo d’elaborazione sonora durato circa tre anni. Periodo nel quale il trio di stanza a Chicago ha posto maggiore attenzione all’aspetto melodico del proprio sound, pur rimanendo saldamente ancorato a un approccio deciso, fatto di affondi veloci e tambureggianti che per certi aspetti ricordano quelli di Tool e System of a Dawn. Paragoni importanti per una realtà anche in grado di mostrare un carattere proprio, soprattutto nei momenti di maggiore introspezione che, seppur in rare occasioni, emergono all’interno dei brani o in maniera interlocutoria. Tra le cose migliori segnaliamo la dinoccolata 33mg/dl e la conclusiva Match Made in Hell, dove i Bear Claw danno fondo a tutta la loro dirompemte forza espressiva. Disponibile in vinile con cd incluso.
lunedì 10 ottobre 2011
The Tall Ships: On Tariffs & Discovery
On Tariffs & Discovery, disponibile sia in vinile che in download, è il secondo album dei The Tall Ships, trio statunitense che ha approcciato questa nuova avventura servendosi di pochi mezzi tecnologici, riscoprendo così la bellezza degli amplificatori anni ’60 e della sfera di registrazione analogica. Otto le tracce in programma, nate durante un anno di lavoro, ognuna delle quali si porta dietro un carattere specifico; come l’inizale Call Confessions, giocata su andamenti pacati e intimistici, al contrario degli affondi maggiormente rock-oriented di Oh Pioneers. Poi si possono incontrare passaggi che rimandano a un pop più spensierato (All New Lows, Destroy a Village), sempre però con le radici ben piantate in un terreno cantautorale di sicuro valore, che trova nella voce gentile di Steve Kuhn il riferimento di maggior distinzione.
domenica 9 ottobre 2011
Papaye: La Chaleur
Dodici brevi tracce stipate in meno di mezz’ora compongono La Chaleur, l’album di debutto dei Papaye licenziato da Africantape e disponibile anche in vinile via Kythibong Records. Tracce che si susseguono come schegge in una scaletta che non lascia spazio ai momenti di riflessione, né a una condotta melodica convenzionale. Il trio – composto da membri di Room 204, Pneu e Kommandant Cobra - propone un sound frammentario, carico di feedback e distorsioni che s’aggrovigliano fino a formare un frullato che a volte non lascia indifferenti (Cheval téléscopique), in altri passaggi non riesce a graffiare in maniera convincente (Fraicheur et saveur) mentre nel suo insieme rilascia un’intrigante idea di “lavori in corso”, dove la guida comune è la velocità esecutiva e il vertiginoso scambio di posizione tra figura primaria e sfondo.
mercoledì 5 ottobre 2011
Following Friday: Following Friday
Quattro tracce compongono l’omonimo EP d’esordio dei Following Friday, band italiana che si esprime attraverso le pecurialità stilistiche del pop orecchiabile di derivazione anglosassone. Testi in inglese, assonanze melodiche e ritornelli radiofonici fanno la loro comparsa già nell’opener Carolynn, brano veloce che si lascia annotare sul nostro taccuino per la freschezza d’insieme, meno per l’originalità formale. Come del resto le successive Online Song e Hi Senorita, leggermente più robuste, per via di una migliore decisione strumentale, ma molto lontane da quella che potrebbe essere la base per la futura realizzazione di un full lenght. Following Friday si chiude con Bright Stars, passaggio dove i toni sono più rilassati, meno votati al facile consumo e dunque maggiormente apprezzabili sotto il profilo espressivo.
martedì 4 ottobre 2011
Live Footage: Willow Be
I Live Footage sono un duo di musicisti e compositori elettronici di base a Brooklyn, che nel 2008 – dopo essersi conosciuti a un party – hanno dato vita a questo inusuale progetto. In effetti la loro formula non è proprio tra le più comuni, dal mometo che Topu Lyo suona il violoncello, mentre Mike Thies è principalmente un batterista, anche se in ognuno dei dieci brani in scaletta non risparmia l’uso di tastiere, suoni preparati di vario genere e loop machine. La musica di Willow Be – il loro debutto autoprodotto - colpisce nel segno perché ha un’anima propria, capace di emozionare nell’iniziale Tigran, di disegnare melodie colme di fascino e di non cadere mai in luoghi comuni espressivi. Manca il pezzo veramente importante, questo sì, ma in cambio Willow Be restituisce uno sviluppo complessivo surreale e intrigante.
lunedì 3 ottobre 2011
Little Black Dress: Snow in June
Sotto la sigla Little Black Dress c’è l’unione di due musicisti texani: Toby Pipes (voce, chitarra) e Nolan Thies (voce, basso). Il loro album di debutto Snow in June – nel quale si avvalgono della collaborazione di tastiere, chitarre e batteria - raccoglie dodici brani dei lineamenti caratteriali che spesso non vanno oltre il pop ben suonato (Robin), canzoni dall’andamento distensivo (No Hope) e qualche tentativo di smuovere l’atmosfera sognante (Your Side) che avvolge l’intero lavoro. Timbri sussurrati e sfondi dai colori pastello, che ricordano da vicino alcune pregevoli produzioni dell’area 4AD di inizio Novanta, si susseguono formando un insieme piacevole, che però non dà mai la senzasione di proiettarsi olte il minimo sindacale. Sono questi i motivi che fanno di Snow in June un album timido, di contorno e maledettamente consueto.
domenica 2 ottobre 2011
Calhoun: Heavy Sugar
Terzo lavoro sulla lunga distanza per i Calhoun, band che ama esprimersi facendo leva su delle sonorità pop – sviluppate sulle consuete fondamenta di basso/batteria/chitarra e poche tastiere - arricchite da un certa ricerca in fase di costruzione melodica. In scaletta troviamo molti hook facili da assimilare, caratterizzati dalla voce di Tim Locke, timbricamente solare e capace di un discreta interpretazione. Heavy Sugar si divide tra momenti sdolcinati (Horsefeathers), atmosfere da pomeriggio piovigginoso (Heart of Junk) e situazioni pronte a scalare le chart radiofoniche (Don’t Let Go, Indian Melody). Qualche passaggio dal sapore folk (Till the Real You Returns) fa emergere la cura che gli statunitensi riversano nella scrittura dei testi, rendendo il tutto meno prevedibile e spostando il valore quest’album oltre la mera sufficienza.